Fece il uccidere il padre perché non si accorgesse dei debiti: drogava l’uomo per tenerlo buono. Arrestata

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Simona Pozzi, la donna accusata di aver ordinato l’omicidio del padre Maurizio nel febbraio 2016, “somministrava al padre alte dosi di tranquillanti”, benzodiazepine in particolare, “per ‘tenerlo buono’ ed evitare le sfuriate aggressive che aveva quando si arrabbiava”. Lo scrive il Tribunale del Riesame di Milano che ha detto si’ all’arresto della donna, negato invece dal gip. Per il 16 marzo 2016, ossia poco piu’ di un mese dopo l’omicidio, ricorda il Riesame, elencando gli elementi a carico della donna, era fissata un’udienza “per la vendita all’asta dell’appartamento dove Pozzi viveva con la moglie, per il mancato pagamento delle spese condominiali, circostanza del tutto ignota al Pozzi e che avrebbe fatto emergere la dilapidazione del patrimonio” di famiglia. La figlia, a cui il padre aveva affidato la gestione del suo negozio di scarpe, tra l’altro, “ritirava tutta la posta indirizzata ai genitori”, ignari cosi’ del fatto che stesse anche accumulando debiti su debiti, e falsificava i documenti bancari che poi mostrava al padre. “Da questa bisogna stare alla larga”, dicevano di lei, intercettati, uomini legati alla cosca mafiosa Pompeo-Tallarico. Ad uno di loro la donna si sarebbe rivolta, come confermato dallo stesso arrestato per tentato omicidio, per uccidere il padre gia’ nel 2013 a Piazzatorre in provincia di Bergamo. Quell’intercettazione assieme ad altri elementi, secondo gli inquirenti, mette in rilievo la personalita’ “manipolatrice” della donna, la quale cercava anche di apparire come la ‘brava figlia’. Aveva comprato, ad esempio, anche un monolocale vicino a casa dei genitori, ma coi loro soldi. In piu’, sempre stando alle indagini, per far vedere che il negozio di scarpe non era in crisi faceva gli scontrini di merce acquistata e poi li pagava lei con la sua carta di credito. Per il Riesame a carico di Simona Pozzi c’e’ una “prova logica”, ossia un quadro di indizi che, pero’, non era bastato al gip. Per quel pomeriggio lei si era costruita un “alibi inoppugnabile”, perche’ era a lavoro nel negozio e aveva conservato tutti gli scontrini dei suoi spostamenti. Tuttavia, spiegano i giudici, lei ha avuto il ruolo di “mandante”. La vittima, tra l’altro, venne trovata nella casa che era “chiusa a chiave” e gli unici ad avere quelle chiavi erano lo stesso Commerciante, sua moglie e proprio la figlia.


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