Caporalato per i rider, condanna per dirigente e risarcimento per i fattorini

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Milano. E’ una condanna storica quella inflitta a Milano ad uno dei vertici di una società di intermediazione per il lavoro dei fattorini coinvolto nella più ampia inchiesta milanese che ha riguardato anche la filiale italiana di Uber. E’ il riconoscimento per i rider delle condizioni di sfruttamento in cui lavorano e hanno lavorato anche in piena pandemia per la consegna di cibo e merci.

E’ la prima condanna in un processo penale per caporalato sui rider a Milano, quella inflitta dal gup Teresa De Pascale a Giuseppe Moltini,  condannato a 3 anni e 8 mesi Giuseppe Moltini.

Il dirigente è tra i responsabili delle societa’ di intermediazione coinvolte nell’inchiesta del pm Paolo Storari che aveva portato pure al commissariamento della filiale italiana di Uber, revocato a marzo dai giudici dopo il riconoscimento del percorso “virtuoso” intrapreso dalla societa’.

    Il gup ha anche deciso di convertire il sequestro di circa 500mila euro in contanti, disposto nel corso delle indagini, in un risarcimento da 10mila euro a testa per i 44 fattorini parti civili e da 20mila euro per la Cgil.

    La sentenza è stata emessa nel processo abbreviato a carico di Moltini, che era accusato di caporalato sui fattorini che, attraverso le società di intermediazione Flash Road City e Frc srl, facevano le consegne di cibo a domicilio per conto di Uber.

    Altri due imputati sono stati condannati (2 anni e 1 anno e 6 mesi) ma solo per reati fiscali. Il giudice ha anche deciso di convertire il sequestro preventivo da circa 500mila euro in contanti, effettuato nelle indagini del pm Storari sulle somme trovate in possesso degli intermediari, in risarcimenti a favore dei 44 rider, che lavoravano tra Milano, Torino e Firenze e che erano entrati nel procedimento proprio per chiedere il riconoscimento dei danni subiti, assistiti tra gli altri dal legale Giulia Druetta.

    Parti civili anche la Cgil e la Camera del Lavoro, rappresentate dall’avvocato Andrea Ronchi. Lo scorso 5 luglio lo stesso giudice aveva mandato a processo Gloria Bresciani, manager poi sospesa di Uber, anche lei accusata di caporalato sui fattorini. Udienza per lei il 18 ottobre davanti alla nona sezione penale del Tribunale di Milano. Il gup aveva mandato a giudizio pure la società di intermediazione Frc, imputata per la legge sulla responsabilità amministrativa, e accolto i patteggiamenti percaporalato di Leonardo Moltini (3 anni) e Danilo Donnini (2 anni), sempre responsabili delle società di intermediazione di manodopera, e di un altro imputato, Miriam Gilardi, per favoreggiamento a 1 anno e 6 mesi. Uber è stata citata come responsabile civile. Bresciani e gli altri tre accusati di caporalato, secondo l’accusa, avrebbero reclutato rider assumendoli in Flash Road City e Frc srl “per poi destinarli al lavoro presso il gruppo Uber in condizioni di sfruttamento”. In particolare, i lavoratori venivano “pagati a cottimo 3 euro”, “derubati” delle mance e “puniti” con decurtazione dei compensi se non stavano alle regole. 

    ++++ Riceviamo e pubblichiamo la seguente richiesta di chiarimenti:

    Abbiamo letto la vostra notizia sulla sentenza relativa al tema del caporalato, riferita ad una società di intermediazione che operava in passato per Uber. La notizia riportata da voi è erronea, dato che il dirigente che è citato non è e non è mai stato dipendente di Uber e che non è stata Uber ad essere stata condannata.

     Ufficio Stampa in Italia di Uber / Uber Eats

    Abbiamo provveduto alla rettifica del titolo erroneo ce ne scusiamo con la società Uber e i nostri lettori, nel corpo dell’articolo è ben specificato che il dirigente condannato è uno dei vertici di una società di intermediazione finita nella più ampia indagine che ha portato anche la filiale italiana della Uber al commissariamento. 



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