L’Antimafia a Caivano: ‘Qui lo Stato non fa lo Stato’

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Caivano. Ad Arzano un manifesto funebre, lo scorso 10 marzo, annuncio’ la morte del comandante della polizia locale. A Caivano, pochi giorni dopo, fu fatto esplodere un petardo davanti alla chiesa di don Maurizio Patriciello, al Parco Verde.

A Frattamaggiore qualcuno ha sparato contro le vetrine di una pizzeria. E poi ci sono le minacce ai giornalisti, l’ultima domenica scorsa, in un bar di Arzano. Benvenuti nell’area a nord di Napoli: li’ dove un comune entra nell’altro, dove la densita’ della popolazione e’ altissima e dove la camorra sembra aver preso il sopravvento. Oggi, a Caivano, proprio nella chiesa di don Patriciello, si e’ riunita la Commissione parlamentare antimafia.

E il presidente Nicola Morra, dopo aver ascoltato storie di minacce e di paura, non usa mezzi termini: “Qui lo Stato per decenni non ha fatto lo Stato”. Parla di “situazioni imbarazzanti”. E ne elenca qualcuna. Al Parco Verde come nel Rione 167 “ci sono alloggi popolari occupati da 40 anni, si’ avete capito bene dal 1982”, dice Morra.

E poi “ci sono stati episodi di chiusura di pertinenze condominiali, spazi pubblici, marciapiedi dove sono stati realizzati appartamenti lussuosi per gente che dovrebbe pagare 37, 42 euro al mese e cammina su marmi pregiati, indossa abbigliamento di lusso, si permette di infrangere la legge come nulla fosse”. Sbotta, Morra: “Bisognerebbe cambiare prefetti, ministri”. “Stiamo cercando di capire – aggiunge – ma a me fa rabbia sapere che responsabilita’ di altri abbiano prodotto danni enormi senza che si possa agire di conseguenza. Ci sono delle responsabilita’ endemiche, storicamente vecchissime, su cui adesso c’e’ difficolta’ ad intervenire”.

“La battaglia e’ difficile”, ammette Morra. E ne sa qualcosa chi le minacce le vive ogni giorno sulla propria pelle. Biagio Chiariello, comandante della polizia locale di Arzano, e’ giovanissimo. Qualche giorno fa lesse che sarebbe morto su un manifesto funebre. Oggi e’ scattato un arresto per le minacce ricevute: si tratta di Mariano Monfregolo, fratello di Giuseppe, considerato elemento di spicco dell’omonimo clan; nei confronti di un 21enne del luogo e’ stato disposto il divieto di dimora in Campania.

    “Certo che c’e’ un po’ di preoccupazione, pero’ andiamo avanti altrimenti sarebbe comunque una sconfitta – dice Chiariello a Caivano – Non la possiamo dare vinta a queste persone che hanno posto in essere atti ignobili per isolarci. Per me e’ un forte e chiaro segno di debolezza, significa che andiamo nella direzione giusta e stiamo dando fastidio”. Non arretrano neanche i giornalisti minacciati, come Mimmo Rubio.

    L’ultima intimidazione e’ arrivata domenica scorsa, in un bar. Era in compagnia di un altro collega, Giuseppe Bianco, ed e’ stato avvicinato da Giuseppe Monfregolo, ritenuto il boss della 167, dal fratello di questi e da un guardaspalle. Rubio e’ gia’ sotto tutela. “E’ in atto una vera e propria escalation, una situazione estremamente allarmante – dice – E’ un alzare la testa e segnare il proprio territorio in una fase in cui c’e’ una faida interna. Ci sono poche forze dell’ordine, bisogna investire sulla sicurezza”.

    E poi c’e’ don Maurizio Patriciello. La sua chiesa guarda dritto il Parco Verde di Caivano che di brutture, oltre ai clan, ne ha viste parecchie. “Se ho paura? Si’, la paura che viviamo tutti ma poi mi dico, perche’ dovrebbero farmi qualcosa se in fondo voglio salvare anche i loro figli?”, dice. “I cittadini mi sono vicini e se a volte restano in silenzio non e’ per omerta’ ma per paura perche’ qui le istituzioni vengono ma poi so ne vanno e loro vivono accanto a chi usa il linguaggio delle bombe”. Da qui la richiesta, l’ennesima: “Lo Stato deve essere presente, lo Stato deve farsi vedere dalla gente”.



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