Confesercenti Campania, i dati dopo dieci giorni dalla riapertura: bene solo parrucchieri e supermercati

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Crollo nel settore alberghiero e della ristorazione. Il presidente Vincenzo Schiavo: “Molte categorie in crisi, calo del fatturato rispetto al 2019 per tutti, 180mila imprese minacciano la chiusura, a rischio 700mila posti di lavoro se non ci sarà un ulteriore intervento dello Stato”

Ottime le risposte per le categorie di parrucchieri e barbieri, pessime o sostanzialmente negative quelle invece relative agli altri settori commerciali della Campania. E’ quanto emerge dallo studio condotto da Confesercenti Campania a 10 giorni dalla riapertura delle attività della regione. Tramite un’analisi realizzata su un campione di 1000 attività sull’andamento dopo la riapertura, emerge che a Napoli e in Campania ad essere soddisfatti sono solo i parrucchieri e i barbieri, presi d’assalto dopo la fine del lockdown, dopo il vuoto dei mesi precedenti. Rispetto agli introiti del 2019 nello stesso periodo, infatti, hanno incassato sino al 100% in più con una media di orario di lavoro che arriva anche a 14 ore in alcuni casi. Nel ramo specifico si può dunque dire che si stanno recuperando le notevoli perdite (zero fatturato) accusate tra marzo e aprile 2020.

Va molto male invece in altri settori: c’è il crollo nel settore abbigliamento e moda con una diminuzione del fatturato, rispetto a 12 mesi fa nello stesso periodo, intorno al 90%. Peggio ancora nella grande ristorazione, dove si assiste ad un calo del 97-98%. Un po’ meglio il comparto “piccoli ristoranti, trattorie e pizzerie”: dal lunedì al venerdì c’è una diminuzione degli incassi in 12 mesi del 60-70% che si calmiera sino al 40-50% nel week-end, con riferimento soprattutto ai locali delle zone turistiche e storiche di Napoli, in particolare sul Lungomare. Meglio per le pizzerie o locali (gelaterie e pub) che hanno circoscritto esclusivamente al “delivery” e al “take away” la loro produzione.
In coda ci sono il settore alberghiero ed extralberghiero (B&B, casa vacanze e pensioni) dove la diminuzione è del 100%. In questi primi 10 giorni di riapertura, per chi ha aperto (visto che almeno il 40% ha deciso di aspettare ancora prima di aprire i battenti), è infatti inesistente o quasi la domanda per il settore turistico (compresi agenzie di viaggio, guide, trasporti nel turismo e accompagnatori).
Un calo sostanziale è invece stato appurato per i Bar e simili, dove l’incasso medio giornaliero è ovviamente molto distante dalle cifre di dodici mesi orsono sino al 70% in meno, in un orario di lavoro che va dalle 9 alle 23.

Tornando invece ai dati positivi, rispetto al 2019 vanno meglio il comparto supermercati/salumerie/macellerie, che hanno avuto un trend in aumento che va dal 20% al 32%.
«Le imprese – commenta Vincenzo Schiavo, presidente di Confesercenti Campania – sanno che stanno facendo un salto nel vuoto, e che non c’è mercato. In più il reddito pro capite della Regione Campania è molto più povero di quello che abbiamo lasciato prima dell’emergenza: rispetto a 12 mesi fa si è impoverito del 25%. I dati dunque non ci sorprendono, le difficoltà riguardano quasi tutte le categorie tranne le attività che sono rimaste aperte anche nel corso del lockdown e quelle che stanno avendo buone risposte dopo la riapertura. Ci preme però sottolineare l’assoluta crisi della filiera del turismo, degli alberghi, dei grandi ristoranti e del wedding: c’è il concreto rischio di chiusure definitive delle attività se non ci sarà un sostegno ulteriore, nei prossimi mesi, dei governi nazionale e provinciale».



    RINCARO DEI PREZZI NEI DETERSIVI. Nell’analisi del momento Confesercenti lamenta un rincaro importante dei detersivi della casa, in media più costosi del 50-60% rispetto al 2019. Un esempio per tutti: l’alcol da 700ml aveva 12 mesi fa un costo di 1.50/1.80 euro, ora si arriva sino ai 6 euro a bottiglia. E lo stesso dicasi per molti detersivi disinfettanti: 12 mesi fa costavano 1/1.50 euro, adesso 2.70/3 euro. E’ un rincaro altissimo, dovuto alle case produttrici e non ai negozianti.

    RICHIESTA DI FINANZIAMENTO. Un altro capitolo è quello relativo alla richiesta di credito, che è uno dei motivi che sta spingendo una parte delle imprese del commercio a non riaprire ancora, non potendo coprire le varie spese dopo aver contato le perdite. Secondo i dati raccolti da Confesercenti Campania, la richiesta di Finanziamenti nella nostra regione è di 383.000 aperture di pratiche per la somma di 25.000 euro. Il 46% (176.000 attività) ha ricevuto un diniego, il 16% (61.000) ha avuto la conferma del finanziamento e solo la metà di essi ha ricevuto la liquidità. Infine il 38% (circa 146.000 imprese) è ancora in attesa di ricevere l’esito(approvazione o meno della richiesta) dalla Banca.
    In questo senso è allarme rosso per il presidente Vincenzo Schiavo: «E’ un momento, quello attuale, in cui le imprese non producono fatturato, in cui tanti lavoratori non hanno ancora ricevuto la cassa integrazione, in cui c’è solo tanta incertezze. Sapere che su circa 400mila domande di accesso al finanziamento quasi 180mila sono state rifiutate ci terrorizza. Si tratta di imprese che hanno riaperto con la speranza di avere i 25mila euro a fondo perduto. In queste 180mila imprese lavorano circa 700mila persone, il cui posto di lavoro è a rischio. E’ evidente che queste aziende senza il sostegno delle banche o del mercato hanno una sola soluzione: chiudere per sempre. Confesercenti – conclude Schiavo – lancia un altro grido d’allarme: urge trovare una soluzione bis per le imprese che non hanno avuto finanziamenti e per quelle che non hanno nessuna speranza. Alle imprese campane non va negata la speranza e il Governo Nazionale deve farsi carico di questo dramma».




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