Bloccavano il computer con un virus poi chiedevano il riscatto in bitcoin: sette arresti

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Frosinone. All'alba di oggi, i militari del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, hanno eseguito, in provincia di Frosinone, una misura cautelare personale e reale nei confronti di 7 soggetti tutti indagati per i reati di associazione per delinquere finalizzata all', alla frode informatica ed all'autoriciclaggio. Il provvedimento, emesso dal Gip di Frosinone su richiesta del Procuratore della Repubblica, Dott. Giuseppe De Falco, ha disposto la custodia cautelare in carcere per due soggetti e la misura dell'obbligo di firma per altri cinque membri dell'organizzazione nonché il sequestro del capitale sociale e del complesso aziendale di una società e di tutte le disponibilità finanziarie giacenti sui conti correnti riconducibili all'organizzazione. Le articolate indagini hanno tratto origine dall'analisi di numerose “segnalazioni per operazioni sospette” con le quali gli intermediari finanziari evidenziavano un anomalo utilizzo di carte ricaricabili sulle quali era transitato, in circa un anno, oltre 1 milione di euro. L'operazione denominata “virtual money” ha permesso di smantellare l'organizzazione criminale che aveva una particolare metodologia delinquenziale: in sostanza alcuni sodali inoculavano nei personal computer di ignari utenti, il virus denominato criptolocker con il quale bloccavano l'utilizzo dello strumento informatico. Per riottenerne la disponibilità gli utenti erano costretti a pagare un riscatto, rigorosamente in bitcoin, da acquistarsi su siti di cambiavalute riconducibili agli indagati. Il controvalore, di circa 400 euro per ogni estorsione, veniva accreditato su carte di credito ricaricabili intestate a soggetti prestanome e comunque nella disponibilità del vertice dell'organizzazione. I finanzieri hanno anche ricostruito i successivi movimenti di denaro che, dalle carte ricaricabili, confluiva su conti correnti nazionali e, da quest'ultimi, all'estero Guardia di Finanza Nucleo Speciale Polizia Valutaria per l'acquisto di ulteriori bitcoin. Quest'ultima circostanza è stata particolarmente valorizzata dall'Autorità giudiziaria in quanto costituisce reimpiego in attività finanziarie e speculative. Nei sei mesi d'indagine sono stati ricostruiti i movimenti finanziari transitati per circa 40 carte di pagamento e sono stati ricondotti al modus operandi fin qui descritto numerosi accadimenti estorsivi denunciati dalle persone offese in tutta Italia. E' stato riscontrato anche il tentativo di mascherare ulteriormente l'illecita attività con l'utilizzo di un'ulteriore schermo costituito da una società di cambiavalute creata ad hoc. L'attività si inquadra nell'ambito di una più ampia strategia attuata dalla Guardia di Finanza finalizzata a contrastare insidiosi fenomeni di criminalità economica e ad evitare che nuovi mezzi di pagamento possano essere utilizzati per inquinare il circuito finanziario legale.


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