In Sala Assoli ‘A.D.E. – A.lcesti D.i E.uripide’ di Fabio Pisano

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Dopo due precedenti attraversamenti, Il lavoro di Fabio Pisano A.D.E. – A.lcesti D.i E.uripide torna, dal 5 al 7 aprile, in Sala Assoli (venerdì e sabato ore 20.30; domenica ore 18.00), in una versione restaurata e (forse) definitiva.

In scena, Raffaele Ausiello, Francesca Borriero, Roberto Ingenito; accompagnati dalle suggestioni sonore di Francesco Santagata; i costumi sono di Rosario Martone; le scene di Luigi Ferrigno. Le luci di Fabio Pisano e Alessandro Salzano. Assistente alla regia Francesco Luongo. Produzione Liberaimago.

Ispirata a un mito di cui si narra anche nel Simposio di Platone, Alcesti, la più antica fra le tragedie di Euripide a noi pervenute, mette in scena una storia d’amore che ha per protagonisti il re di Tessaglia Admeto e la sua sposa Alcesti: al centro, l’eros della giovane moglie, che sfida la morte, sacrificandosi al posto del suo sposo. Nel progetto di Pisano, il punto di partenza è l’indefinitezza del genere: che cos’è Alcesti, una tragedia? Un dramma, poi definito prosatiresco? Una sorta di fiaba a lieto di fine? È da questa difficoltà di definizione che nasce il pretesto per sconvolgere il testo di Euripide, per provocarlo, asciugando ai raggi del tempo i rapporti epici tra i protagonisti, e presentando, oggi, all’interno della scatola del dramma borghese, ciò che resta di un giorno di lutto. Quello che emerge non è più la dimensione tragica, ma il dramma delle piccole cose.

Costo del biglietto per gli spettacoli: intero 18 euro; ridotto 14 euro.
Per info e prenotazioni: 345 467 9142 – [email protected]

Admeto ottiene da Apollo la possibilità di sfuggire alla morte, a patto che un altro si sacrifichi al posto suo: a dare la vita per lui non sono i vecchi genitori, né gli amici fidati, ma la giovane moglie, che con l’estremo dono di sé attesta la forza di una passione capace di andare oltre la morte. La riscrittura di Fabio Pisano determina una lingua nuova, la cui cornice è un coro antico, che non appartiene, o fors troppo appartiene, ai pensieri di un marito, di una moglie, di un padre, di un amico, restituendo un tiepido A.D.E.

    “Sia da un punto di vista estetico che etico, percepisco un crescente allontanamento dal genere, a vantaggio del dramma – spiega Fabio Pisano. Oggi non siamo più in grado di introitare le tragedie ma diamo alle stesse il nome di “dramma”; non si tratta, credo però, di un semplice errore formale, ma di una deliberata volontà di schivare le conseguenze che una tragedia, se riconosciuta e nominata tale, si porta dietro. E così ecco che a prevalere sono i drammi delle piccole cose, quei piccoli traumi quotidiani che però segnano e si trascinano conseguenze nel tempo; quei piccoli traumi tanto cari al dramma borghese che ha “divorato”, quasi fino alla sua scomparsa, la tragedia.

    A.D.E. prova a fare questo, prova a mettere di fronte ad una tragedia, i piccoli drammi che vivono o che hanno vissuto i protagonisti, coloro cioè i quali restano in vita, mentre Alcesti è ancora lì, esposta, come monito o chissà forse, trofeo. Infine il coro; il coro ossia la voce del popolo (come la intende in questa tragedia, lo stesso Euripide); il coro che assiste, commenta, elogia il gesto tragico; il coro unica traccia, ormai sempre più sbiadita, di una tragedia“.

    “Il terzo attraversamento, previsto in Sala Assoli, è stato frutto di un lungo lavoro di residenza e di riflessione, a partire dall’estetica – continua Pisano. Si lavorerà soltanto intorno alla teca, oggetto funebre e al contempo espositivo d’un corpo che non rappresenta più soltanto la tragedia, ma è viatico per ogni singolo, piccolo dramma. I costumi sono stati rielaborati, perseguendo l’obiettivo della “discrezione”, del “minimale”, lavorando sull’eterno e affascinante contrasto tra il nero e il bianco. Le luci di Cesare Accetta, nei loro stupendi e caratterizzanti chiaroscuri saranno adattate allo spazio: Il nuovo allestimento in Sala Assoli rappresenta un’opportunità per poter lavorare e ragionare intorno al concetto di spazio scenico, non più un rettangolo determinato, ma luogo aperto, piene di vie di fuga, che possano circondare lo spettatore, restituendogli diversi punti di vista e posizioni non più convenzionali”.



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