La preghiera di Papa Francesco per fermare il virus commuove il mondo

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Papa Francesco impartisce la benedizione Urbi et Orbi, alla Città e al Mondo, come avviene nelle solennità, dopo la preghiera per la fine dell’epidemia in piazza San Pietro.Il Papa ha pronunciato la sua preghiera in un silenzio assordante. La sua voce aveva come sottofondo solo il battere della pioggia e il verso dei gabbiani. Una situazione del tutto inedita, causata dall’emergenza sanitaria, considerato il fatto che piazza San Pietro normalmente e’ stracolma di gente per le celebrazioni del Papa.
“Si fa sera” ha detto il Pontefice mentre il sole tramontava su Roma e su una Piazza San Pietro tristemente bagnata dalla pioggia. Solo. La piazza e’ vuota, e lo sarebbe totalmente se non fosse per l’icona della Madonna Salvezza del Popolo di Roma e del Cristo di San Marcello al Corso. Legno e fede vecchie di secoli. Sei bracieri ardono, ed insieme alle cadenze latine del canto gregoriano danno l’idea di un medioevo prossimo venturo. Tramontano le facili certezze, gli ego, l’idea di potersi salvare da soli: il coronavirus sta spazzando via tutto, nel silenzio e nella paura. A questo mondo ora tremante e timoroso il pontefice si rivolge con la presenza di un Gregorio ai tempi del gran morbo, molti secoli fa, che camminava nel vuoto di Roma predicando la speranza ad una civiltà segnata da un senso di morte. Speranza, innanzitutto, poi fede e carità. Termini che lui oggi declina in una nuova solidarietà, come quella che sta emergendo non tanto e non solo tra i dotti e i sapienti, ma tra gli umili e i semplici. Li elenca quasi uno a uno, Francesco, questi uomini e queste donne solitamente messi di lato, seminvisibili, ma che ora dimostrano di essere la spina dorsale del genere umano.

Sono i medici, gli infermieri – che tutti stanno elogiando e di cui tutti tessono giustamente le lodi – ma anche i poliziotti, gli impiegati dei supermercati, gli addetti alle pulizie. Un esercito silenzioso (“lontano dagli show”) fatto anche di nonni e di nonne, di volontari e persone impegnate nel quotidiano. Altro che fiera delle vanità: le vanità stanno finendo in un falò. A riguardo Bergoglio si limita a registrare cosa vede e cosa sente. “Siamo andati avanti a tutta velocità, sentendoci forti e capaci in tutto. Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta”, sono le sue impietose parole, “Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato. Abbiamo proseguito imperterriti, pensando di rimanere sempre sani in un mondo malato”. Una umanità irresponsabile, insomma. Da una nuova assunzione di responsabilità (nei confronti dei propri simili, del creato) si deve ripartire. Bergoglio traccia il profilo di una nuova umanità libera dall’edonismo e pronta, di nuovo, ad essere fatta di uomini e di donne. Autentici.

“Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta”, dice rivolgendosi direttamente a Dio, “Non e’ il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. E’ il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri”. A scegliere deve essere l’uomo, artefice del proprio destino. L’uomo al centro del creato, pronto ad amarlo e a rispettarlo. E’ un nuovo umanesimo, quello che il Papa chiede a chi lo ascolta. L’uomo abbandoni il senso di onnipotenza che ne ha pervaso le azioni e sappia aprire una stagione di fraternità, solidarietà, ospitalità. Capire i nuovi tempi imposti dal coronavirus “significa trovare il coraggio di abbracciare tutte le contrarietà del tempo presente, abbandonando per un momento il nostro affanno di onnipotenza e di possesso per dare spazio alla creatività che solo lo Spirito è capace di suscitare”. Significa “trovare il coraggio di aprire spazi dove tutti possano sentirsi chiamati e permettere nuove forme di ospitalità, di fraternità e di solidarietà. Nella sua croce siamo stati salvati per accogliere la speranza e lasciare che sia essa a rafforzare e sostenere tutte le misure e le strade possibili che ci possono aiutare a custodirci e custodire”. Oggi “ci interpella e, in mezzo alla nostra tempesta, ci invita a risvegliare e attivare la solidarietà e la speranza capaci di dare solidità, sostegno e significato a queste ore in cui tutto sembra naufragare”. E mentre il Pontefice impartisce la benedizione a Roma e al Mondo, assicurando l’indulgenza plenaria a chi la desideri con tutte le forze, le campane suonano, sullo sfondo si sentono le ambulanze e la pioggia batte sul selciato di San Pietro deserta. Si fa sera.


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