‘Io vivo per te’, il corto sul gaslighting diventa un caso nel cinema indipendente

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Da Caserta il corto sul gaslighting di Rita Raucci è finalista in due festival svedesi e ha ottenuto nomination a Parigi, Londra, Toronto, Clermont, Glasgow, Budapest, Bologna

Sta diventando un caso nel panorama del cinema indipendente il successo di “Io vivo per te”, lo short film sul Gaslighting di Rita Raucci, scritto con Claudio Lombardi e Paolo Mazzarella, per la regia di Gaetano Ippolito, e prodotto dal Collettivo Paula di Caserta.

Il corto è finalista in due festival svedesi e ha ottenuto nomination a Parigi, Londra, Toronto, Clermont, Glasgow, Budapest, Bologna. Protagonisti, la stessa Raucci, nei panni della vittima, e Peppe Romano, in quelli del gaslighter.

    L’opera è stata realizzata grazie al volontariato professionale di un gruppo di lavoro che ha vissuto questa esperienza come un atto di civismo e di cittadinanza attiva.

    Il gaslighting è una delle forme più subdole e meno note di violenza psicologica ed è ritenuta una grave violazione dei diritti umani; si esprime attraverso una manipolazione mentale insidiosa e costante: la vittima è indotta, con false informazioni e inganni, a dubitare di se stessa.

    “La sfida, forse ambiziosa – dice Raucci – di contribuire a creare quella cultura della conoscenza, tale da far uscire dall’inconsapevole prigionia le vittime e qualificare e potenziare la rete di aiuto, mi ha spinta, con Lombardi e Mazzarella, a stendere una sceneggiatura che raccontasse con il linguaggio del cinema tutte le fasi dell’abuso mentale generato dal Gaslighting”.

    ‘Io vivo per te’ irrompe nella quotidianità familiare di Marco e Giulia; la vicenda si consuma in un ambiente asettico, quasi metafisico. Il loro, tra alti e bassi, sembra un rapporto come tanti: eppure, nei ricordi, nei pensieri e nei silenzi di lei emerge la solitudine di una donna divisa tra il bisogno d’amore e di condivisione affettiva e l’impoverimento del corpo e della mente, indotti dalla rigidità narcisistica e manipolatoria di lui. L’opera riesce a illuminare la parte invisibile dell’abuso mentale, in un esperimento a metà strada tra la video arte e il corto teatrale.



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