Napoli, soldi dal clan Cutolo in cambio di soffiate: la Procura chiede 12 anni di carcere per il carabiniere infedele

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La Procura di Napoli ha richiesto una pena di 12 anni di detenzione per il sottufficiale dei carabinieri Giuseppe Bucolo, imputato in un processo che sta attualmente svolgendosi con il rito abbreviato, con l’accusa di essere stato corrotto dalla camorra del rione Traiano di Napoli.

Secondo i collaboratori di giustizia, il clan Cutolo avrebbe pagato a Bucolo tra i 55 e i 60mila euro al mese in cambio di informazioni riservate su indagini e arresti.

Attualmente, Bucolo si trova agli arresti domiciliari con un braccialetto elettronico. È stato arrestato il 25 ottobre 2022 in un’operazione contro l’usura condotta dai suoi colleghi, che hanno notificato complessivamente 11 misure cautelari emesse dal gip di Napoli Leda Rossetti.

Oggi si è tenuta l’arringa del suo avvocato, Vincenzo Strazzullo, che sarà l’ultima prima della sentenza prevista per il prossimo 24 ottobre. Un collaboratore di giustizia di nome Gennaro Carra, cognato del boss Salvatore Cutolo detto “Borotalco”, ha fatto delle dichiarazioni riguardanti il coinvolgimento del carabiniere in un grave episodio criminoso: il ferimento, avvenuto il 24 settembre 2015, di un poliziotto di nome Nicola Barbato, impegnato insieme a un collega in un’operazione contro il racket.

Denaro per favorire la camorra: l’avvocato del carabiniere nega le accuse

Durante l’arringa, l’avvocato Vincenzo Strazzullo, difensore del militare, ha affermato ripetutamente la sua convinzione nell’innocenza di Giuseppe Bucolo e ha sostenuto che il sottufficiale dei carabinieri era oggetto di rancore da parte degli inquirenti proprio a causa del suo impegno nel contrasto alla criminalità organizzata. Durante una pausa, Strazzullo ha dichiarato ai giornalisti di aver ricevuto ben sei encomi per l’attività svolta contro i clan.

L’intervento dell’avvocato si è svolto nell’aula 410 del Nuovo Palazzo di Giustizia di Napoli, davanti ai giudici della 30esima sezione penale presieduta dalla giudice Lombardo. L’arringa è iniziata alle 9:30 e si è conclusa alle 15:30, con Strazzullo che ha esaminato punto per punto le accuse mosse contro il suo assistito e ha evidenziato l’insufficiente affidabilità dei collaboratori di giustizia e la mancanza di conferme alle loro dichiarazioni.

“Nelle intercettazioni – ha dichiarato Strazzullo – non emergono prove di confidenze finalizzate a evitare gli arresti, che invece sono avvenuti grazie al lavoro svolto da Bucolo”.

Riguardo ai cosiddetti “falsi collaboratori di giustizia”, l’avvocato ha focalizzato la sua attenzione su Gennaro Carra, definendolo “un camorrista per interesse matrimoniale”, incapace di sopportare la detenzione e che avrebbe scelto di intraprendere una collaborazione basata su menzogne nei confronti di un rappresentante delle forze dell’ordine verso il quale nutriva rancore.

Strazzullo ha inoltre ricordato ai giudici l’esistenza di sentenze che confermano l’inaffidabilità del pentito, come quella emessa dalla giudice Ginevra Abbamonte. Nelle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, viene fatto più volte riferimento a ingenti somme di denaro versate a un rappresentante delle forze dell’ordine, che avrebbe incassato oltre 1,2 milioni di euro dal clan Cutolo in soli due anni.

Tuttavia, l’avvocato ha sottolineato che Bucolo ha chiesto un prestito per saldare i suoi debiti e che non sono state trovate prove dell’esistenza di tali soldi. Strazzullo ha concluso affermando che Bucolo ha lottato contro i clan di Fuorigrotta per anni, ottenendo importanti risultati, motivo per cui era odiato, e che crede nella divisa che indossa e che deve continuare a indossare. Secondo l’avvocato, l’innocenza di Bucolo va oltre ogni dubbio ragionevole.


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