Napoli, così gli 8 clan si dividevano gli appalti negli ospedali

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Napoli. Quarantotto indagati di cui 36 in carcere, 10 ai domiciliari e due al divieto di dimora in Campania.

Sono i numeri dell’inchiesta dei pm di Napoli centrata sul cartello noto come Alleanza di Secondigliano e dei gruppi satelliti che hanno messo le mani sugli appalti della cittadella ospedaliera del capoluogo campano. L’Alleanza, che tiene insieme piu’ clan con la plurarita’ di interessi condivisi sotto l’ala dei potenti Licciardi, si esprime, cosi’ come emerso dalle indagini della Procura di Napoli, con estorsioni a tappeto, di ‘sistema’.

Non quelle a piccoli imprenditori e commercianti, ma quelle che fruttano un ‘pizzo’ a diversi zeri, che interessano grandi gruppi imprenditoriali e strutture pubbliche. “Un sistema sofisticato che permea il controllo di tutti gli ospedali cittadini”, dicono gli inquirenti.



    Sono state le dichiarazioni di decine di collaboratori di giustizia a permettere agli inquirenti di ricostruire una trama di corruzione e ‘favori’ tra colletti bianchi, imprenditoria e clan che ha permesso il controllo mafioso dei servizi legati agli ospedali collinari sin dagli anni Novanta, dalla protezione degli affiliati con cure agevolate, all’ostentazione del potere, e soprattutto il controllo degli affari economici e le attivita’ di imprese che ruotano attorno alla gestione degli ospedali napoletani.

    Le indagini si concentrano sul clan Cimmino, il gruppo satellite dell’Alleanza di Secondigliano che raccoglie i soldi per il clan Licciardi nella zona ospedaliera. Inchiesta che e’ collegata a quella sulla Sma, societa’ in house della Regione Campania. Al centro, la figura di Andrea Basile, gia’ accusato di aver chiesto una tangente da 20 mila a un imprenditore, il quale ha poi ammesso di aver pagato il ‘pizzo’ alla criminalita’.

    La svolta e’ arrivata dalle intercettazioni ambientali, che hanno permesso di ascoltare in diretta come funzionava il gruppo del Vomero e come gestiva gli affari con le altre organizzazioni criminali. Gli imprenditori talvolta rivestono il ruolo di vittime di estorsione, ma altre volte quello di collusi agli estorsori.

    GLI OSPEDALI DI NAPOLI IN MANO A 8 CLAN

    Il quartiere del Vomero a Napoli, raccontano i pentiti di camorra, non poteva essere solo dei clan di zona. C’erano gli ospedali e l’intessere doveva essere ben diviso. Sopra tutti c’era l’Alleanza di Secondigliano, ma sotto il cartello decine di cosche. Nell’inchiesta della procura partenopea che ha portato a una quarantina di misura cautelari sono coinvolti otto clan: oltre ai Licciardi, i Lo Russo, i Cimmino-Caiazzo, i Polverino, gli Abate, i Saltalamacchia, i Frizziero, i Veneruso. Ognuno di loro incassava soldi e li riversava al ‘sistema’.

    La potenza economica e militare e’ stata sempre del clan Licciardi e in particolare del gruppo legato al boss Maria Licciardi, gia’ in carcere. Un esempio e’ riportato nell’ordinanza notificata questa mattina. Giovanni Caruson, un affiliato al clan Lo Russo, per poter parlare con Maria Licciardi, pur essendo un personaggio di spessore, doveva fermarsi al ceck point della Masseria Cardone. Doveva essere autorizzato.

     PER PARLARE CON MARIA LICCIARDI BISOGNA PASSARE  PER IL CECK POINT DELLA MASSERIA CARDONE

    E cosi’ fu anche quando Caruson ando’ a salutare in segno di rispetto il marito di Maria Licciardi, Antonio Teghemie, scarcerato una settimana prima; lui lo fece entrare, ma gli ribadi’ l’ordine di restare allineato alle direttive dei Licciardi.

    Controllavano illecitamente le attività economiche correlate alla gestione degli ospedali Cardarelli, Monaldi, Cotugno e Cto (afferenti all’azienda dei Colli) e l’azienda ospedaliera universitaria Federico II attraverso una “sistematica pressione estorsiva” sulle imprese appaltatrici, corrompendo pubblici ufficiali e turbando le procedute amministrative.

     A GESTIRE LE ESTORSIONI SUGLI OSPEDALI DI NAPOLI C’ERA ANDREA BASILE

    A capo del sodalizio che si occupava di gestire le estorsioni c’era Andrea Basile del clan Cimmino-Caiazzo-Basile, finito in carcere insieme ad altre 35 persone nell’ambito dell’inchiesta della procura di Napoli che ha portato questa mattina all’esecuzione di 48 misure cautelari.

    Il Gip del tribunale partenopeo ha disposto la custodia in carcere anche per altri esponenti della cosiddetta Alleanza di Secondigliano, che riunisce i principali cartelli camorristici della città di Napoli, tra cui Luigi Cimmino, detenuto dal 2016, Giovanni Caruson e Alessandro Desio che, insieme a Basile, “adottavano – queste le risultanze delle indagini – le decisioni di maggior rilievo pianificando le strategie operative più opportune per l’incremento delle attività illecite del clan, volte soprattutto al controllo degli appalti pubblici in ambito ospedaliero”.

    Tra i destinatari delle misure cautelari figurano anche tre dipendenti della Romeo Gestioni, società aggiudicataria dell’appalto delle pulizie per l’ospedale Cardarelli, che avevano il ruolo di ‘spie’, cioè fornivano informazioni ai clan del Vomero circa le ditte titolari di appalti. Uno dei tre, pur essendo un dipendente della Romeo, manteneva un ruolo di primo piano all’interno dell’organizzazione malavitosa stessa.

     la croce di san pio di marco salvati e la gestione in monopolio del servizio ambulanze

    A finire in carcere anche Marco Salvati, titolare di fatto dell’associazione per il trasporto infermi ‘Croce San Pio’, accusato, tra l’altro, di “contribuire al rafforzamento e all’espansione” del clan Cimmino-Caiazzo-Basile. Stessa accusa rivolta a Giuseppe Sacco, titolare di una ditta omonima, che “versava sistematicamente nelle classe del clan somme di denaro a seguito dell’aggiudicazione di ogni appalto per il servizio di bar nelle strutture ospedaliere”.

    Le estorsioni colpivano perfino i parcheggiatori abusivi: nel caso del Monaldi, venivano costretti a versare cinque euro al giorno come tangente per svolgere l’attività, oltre a 150 euro al mese. Tangenti erano riscosse nell’ambito dei servizi di distribuzione di cibi e bevande, di lavanderia o ne veniva chiesto il versamento, tramite minacce, a titolari di imprese di pompe funebri. Il ‘pizzo’ doveva essere versato in prossimità delle festività di Natale, Pasqua e Ferragosto.

    Per la procura di Napoli è stata esercitata, da parte del clan, una “pressione estorsiva sulle imprese appaltatrici di beni e servizi” degli ospedali Cardarelli, Monaldi, Cotugno, Cto, Aou Federico II, con episodi di corruzione, indiretta e per il tramite degli imprenditori indagati, dei pubblici ufficiali deputati alla cura delle procedure di aggiudicazione delle gare di appalto di opere e servizi, il fraudolento turbamento del corso delle procedure amministrative e la falsificazione, materiale e ideologica dei vari atti.

    Tra gli indagati anche alcuni sindacalisti delle aziende ospedaliere. Il sodalizio si sarebbe “distinto per un’attività di controllo e turbamento illecito relativamente alla gestione degli ospedali”.

    C’e’ anche una tangente da 400mila euro per un appalto nell’ospedale Cardarelli di Napoli da 47 milioni, tra le estorsioni “di sistema” che sarebbero state messe a segno dal clan Cimmino del Vomero: emerge dall’inchiesta sugli appalti condizionati dalla Camorra in ambito ospedaliero e sulle estorsioni alle ditte che forniscono servizi in quel settore (trasporto ammalati, onoranze funebri, imprese di costruzione e di pulizie) della Squadra Mobile e della Procura distrettuale antimafia di Napoli.

    Una tangente, pero’, che evidenzia anche una “fibrillazione” tra il boss Luigi Cimmino, suo figlio Franco Diego (oggi entrambi destinatari di una misura cautelare in carcere) e alcuni presunti esponenti del gruppo malavitoso.

    L’estorsione vedrebbe vittima l’associazione temporanea di imprese composta dalla Cosap e dalla Co.Ge.Pa. aggiudicataria di un cospicuo appalto per la manutenzione straordinaria per l’adeguamento tecnologico di sei padiglioni del Cardarelli. L’episodio agli atti risale al settembre del 2017 ed e’ dedotto dall’intercettazione di una conversazione tra indagati “di caratura”: Andrea Basile, Giovanni Caruson e Alessandro Desio (tutti in carcere).

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    Proprio quest’ultimo, parlando con Caruson, si lamenta del fatto che i soldi se li era presi il boss Luigi Cimmino. Desio parla con Caruson di un incontro con il figlio del capoclan: “…ha detto che il padre si sta facendo la galera e gli ho detto che pure noi ci siamo fatti la galera per il Vomero (inteso come il gruppo malavitoso, ndr) e che il padre non si deve rubare niente… sono andato a fare pure io il reato e pretendo i soldi miei… sono andato pure io la’ quando si e’ chiuso questo lavoro…” .

    E ancora “…i soldi gia’ se li sono presi , se li e’ presi Gigino (Luigi Cimmino, ndr) … circa 400mila euro… hai capito?

     il gip: “Il settore degli appalti ospedalieri costituisce il core business di tutti i gruppi criminali”

    Questo quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip di Napoli, Claudio Marcopido che ha portato all’esecuzione di 48 misure cautelari.

    “Il settore degli appalti ospedalieri cittadini – si legge nell’ordinanza – ha sempre rappresentato per la criminalità organizzata fonte di consistenti introiti economici e costituisce il core business di tutti i gruppi criminali che si spartiscono i proventi delle estorsioni, cui sono sottoposte sostanzialmente tutte le ditte aggiudicatrici di appalti, o comunque titolari delle più svariate commesse all’interno degli ospedali”,

    seguendo le regole delle gerarchie vigenti tra gruppi malavitosi. In sostanza la sfera di influenza del gruppo operante sul territorio rispetto ai gruppi di maggior rilievo e portata camorristica cui è ‘dovuta’ in ogni caso parte dei proventi. Gli inquirenti rimarcano come siano “numerosissime e trasversali le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che, pur provenienti da contesti geocriminali diversi, offrono, per un ampio arco temporale, il medesimo, univoco e quanto mai drammatico ‘quadro’ riguardo alla pervasiva, asfissiante e, si può dire, totalizzante presenza della criminalità organizzata negli ospedali cittadini”.


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