Camorra, il pentito accusa: ‘Orefice usava guanti in lattice blu per gli omicidi e poi li lasciava sul posto’. LE INTERCETTAZIONI

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Fabio Orefice, a cui oggi polizia e carabinieri hanno notificato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa su richiesta della DDA, si guadagno’ la ribalta delle cronache per essere scampato a un agguato e per avere successivamente minacciato i killer via social con una foto che lo ritraeva bendato in ospedale e il post “il leone e’ ferito ma non e’ morto”. L’episodio risale al 16 ottobre del 2014: Orefice, ritenuto affiliato al clan Mele di Pianura, venne ferito in un agguato organizzato dal clan rivale dei Pesce Marfella. Fini’ in ospedale da cui lancio’ il guanto di sfida al gruppo camorristico antagonista dando il via a un “botta e risposta” a colpi d’arma da fuoco della durata di alcuni mesi. Una prima misura cautelare gli era stata notificata dalle forze dell’ordine il 14 marzo del 2017.

A gennaio scorso  fu arrestato a Giugliano dove si era rifugiato. Fabio Orefice, 33 anni è il cognato del ras Antonio Bellofiore detto ‘Tonino 38′ del clan Mele ( avendo sposato la sorella Rosaria).Oltre a gestire una piazza di spaccio a Pianura per conto del clan Mele viene indicato dal pentito Antonio Ricciardi come uno dei killer al servizio della cosca. In un verbale del 4 luglio 2013 Ricciardi infatti ha raccontato: ” Tornando all’omicidio di…omissis…Calone Antonio, Enzo Birra e Fabio Orefice, gruppo di killer per conto del clan Mele. Posso riferire il particolare che essi utilizzano guanti di di lattice blu, che poi lasciano sul luogo del delitto, come segno distintivo per dare un segnale al sistema. Il programma criminale dei Mele è quello di eliminare tutti gli affiliati al clan Pesce” E sempre il pentito Ricciardi in un verbale del 17 luglio 2013 a proposito di Fabio Orefice racconta:”Riconosco la persona raffigurata nella fotografia n. 19 si tratta di Fabio Orefice. E’ un affiliato al clan Mele. Ho già raccontato che ha partecipato all’agguato contro ………………… (omissis) …………….. Gestisce la piazza di spaccio di via Santa Maria a Pianura, coincidente con la sua abitazione. Ha subito un agguato pochi mesi fa da parte
del clan Pesce, come mi fu raccontato da Enzo Pane, anche se non so chi materialmente lo ha commesso…”. E a proposito di quell’agguato subito lo stesso due giorni dopo postò sul suo profilo facebook le foto che lo ritraevano già in piedi nella stanza dell’ospedale con gli evidenti segni delle ferite riportate scrivendo:  “Il leone è ferito ma non è morto, già sto alzato. Aprite bene gli occhi che per chiuderli non ci vuole niente. Avita muriii”. Ma per tutta risposta il 22 ottobre  alcuni sicari arrivarono con una moto di grossa cilindrata sotto la sua abitazione e fecero fuoco più volte contro le finestre. Fabio Orefice impiegò un paio di mesi per metabolizzare la rabbia e la sua sete di vendetta e non sapendo di essere intercettato il 13 dicembre chiama lo zio Franco che conosce bene Pasquale Pesce e che lui chiama come ‘o mast e Jessica in quanto la cugina, figlia dello zio Franco appunto faceva la baby sitter della figlia del boss. Nella telefonata Orefice minaccia il clan Pesce e per esso il reggente Pasquale Pesce ‘e bianchina (oggi pentito) di fare una strage.



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