Palermo, arrestata per peculato la preside simbolo dell’antimafia

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C’è anche la preside simbolo della scuola Giovanni Falcone del quartiere Zen, Daniela Lo Verde, tra gli arrestati dai carabinieri di PALERMO con le accuse di peculato e corruzione nell’ambito di un’inchiesta sulle gestione dei fondi di spesa pubblici.

Stesso provvedimento anche per il vice preside Daniele Agosta, che insieme a Lo Verde, si sarebbe appropriato di cibo per la mensa dell’istituto, computer e tablet destinati agli studenti e acquistati con i finanziamenti europei erogati per vari progetti Pon.

È un primo bilancio di un’indagine coordinata dalla Procura europea, e scattata nel febbraio 2022 a seguito della denuncia di un’insegnante. Determinanti le immagini di una telecamera nascosta nella stanza di Daniela Lo Verde, insignita inoltre del titolo di cavaliere della Repubblica.

I militari hanno infine notificato un provvedimento di domiciliari anche all’impiegata di una ditta dedita alla vendita di materiale informatico.

La Pubblica amministrazione come “un pozzo dal quale attingere costantemente qualsivoglia utilità, dagli strumenti tecnologici di ultima generazione ai generi alimentari”.

    Così, secondo gli i carabinieri della sezione Eppo del nucleo Investigativo di PALERMO la preside dell’istituto Falcone dello Zen, Daniela Lo Verde, e il suo vice, Daniele Agosta, arrestati stamani nell’ambito di un’indagine per corruzione e peculato coordinata dai pm della Procura Europea Gery Ferarra e Amelia Luise, consideravano il loro ruolo di pubblici ufficiali.

    “Le loro condotte – spiegano gli investigatori – risultano particolarmente gravi alla luce della loro completa adesione a logiche di condotta meramente utilitaristica, della strumentalizzazione dell’azione amministrativa e dalla vocazione a ritenere la pubblica amministrazione come un pozzo dal quale attingere costantemente qualsivoglia utilità, dagli strumenti tecnologici di ultima generazione ai generi alimentari”.

    Ad aggravare il quadro, secondo gli uomini dell’Arma, ci sarebbe il fatto che la preside avrebbe “costantemente alimentato la propria immagine pubblica di promotrice della legalità, nonostante il quotidiano agire illegale e la costante attenzione ai risvolti economici della sua azione amministrativa.

    Di fatto abbandonando l’esercizio del suo ruolo tipizzato di controllo e di gestione finalizzato al buon andamento dell’istituto Falcone, che si rivolge a un’utenza particolarmente fragile, costituita da alunni che sono già penalizzati da un contesto sociale e culturale di degrado come quello in cui versa il quartiere Zen”.



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