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Napoli, la poliziotta violentata nel porto al Tg3: “Pensavo di non tornare più a casa”

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E’ un messaggio forte quello di Alessandra Accardo, la poliziotta eroina di Napoli, vittima lo scorso anno di una violenza all’interno del porto.

Ieri sera intervistata da Monica Giandotti per Linea notte a Rai 3 ha voluto metterci la faccia per raccontare il suo trauma e lanciare un messaggio a tutte le donne vittime di violenza.

Il suo aggressore, un cittadino bengalese è stato condannato a 14 anni di reclusione per violenza sessuale e tentato omicidio, al termine del primo grado di giudizio.


    “Oggi sto bene – ha raccontato Alessandra Accardo – sono tornata al lavoro dopo tre mesi. Ancora non stavo bene: portavo i segni sul corpo, non camminavo bene, ho avuto una serie di problemi… però, sono rientrata perché penso che ad un’azione così cattiva deve rispondere qualcosa che sia più forte. Quindi, dovevo essere più forte di quanto mi era accaduto”.

     “I venti minuti piu’ lunghi della mia vita”

    E così racconta “i venti minuti più lunghi della mia vita”, con la voce di porta dentro ancora quei terribili momenti. “Era circa mezzanotte e trenta, avevo finito il mio turno di lavoro e stavo per entrare nella mia auto. All’improvviso vedo sbucare un uomo dal nulla che mi corre contro. Io pensavo volesse fare una rapina.

    Invece lui dice subito di stare zitta e che vuole fare sesso con me, inizia a strattonarmi, cerco di difendermi, inizia questa colluttazione ma lui ha la meglio su di me. Mi sale addosso e inizia a strangolarmi. Riesco a divincolarmi.

    Lui fa di tutto per trascinarmi dietro a un gabbiotto da lì iniziano i 20 minuti più lunghi della mia vita. Per tutto il tempo ha cercato di aggredirmi, con qualsiasi cosa fosse nella sua disponibilità. Quando mi faceva parlare, ogni tanto, gli chiedevo: “Se vuoi violentarmi, perché mi stai ammazzando?” Lui continuava, ha preso una pietra e continuava a darmela sulle mani.

    Ero piena di escoriazioni. Non ha mostrato un minimo di pietà verso la mia persona. Io pensavo di non tornare più a casa”.


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