L’assistente parlamentare radicale arrestato per la Dda era vicino a Matteo Messina Denaro e definiva Falcone e Borsellino: ‘Stessa m…’

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Gli inquirenti definiscono Antonello Nicosia, l’assistente parlamentare fermato da Ros e Gico per associazione mafiosa, “organico alla famiglia mafiosa saccense”, già noto in quanto, tra le altre cose, condannato in via definitiva alla pena di 10 anni e 6 mesi di reclusione per partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, scarcerato da ormai oltre dieci anni. Gli approfondimenti investigativi hanno consentito di documentare, spiegano “il pieno inserimento di Nicosia nel contesto mafioso saccense”.
“All’aeroporto bisogna cambiare il nome… Non va bene Falcone e Borsellino… Perche’ dobbiamo arriminare (girare, ndr) sempre la stessa merda… Sono vittime di un incidente sul lavoro, no?”. Cosi’ Antonello Nicosia, si esprime in una conversazione intercettata recentemente dalla Dda di Palermo che lo ha fermato stanotte con l’accusa di associazione mafiosa nell’operazione “Passepartout” di Gico e Ros. “Ma poi quello là (Falcone, ndr) – proseguiva – non era manco magistrato quando è stato ammazzato… aveva già un incarico politico, non esercitava…”. Secondo i pubblici ministeri Nicosia avrebbe veicolato all’esterno messaggi provenienti da mafiosi detenuti nei penitenziari sparsi nella Penisola. Accessi quest’ultimi che avvenivano grazie al suo ruolo di direttore dell’Osservatorio internazionale dei diritti umani, onlus che si occupa della difesa dei diritti dei detenuti e di consulente giuridico psicopedagogico della deputata (ex Leu appena passata con Italia Viva) Giuseppina Occhionero. Nicosia, 48 anni, di Sciacca, nel novembre scorso è stato inoltre eletto nel Comitato Nazionale dal XVII Congresso di Radicali Italiani. Dalle indagini della Dda palermitana guidata da Francesco Lo Voi – iniziate cercando il boss latitante Matteo Messina Denaro – Nicosia, sarebbe stato in contatto con il boss mafioso, anche lui saccense, Accursio Dimino, scarcerato nel 2016 e detenuto anche al 41 bis, ritenuto molto vicino al defunto capomafia di Castelvetrano, Francesco Messina Denaro, padre di Matteo.


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