Risarcimento alle vittime di camorra, per l’agguato ad Avellino il Consiglio di Stato accoglie il ricorso dell’ex autista del Procuratore

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Una sentenza che dà speranza a tanti familiari di vittime innocenti della camorra quella depositata il primo dicembre scorso dalla III sezione del Consiglio di Stato che – confermando la sentenza del Tar Campania, Sezione staccata di Salerno – per l’indennizzo a Stefano Montuori, autista dell’allora Procuratore della Repubblica di Avellino Antonio Gagliardi, vittime entrambi di un agguato di camorra nel settembre del 1982. Entrambi rimasero gravemente feriti, ma mentre Gagliardi fu risarcito dallo Stato, il suo autista no, nonostante lo avesse difeso mettendo a repentaglio la sua vita. Montuori, nel 2011, aveva chiesto l’indennizzo previsto dalla legge n.302/1990 per le vittime del “dovere”, ma il Ministero dell’Interno l’aveva negato, ritenendo che la parentela di quarto grado con due soggetti appartenenti alla criminalità organizzata – condannati anche nel processo per l’agguato – fosse circostanza ostativa ai sensi dell’art. 2-quinquies del D.L. 151/2008.
I giudici di Palazzo Spada, nel confermare la sentenza appellata, hanno affermato che l’art. 2 quinquies del D.L. 151/2008, espressamente riferito solo ai familiari delle vittime, è norma eccezionale insuscettibile di estensione analogica anche alle stesse vittime che siano sopravvissute. Per le vittime, infatti, non sono previsti automatismi ostativi legati alla semplice parentela, con la prova dell’insussistenza, in concreto, del rischio che le somme possano andare a beneficio di organizzazioni criminali.
Nel caso di specie, conclude la sentenza “la vittima, oltre ad essere totalmente estranea ad ambienti e logiche criminali, svolgeva, al momento dell’agguato, una funzione istituzionale di contrasto alle associazioni criminali (autista di un magistrato sottoposto a particolari misure di protezione), che lo ha messo in condizione di rischiare la propria vita, e lo ha altresì indotto a compiere azioni tali da salvare persino la vita altrui. In nessun atto si adombrano sospetti di vicinanza agli ambienti mafiosi, né si indicano elementi concreti, o rapporti, che possano minimamente offuscare la limpidezza e la significatività del comportamento della vittima, prima, durante e dopo i fatti”.
Il ministero che avevano negato l’indennizzo a Muontuori è stato censurato anche per la violazione degli articoli 3 e 24 della Costituzione, che riconoscono i diritti di uguaglianza e di difesa, ed è stato condannato a pagare le spese del processo. La sentenza, sebbene riguardi il caso di una “vittima diretta” del clan, ha comunque aperto una prima crepa nel blocco normativo che negli anni ha impedito a decine di “vittime riflesse”, per lo più parenti di persone uccise dai clan senza colpa, di ricevere gli indennizzi previsti per legge.
Tra l’altro proprio sul risarcimento ai familiari di vittime innocenti della camorra pende un procedimento dinanzi al Tribunale di Napoli, sul quale l’avvocato Giovanni Zara – difensore dei familiari di Paolo Coviello e Pasquale Pagano, vittime innocenti dei Casalesi, uccisi nel 1992 per un errore di persona – ha sollevato la questione di legittimità costituzionale e ad aprile i giudici potrebbero decidere di inviare gli atti alla Corte Costituzionale per chiarimenti.


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