Maria Licciardi e gli affari in Spagna. La storia criminale. IL VIDEO

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Era diretta in Spagna, e precisamente a Malaga, dove vive la figlia da tempo, Maria Licciardi, 70 anni, fermata all’aeroporto di Ciampino dai carabinieri del Ros.

La donna è a capo dell’omonimo clan fondato dal fratello Gennaro detto ‘a scigna, e ai vertici dell’Alleanza di Secondigliano, il più potente cartello di famiglie di camorra di Napoli e provincia in grado di governare traffici milionari illeciti e leciti.

Insieme con lei, in fila, per la consegna dei bagagli, c’erano anche due accompagnatori per i quali non sono state disposte al momento misure cautelari. Maria Licciardi, quando e’ stata circondata dai militari, non ha opposto alcuna resistenza. Anzi. E’ rimasta tranquilla quando le hanno mostrato il provvedimento di fermo emesso dalla Procura di Napoli che l’accusa di essere l’elemento di vertice del clan di cui porta il nome e uno dei componenti di spicco dello storico cartello mafioso denominato ‘Alleanza di Secondigliano’.



    A portarla via sono stati gli uomini del Ros di Napoli diretto dal tenente colonello Andrea Manti. Nel tempo, anche grazie all’arresto dei fratelli Pietro e Vincenzo, la sua autorita’ all’interno del gruppo e’ cresciuta; ma dentro la cosca Maria, detta ‘a peccerella, e’ sempre stata la mente piu’ fine, il braccio impenditoriale, la donna in grado di gestire la cassa comune e gli affari migliori, comprese le aste giudiziarie.

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    Questo senza mai tirarsi indietro davanti alla violenza. Tra le contestazioni mosse a suo carico dagli inquirenti, che hanno portato al decreto di fermo di pm, anche le minacce rivolte in prima persona a una donna che non aveva rispettato i patti con il clan, versando la quota stabilita di un affare immobiliare.

    Proprio il settore della compravendita di immobili e’ quello in cui Maria Licciardi ha investito molto denaro del clan, occupandosene in prima persona. Gia’ nel 2001, all’epoca del primo arresto, le fu contestato tra gli altri il reato di associazione a delinquere di stampo mafioso.

    Gli inquirenti non escludono che la sua scelta di andare fuori dall’Italia fosse stata dettata dall’aver compreso, grazie al suo sistema capillare di ‘ascolto del territorio’, di essere nel mirino della procura e destinataria di una nuova misura cautelare dopo l’annullamento di quella emessa dal gip di Napoli nel 2019.

    Bassa di statura, capelli corti sempre in ordine, a volte schiariti da meche bionde, e una valigia nell’armadio pronta. La sua vita e’ cosi’, sempre uguale, da decenni. Da quando Maria Licciardi, detta ‘a peccerella, gia’ ‘uomo di fiducia’ del fratello Gennaro, il boss fondatore del clan e dell’Alleanza di Secondigliano, fu insignita di un compito importante. Bloccare la collaborazione con la giustizia di Costantino Sarno, uno degli uomini di vertice del gruppo.

    Suo fratello Vincenzo dal carcere le mando’ una ‘imbasciata’ e lei racimolo’ in pochi minuti 300 milioni di lire, la prima tranche di denaro da consegnare a Sarno per il suo silenzio. Lui ritratto’, lei fu arrestata il 15 gennaio del 1998, e fini al 41 bis. Dopo 7 anni di carcere duro, fu consacrata come il boss del clan.

    E’ nella Masseria Cardone a Secondigliano che Maria Licciardi e’ nata, il 24 marzo di 70 anni fa, sorella minore di Gennaro detto ‘a scigna, capo storico del clan omonimo. Quando, a 38 anni, nel 1994, lui muore nel carcere di Voghera per un’infezione, Maria prende il controllo dei traffici illegali.

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    “Era la cassiera, la mente che organizzo’ l’affare della merce contraffatta”, disse di lei il boss pentito Luigi Giuliano. Perche’ era questo uno dei principali business dei clan Contini e Licciardi, i ‘magliari’, che trasformarono l’area nord di Napoli nella centrale del falso. Ma non solo. Altro grande affare era il riciclaggio di denaro sporco nel comparto immobiliare.

    Il pentito di camorra Luigi Misso, elemento di vertice del clan, defini’ Maria Licciardi una sanguinaria, “responsabile di piu’ di cento omicidi”, ma in realta’ non e’ mai finita a processo con questa accusa. “Mi chiamo Licciardi Maria, sono casalinga ma ho sempre lavorato, ho fatto la calzolaia. Detesto la droga, se vedo dei giovani che si drogano mi dispero”, disse ai giudici nel marzo del 2003 in un processo che poi la vide assolta dopo dieci anni.

    Lo Stato pagò a Maria Licciardi anche un risarcimento per ingiusta detenzione

    Lo Stato le pago’ anche un risarcimento per ingiusta detenzione. Nel 2019, nel maxiblitz contro il cartello di clan noto come Alleanza con oltre 120 arresti, gli inquirenti la cercarono invano. E, del resto, i suoi avvocati riusciroo ad annullare quella misure cautelare.

    Arresto di Maria Licciardi, i complimenti del ministro Lamorgese

    “Complimenti all’Arma dei Carabinieri per l’operazione di questa mattina coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli, che, a seguito di complesse ed articolate attività investigative, ha condotto all’arresto di Maria Licciardi”. Lo ha dichiarato il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, sottolineando “l’impegno e la determinazione della magistratura e delle Forze di polizia per contrastare le organizzazioni camorristiche che controllano capillarmente ampi territori e gestiscono affari illeciti anche attraverso una strategia comune”.

    “Un segnale forte dello Stato che si aggiunge all’arresto a Napoli da parte della Polizia di Stato, a seguito di indagini coordinate dalla competente Direzione distrettuale antimafia e dal Tribunale dei minorenni, dei presunti autori della sparatoria dello scorso 16 giugno ai Quartieri Spagnoli che aveva portato al grave ferimento di due vittime innocenti”, ha proseguito la titolare del Viminale.


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