Camorra, i Casalesi mostravano le foto dei loro familiari agli imprenditori del Nord per costringerli a pagare il pizzo

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Mostravano ai creditori foto dei loro familiari inducendoli a rinunciare al dovuto e a cedere beni mobili e immobili a societa’ di un presunto intermediario finanziario, che a sua volta girava tutto all’organizzazione criminale. E’ “l’episodio madre” dell’operazione “Piano B”, che stamani ha portato oggi all’arresto di 7 persone tra Veneto, Campania, Lombardia ed Emilia Romagna, su disposizione della Procura distrettuale antimafia di Trieste. L’accusa e’ di aver partecipato, a vario titolo, a estorsioni commesse in Croazia e pianificate in Italia, aggravate dal metodo mafioso e dalla transnazionalita’ del reato e finalizzate a favorire gli interessi dei Casalesi. Si tratta di un’operazione “inedita” per la citta’, perche’ come sottolineato dal procuratore, Carlo Mastelloni, “non e’ mai accaduto” sul territorio che venissero arrestate nella stessa operazione sette persone con l’aggravante del metodo mafioso. “Piano piano abbiamo una mappatura di carattere generale che ci puo’ consentire di non parlare neanche piu’ di infiltrazioni ma di insediamenti insidiosi” di criminalita’ organizzata, ha sottolineato. Sono complessivamente 13 le persone indagate; l’operazione – condotta dalla Dia di Trieste e altri centri provinciali e dal Nucleo di polizia economica finanziaria – e’ collegata a un altro filone di indagini che lo scorso settembre ha coinvolto un presunto intermediario finanziario di Portogruaro coinvolto in una maxi truffa ai danni di oltre 3 mila risparmiatori attraverso la quale erano stati raccolti abusivamente oltre 72 milioni di euro. Dalle indagini, avviate nei primi mesi dell’anno, e’ emerso che il presunto intermediario avrebbe allestito un complesso sistema per investire illecitamente i capitali utilizzando diverse societa’ con sede in Croazia, Slovenia, Gran Bretagna e avrebbe investito circa 12 milioni di euro, appartenenti a consorterie criminali riconducibili al clan dei casalesi. Ma l’acuirsi del dissesto finanziario e le esigenze del clan di rientrare delle somme impegnate avrebbero determinato la messa in atto di condotte estorsive. Nel frattempo persone riconducibili a organizzazioni camorristiche avrebbero garantito una sorta di ‘protezione’ al presunto intermediario da richieste pressanti dei creditori, assicurando una costante presenza nella sua abitazione. Alcuni arrestati avrebbero costretto le vittime a rinunciare ai loro crediti, anche attraverso pesanti minacce nei confronti dei loro cari, inducendole a cedere beni senza alcun corrispettivo e fare consistenti prestiti. Nel corso dell’operazione sono state effettuate perquisizioni nei confronti di altre persone, tra cui un ex poliziotto, in pensione, a Trieste, e sono stati impiegati complessivamente 60 agenti della Dia e 40 del nucleo di Polizia finanziaria e di altri reparti della Gdf. “L’operazione – osservano Nicola Morra presidente della commissione Antimafia e Stefano Patuanelli presidente del gruppo M5s Senato – dimostra quanto sia forte ancora il clan casertano e dall’altra parte quanto sia profonda la penetrazione al nord”. E’ “la conferma – secondo Libera – che le mafie sono presenti, insediate e fanno affari nel Nord Est”. Allarme anche dell’ex governatrice del Fvg, la dem Debora Serracchiani: “la penetrazione ormai accertata della camorra nel tessuto economico e sociale di Trieste sta assumendo aspetti inquietanti e non sottovalutabili”. Un plauso all’operazione arriva infine anche dal sindaco, Roberto Dipiazza, che, dice all’ANSA, “a Trieste per fortuna ci sono le forze dell’ordine efficienti”.

“E’ stata un’inchiesta che si e’ articolata in piu’ mesi con un forte impegno della Dia. Ma piu’ che parlare di infiltrazioni mafiose in regione, parlerei piuttosto di insediamenti ‘insidiosi’ di criminalita’ organizzata sul territorio, con la presenza del clan dei Casalesi, uno dei piu’ agguerriti come storia per la loro pertinacia”. Lo ha detto il Procuratore Capo di Trieste Carlo Mastelloni aprendo la conferenza stampa indetta alla Dia di Trieste per l’operazione denominata “Piano B”, peraltro non ancora conclusa, e che ha visto eseguite sette ordinanze di custodia cautelare. Tutti gli indagati – ha precisato il Tenente Colonello Giacomo Moroso Capo Sezione della Dia triestina – devono rispondere a vario titolo per aver partecipato ad estorsioni commesse in Croazia e pianificate in Italia, in danno di imprenditori e professionisti, alcuni dei quali italiani operanti nella cittadina croata di Pola e finalizzate, tramite minacce e intimidazioni e percio’ con metodo mafioso, a favorire gli interessi del noto quanto famigerato clan camorristico dei Casalesi. Nel corso delle indagini sono emersi numerosi elementi che hanno indotto gli investigatori a individuare nel 42/enne Fabio Gaiatto, presunto intermediario finanziario di Portogruaro (Venezia), attualmente detenuto nel carcere di Pordenone, l’investitore di ingenti somme di denari, circa 12 milioni di euro, appartenenti a consorterie criminali riconducibili al clan dei Casalesi. Gaiatto aveva allestito un complesso sistema di trading per investire illecitamente i capitali a disposizione, utilizzando diverse societa’ con sede in Croazia, Slovenia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Tramite anche una particolare piattaforma sarebbe giunto alla cifra di 3 mila investitori con una disposizione complessiva tra i 70 e gli 80 milioni di euro, somma questa che aveva indotto il clan dei Casalesi a eleggerlo come amministratore, assieme a un commercialista, dei loro beni da impiegare al Nord d’Italia ma soprattutto in Croazia. Sono state successivamente le stesse autorita’ croate, nei primi mesi del 2018, sulla base di denunce acquisite ed accogliendo le istanze di alcuni creditori che non si erano visti restituire il denaro, a procedere al pignoramento dei conti correnti delle societa’ che facevano capo a Gaiotto, disponendo il blocco finanziario delle stesse ed impedendo di fatto al “promoter” di riconsegnare quanto investito anche agli uomini del clan. Da qui la messa in atto di condotte estorsive nei confronti di numerosi professionisti, italiani e croati. Numerosi gli episodi estorsivi emersi che hanno evidenziato la determinazione degli arrestati ma anche i consistenti interessi economici in gioco, pari a un giro di affari di decine di milioni di euro ricostruito dalla Dia di Trieste che ha permesso l’arresto oltre che dello stesso Gaiatto, anche quelli di Francesco Iozzino di 56, Gennaro Celentano di 34, Mario Curtiello di 36, Valter Borriello di 42, Luciano Cardone di 37 e Domenico Esposito di 45. Decine le perquisizioni in corso nei confronti di altri soggetti, tra cui diversi personaggi che hanno aiutato Fabio Gaiatto ad eludere le indagini dell’Autorita’ giudiziaria di Trieste.


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