Caso Melito, l’ex Presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra si scaglia contro il Prefetto di Napoli Claudio Palomba

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Melito – Arrestato il sindaco, l’ex Presidente della Commissiona Antimafia Nicola Morra si scaglia contro il Prefetto di Napoli Claudio Palomba. Il voto elettorale inquinato, condizionato da un clan della camorra che per ben due volte – in seno alla stessa competizione – si muove e trama per riuscire a piazzare dei propri referenti nella casa comunale. Il voto inquinato, grazie a un regista dal cognome pesante.

A Melito, comune in provincia di Napoli e terra alla perenne ricerca di un riscatto che non arriva mai, la scure della procura della Repubblica di Napoli si è abbattuta come una mannaia sulla politica locale. Anche ad Arzano, nel 2019, il comune venne sciolto per le ingerenze del clan Amato-Pagano che determinò elezioni e coperture per le onoranze funebri. A chiedere l’intervento della Prefettura tesa ad inviare le commissione d’Accesso nei comuni sovente permeabili alle infiltrazioni criminali, l’ex presidente dell’Antimafia Morra.

“A cosa servono le Prefetture? Se non si fanno controlli preventivi sull’operato di pubbliche amministrazioni dopo che singoli cittadini o giornalisti si espongono segnalando anomalie gestionali, che senso ha tenere in piedi le Prefetture? Vogliamo aspettare ancora? Oggi sono stati arrestati gli amministratori comunali di Melito, grande centro in provincia di Napoli, su cui l’attenzione dei giornalisti era stata importante”, stigmatizza in sintesi l’ex senatore.

Ma perché si deve attendere la Procura quando la Prefettura potrebbe intervenire prima della commissione di reati? Vogliamo forse i reati? E magari di sangue?”. Diciotto persone, ieri mattina sono finite in carcere, altre due sono state poste ai domiciliari. Si ipotizza uno scenario da voto di scambio politico-mafioso nel quale sono rimasti invischiati personaggi in vista della politica locale. Luciano Mottola, sindaco in carica, è finito in carcere.

Stessa sorte è toccata al presidente del Consiglio comunale, Rocco Marrone, eletto con la lista ‘Melito più’, la più votata tra quelle a sostegno della candidatura a sindaco di Mottola alle amministrative del 2021; ad Antonio Cuozzo, 25 anni, consigliere comunale di Fratelli d’Italia. Massimiliano Grande, 50 anni, consigliere comunale di opposizione e capogruppo di “Davvero Ecologia e diritti”, è stato posto agli arresti domiciliari.

    In carcere è finito anche il 76enne Emilio Rostan, padre della ex parlamentare Michela Rostan (con Forza Italia dagli inizi del 2022, dopo aver debuttato col Pd, essere poi passata con Mdp, LeU e Italia Viva e avere fatto un pit stop nel Misto prima di indossare la casacca azzurra): a lui, secondo gli inquirenti, tocca una parte del ‘lavoro sporco’ di questa elezione truccata.

    Il clan Amato-Pagano, è la tesi della Direzione distrettuale antimafia, punta in primo momento sulla vittoria del candidato sindaco Nunzio Marrone (non indagato), con il favore di Vincenzo Marrone (padre di Nunzio) che finisce in carcere, e porta voti ad alcuni rappresentanti della coalizione, poi alla luce della sconfitta di Marrone che manca il traguardo del ballottaggio viene mutato l’obiettivo. Rostan, per il quale la procura ritaglia il ruolo di collettore di voti, si fa carico di avvantaggiare la mozione Mottola, sostenuta da Fratelli d’Italia e altre 9 liste.

    Un cambio di passo dettato sempre dagli Amato-Pagano, coi quali Rostan – è l’ipotesi dell’accusa – dialoga per il tramite di Vincenzo Nappi, referente del sodalizio e ucciso in un ristorante lo scorso gennaio. Rostan e Nappi si sarebbero incontrati più volte. E stavolta la camorra, che al primo turno non riuscì a fare la differenza, vede prevalere la coalizione individuata. Sullo sfondo singoli episodi di compravendita di voti ed episodi ricattatori che hanno accompagnato l’inquinamento del voto. Una candidata al consiglio comunale fu addirittura obbligata dalla camorra a lasciare casa, a chiudere il negozio e anche e a fare campagna elettorale per un candidato rivale, gradito al clan Amato-Pagano.

    Carlo Strazzullo



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