Morti per amianto alla Firema, a giudizio gli ex amministratori

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Sono stati rinviati a giudizio per le morti e le malattie di dipendenti causate dall’esposizione all’amianto otto ex dirigenti della Firema, azienda casertana che produce carrozze ferroviarie, dal luglio 2015 denominata “Tfa” e di proprietà indiana. Lo ha deciso il Gup del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, che ha accolto l’impostazione del pm Giacomo Urbano, che sulla vicenda aveva aperto un’inchiesta bis dopo che la prima indagine, in cui la Procura aveva contestato il reato piu’ lieve di rimozione e omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro, aveva dato vita ad un processo conclusosi con una serie di assoluzioni e prescrizioni. Una strategia che ricorda quella seguita dalla Procura della Repubblica di Torino in relazione alla vicenda dell’Eternit, dove il proprietario dell’azienda, l’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny, era stato salvato in Cassazione dalla prescrizione dopo essere stato condannato in primo e secondo grado a 16 e 18 anni per disastro colposo in relazione a decine di decessi per amianto; l’ufficio inquirente aveva cosi’ deciso di aprire un nuovo fascicolo a carico di Schmidheiny per omicidio doloso (poi derubricato in delitto colposo), sfruttando anche la sentenza della Corte Costituzionale del luglio 2016, che aveva dichiarato l’imprenditore processabile nuovamente nonostante la condotta fosse la stessa, e ciò senza che venisse violato il principio giuridico del “ne bis in idem”. Nel caso della Firema, la Procura di Santa Maria Capua Vetere ha invece deciso di contestare l’omicidio colposo in relazione ai 19 operai morti e altri 82 ammalatisi per patologie legate all’esposizione all’amianto, tutti casi già oggetto del primo processo; al dibattimento – prima udienza il 9 gennaio 2020 – dovranno comparire gli ex amministratori delegati dell’azienda Mario Fiore e Giovanni Fiore, l’ex direttore generale Mario Pasquali, e gli altri alti ex dirigenti Enzo Ianuario, Maurizio Russo, Giovanni Iardino, Giuseppe Ricci e Carlo Regazzoni; tutti erano usciti indenni, per prescrizione o assoluzione, dal primo processo.


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