Coronavirus, terapia con plasma iperimmune: arruolati 46 malati

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“Lo studio pilota sulla sperimentazione della cura con plasma iperimmune condotta dal Policlinico San Matteo di Pavia con l’Asst di Mantova ci trova orgogliosi e speranzosi. Ancora una volta la sanità pubblica ha dato filo da torcere a quella privata”.

 

Lo scrivono in una nota Simone Verni, consigliere regionale del M5S Lombardia e Cristian Romaniello, deputato M5S, commentano il completamento della sperimentazione per la cura con il plasma del Coronavirus del San Matteo di Pavia. “Oggi – proseguono i rappresentati pentastellati – lasciamo la parola agli esperti che sapranno operare in sicurezza per dare oggi una possibilità di cura e, magari, domani una certezza. Elogiamo il lavoro di equipe tra il San Matteo e l’Asst di Mantova, eccellenze sanitarie pubbliche che non hanno mai smesso di lavorare per trovare una cura mentre si salvavano le vite umane. La speranza è il motore della ripartenza e la conclusione della sperimentazione avvia la fase 2 anche nell’ambito della ricerca di una cura al Covd-19. Proprio per questo abbiamo presentato la candidatura per la Rosa Camuna, la massima onorificenza della Regione Lombardia, per il Policlinico San Matteo che ha mostrato tempestività ed efficienza”.

Sono infatti 46 i malati di Covid-19 che sono stati arruolati e trattati nella sperimentazione condotta tra Pavia (con il coordinamento del Policlinico San Matteo) e Mantova, in Lombardia. Sono i numeri diffusi dall’infettivologo dell’Irccs pavese, Raffaele Bruno. Sul plasma iperimmune, ha spiegato, “abbiamo condotto uno studio pilota. Questi studi si fanno quando bisogna testare un’idea. Noi siamo partiti con la nostra idea e per testarla non potevamo partire da grandissimi numeri. Bisogna infatti capire se si può operare in sicurezza e, una volta avuti i risultati, si andrà avanti con una maggior numerosità”. Sono stati arruolati “pazienti con più di 18 anni, tampone positivo” al nuovo coronavirus Sars-CoV-2, “un distress respiratorio tale da necessitare di un supporto di ossigeno fino all’intubazione, una radiografia del torace che mostrava la caratteristica polmonite bilaterale e delle caratteristiche peculiari della respirazione tali da far preoccupare i clinici per un possibile peggioramento nel giro di poche ore”. Con questi requisiti, ha proseguito Bruno, “sono stati arruolati 46 pazienti. L’ultimo l’8 di maggio. Ora è finito il follow up, visto che gli endpoint erano la riduzione della mortalità e il non ingresso in rianimazione. I pazienti sono stati arruolati tutti fra Mantova e Pavia e uno solo a Novara”. Di questi, “7 erano intubati, tutti non avevano un’età avanzata”.

La documentazione scientifica del lavoro, ha aggiunto il Dg del San Matteo di Pavia, Carlo Nicora, “verrà presentata agli organi internazionali per la pubblicazione giovedì 14 maggio”. Lo studio è iniziato “il 17 marzo e si è concluso l’8 maggio. I ricercatori hanno pensato di studiare qualcosa di già studiato in passato, la cosiddetta immunizzazione passiva: usare il plasma di altri individui e reinfonderlo in pazienti in ospedale per vedere se questi ultimi riuscivano a risolvere i loro problemi di salute. Si è pensato alla possibilità di avere donatori locali in ogni area della Lombardia, perché avevamo pazienti guariti e questi potevano donare, e hanno dato la loro disponibilità. C’era l’opportunità, dunque, di raccogliere il plasma da donatori e questi erano presenti in un luogo in cui era presente quel ceppo virale”. Altro fattore considerato, ha concluso Nicora, “è che la plasmaferesi è facilmente attivabile. In letteratura non esistevano immediatamente studi che dimostrassero l’efficacia della terapia si è pensato così a uno studio pilota per capire se nel nostro territorio questa ipotesi poteva funzionare”.

 


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