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I costruttori, guidati da Salini, alla sfida dei 150 miliardi di lavori bloccati

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Il Dossier Grandi Opere che l’Italia tiene chiuso in un cassetto ha un valore di 36 miliardi di euro. Il fermo dei lavori non avvantaggia il Paese che acquisisce sempre più ritardi infrastrutturali e perde competitività danneggiando imprese e occupazione.

Da anni in Italia il settore è in crisi a causa, soprattutto, della scarsità delle risorse per gli investimenti pubblici e la farraginosità delle procedure. Dagli ultimi report, è emerso che120 mila è il numero delle aziende fallite, 600 mila quello dei posti di lavoro perduti, mentre imprese storiche come Astaldi, Condotte, Trevi, Grandi Lavori Fincosit, Toti e Cmc si trovano in gravi difficoltà. L’analisi sullo stato di benessere degli operatoti nazionali ha restituito un esito positivo solo per Salini Impregilo che continua a godere di buona salute anche grazie a una forte crescita all’estero, dagli Stati Uniti all’Australia. Di fatto, con una previsione di oltre 75 miliardi di dollari di investimenti complessivi per il quinquennio 2017-2022, oggi l’apertura sui mercati internazionali non può essere trascurata.

Elemento di traino del settore, il mercato estero non è, tuttavia, semplice da conquistare anche per le grandi aziende italiane, le quali devono battere la concorrenza di gruppi maggiori con indici di indipendenza finanziaria elevati, ampia facilità di entrata al mercato dei capitali e un sistema-Paese che impiega risorse nel settore infrastrutture in modo continuativo gettando le basi per la costruzione di un solido mercato domestico. Non bisogna poi sottovalutare che attualmente il mondo delle grandi opere punta sempre di più sui mega progetti e, non a caso, per il prossimo triennio sono previsti lavori per un totale di 520 miliardi di euro, di cui 390 miliardi nel solo segmento dei trasporti in vista dei nuovi temi della mobilità sostenibile e delle megacities.

La sfida per le imprese italiane risulta essere quindi su due fronti, a livello nazionale e all’estero, ma la soluzione una sola: individuare un operatore di grandi dimensioni che consolidi le principali realtà, singolarmente troppo deboli. A fronte di ciò emerge come catalizzatore più idoneo Salini Impregilo. Con un giro d’affari di 6,5 miliardi di euro (che potrebbero almeno raddoppiare), il gruppo avrebbe sicuramente capacità di investimento economico, competenze, talenti e efficienza atte a competere con i colossi internazionali, garantendo al tempo stesso un forte impegno per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese.

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