Pompei, trovati resti di tre vittime dell’eruzione del 79 d. C.

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Sono di due donne e di un bambino, rinvenuti in nuovi scavi.

I resti ossei di tre vittime dell’eruzione del Vesuvio, tre pompeiani che si erano rifugiati in cerca della salvezza e che hanno invece trovato la morte sotto i crolli dei solai, sono stati rinvenuti nel corso degli ultimi scavi nell’area archeologica di Pompei.

Il rinvenimento è avvenuto nella Regio IX, in un’area finora inesplorata, nell’ambito del progetto di tutela e manutenzione dei fronti di scavi del Parco. Sono così emersi i primi reperti e alcuni scheletri di vittime dell’eruzione del 79 d. C: le prime indagini antropologiche indicano due individui pienamente adulti, probabilmente donne sulla base delle prime analisi in situ, e di un bambino di età approssimativa intorno ai 3-4 anni.

    Gli individui sono stati ritrovati in un ambiente già scavato, dove erano rimasti solamente 40 centimetri di stratigrafia intatta. Essi poggiavano a diretto contatto con il pavimento, e presentavano, unitamente alle evidenze di importanti processi di assestamento postmortem, una serie di traumi perimortem dovuti al crollo del solaio soprastante, i cui frammenti erano frammisti a lapilli pomicei bianchi, che caratterizzano le prime fasi dell’eruzione Pliniana del 79 d.C. a Pompei.

    Le nuove indagini sono state avviate, a febbraio scorso, in uno dei nove quartieri in cui è suddiviso il sito: un’area estesa per circa 3.200 mq, quasi un intero isolato della città antica sepolta. Lo scavo nell’area, lungo via di Nola, fu iniziato nel 1888, ma fu presto interrotto. Dopo più di un secolo è stato ripreso e ha già restituito sorprese. Sono emerse due case ad atrio, già parzialmente indagato nell’800, costruite in età Sannitica e trasformate nel I secolo d.C. in officine produttive. Si tratta di una fullonica (lavanderia) impiantata nell’atrio dell’abitazione al civico 2, con banconi da lavoro e vasche per il lavaggio e la tintura degli abiti e di un panificio con il forno, gli spazi per le macine e gli ambienti per la lavorazione e la creazione dei prodotti alimentari da distribuire in città.

    Nell’atrio dell’abitazione con forno annesso, sono riemersi anche due cubicoli affrescati con scene del mito: Poseidone e Amimone nel primo, Apollo e Dafne nel secondo. Nel primo dei due ambienti si conservano le tracce del mobilio carbonizzato a causa di un incendio che si sviluppò durante la catastrofe. Resti di morte e devastazione intrappolati e custoditi dalla coltre eruttiva che raccontano storie di vita dell’antica Pompei.

    Il progetto si inserisce in un più ampio approccio che, sviluppato durante gli anni del Grande Progetto Pompei, mira a rettificare e risolvere i problemi idrogeologici e conservativi dei fronti di scavo, ovvero il confine tra la parte scavata e quella inesplorata della città antica. Quest’ultima ammonta a circa 22 ettari di isolati e case ancora sepolti sotto lapilli e cenere, quasi un terzo dell’abitato antico.

    L’impostazione del nuovo scavo, ubicato nell’Insula 10 della regio IX, lungo via di Nola, è dunque la stessa già attuata nello scavo della Regio V durante gli anni 2018-2020 che, sotto la direzione dell’allora direttore, Massimo Osanna, ha visto emergere la casa di Orione, la casa con Giardino e il Thermopolium.

    Oltre a migliorare le condizioni di conservazione e tutela delle strutture millenarie attraverso una risistemazione dei fronti di scavo, da sempre elementi di vulnerabilità a causa della pressione del terreno sui muri antichi e deflusso delle acque meteoriche, i nuovi scavi si avvalgono dell’impiego delle diverse professionalità, tra cui archeologi, archeobotanici, vulcanologi, sismologi, numismatici, oltre ad architetti, ingegneri e geologi, per trarre il massimo di informazioni e dati dalle operazioni di indagine stratigrafica.

    L’obiettivo è migliorare la conservazione, rimodulando il fronte di scavo e acquisire nuovi dati archeologici. I primi dettagli scientifici dello scavo possono essere approfonditi attraverso gli articoli pubblicati sull’E-Journal di Pompei, la nuova piattaforma digitale rivolta alla comunità scientifica e al pubblico e finalizzata a fornire notizie e relazioni preliminari riguardanti progetti di scavo, di ricerca e di restauro nelle sedi del Parco.

    Soddisfazione per i nuovi reperti archeologici emersi a Pompei è stata espressa dal direttore del Parco archeologico campano Gabriel Zuchtriegel che ha sottolineato la bontà del lavoro svolto da un’equipe che ha messo assieme varie professionalità. “Il ritrovamento di tre vittime dell’eruzione – ha osservato – ha messo insieme una squadra composta di archeologi, antropologi, sismologi e archeobotanici che lavorano insieme per cavare il massimo dei dati da questi rinvenimenti”. Quanto alle vittime del crollo, i cui resti perfettamente conservati sono stati ritrovati nelle scorse settimane nella Regio IX, il direttore ha spiegato: “Sono persone che non sono morte per effetto diretto dell’eruzione – ha detto – ma per il crollo degli edifici durante la prima fase dell’eruzione, probabilmente a causa dei terremoti che l’accompagnarono”. “Ringrazio il ministro – ha sottolineato Zuchtriegel – per essere venuto qui oggi e per come ci segue, perché pone l’attenzione su quello che c’è oggi ma anche su quello che sarà Pompei nei prossimi 5-10 anni e oltre. Quella prospettiva della sostenibilità, della manutenzione programmata, dei temi che stiamo discutendo, e su cui c’è l’attenzione del ministero, è fondamentale. Proprio perché il progetto Grande Pompei è stato un successo notevole – spiega il direttore – vogliamo andare oltre ed evitare di tornare a una situazione per cui abbiamo bisogno di un finanziamento straordinario, lavorando invece nell’ottica della sostenibilità e della conservazione e cura del patrimonio”.



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