Isabella Internò è stata accusata di essere la mandante e di aver partecipato all’omicidio dell’ex fidanzato Donato Denis Bergamini, calciatore del Cosenza, morto il 18 novembre 1989 lungo la statale 106 a Roseto Capo Spulico.
Poiché sono trascorsi 35 anni dall’evento, la Procura della Repubblica di Castrovillari ha richiesto 23 anni di reclusione anziché l’ergastolo, ritenendo applicabili le attenuanti generiche.
Internò, assente in aula, è imputata per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione e da futili motivi, in concorso con ignoti. Il procuratore di Castrovillari, Alessandro D’Alessio, ha spiegato che Internò ha agito con determinazione e in collaborazione con persone non ancora identificate, tradendo l’affetto di Bergamini e esasperando il loro rapporto fino al punto di agire come noto.
Il delitto è maturato in un “contesto patriarcale” e sarebbe stato motivato dalla mancata celebrazione di un matrimonio riparatore che Internò avrebbe desiderato dopo essere rimasta incinta di Bergamini nel 1987.
La fine della loro relazione avrebbe portato Internò a perseguitare Bergamini fino alla sua morte. Le dichiarazioni di Tiziana Rota, amica intima di Internò all’epoca, sostengono l’accusa, con l’imputata che avrebbe minacciato Bergamini dicendo che, se non fosse tornato sui suoi passi, sarebbe stato “un uomo morto”.
La sorella di Bergamini, Donata, ha accolto la richiesta della Procura con soddisfazione e amarezza, ribadendo di non aver mai creduto alla tesi del suicidio sostenuta da Internò.
Il legale della famiglia Bergamini, Fabio Anselmo, ha sottolineato che, sebbene una condanna dopo 35 anni possa sembrare ingiusta, l’attesa di giustizia per così tanto tempo lo è ancor di più. La sentenza è attesa per il primo ottobre.