Fimmg: “La rivoluzione della sanità territoriale parte dalla Campania”

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Una vera e propria riforma del modello organizzativo della medicina
territoriale, nata dall'esigenza di garantire una maggiore continuità
assistenziale alla popolazione, prende le mosse da tre punti fondamentali
illustrati oggi in conferenza stampa dalla FIMMG a Palazzo Alabardieri: la
nuova organizzazione in Aft (Aggregazioni Funzionali Territoriali) degli
studi dei medici di famiglia, l'implementazione del personale negli studi,
e l'introduzione della diagnostica di primo livello. La prima novità,
l'avvio delle Aft, consiste nel fatto che i medici di famiglia della
faranno parte di vere e proprie reti (una rete ogni 20 medici) che
permetteranno la condivisione delle cartelle cliniche dei pazienti. Questo
si tradurrà nella possibilità di garantire un servizio h12 (dalle 8 alle
20) alla cittadinanza. Un paziente iscritto con un determinato medico,
infatti, nel momento in cui questi abbia terminato l'orario di lavoro,
potrà rivolgersi ad un medico di famiglia facente parte della stessa
aggregazione, il quale conoscerà già la sua situazione clinica grazie alla
messa in rete della sua cartella. “*Questa novità si inserisce nell'ottica
di un progressivo abbandono di una visione ospedalocentrica della sanità –
afferma Pina Tommasielli, referente Assistenza Sanitaria Territoriale della
struttura commissariale Regione Campania – e in favore di una maggiore
attenzione alla territorialità, per far fronte a una nuova esigenza di
salute che riguarda sempre più la terza età e le cronicità. Anche per
questo motivo, abbiamo chiesto di essere collegati anche con i medici di
guardia medica, per coprire un range orario di assistenza più elevato
possibile”.

La seconda novità, cruciale per l'ottimizzazione delle cure territoriali,
riguarda l'implementazione del personale negli studi medici. Ogni medico di
famiglia, infatti, si avvarrà di un collaboratore amministrativo di studio,
mentre tre/quattro infermieri saranno in servizio a rotazione per ogni
aggregazione. “Oggi, su 4mila medici di famiglia presenti in Campania,
circa la metà ha già un collaboratore di studio. Si tratterà quindi di
arruolarne altri duemila entro i prossimi tre anni – dichiara Tommasielli –
con vantaggi non indifferenti, quindi, anche dal punto di vista
occupazionale. Per far ciò, la Regione ha investito 3 milioni di euro che
vanno ad aggiungersi ai 7 milioni normalmente destinati al fondo per la
medicina generale”. Tra gli obiettivi di risultato si inseriscono come
centrali le vaccinazioni e l'attività di prevenzione e screening.  “E' una
riorganizzazione che ha tra i fini principali una capillarità funzionale
relativa al territorio di riferimento – precisa Luigi Sparano, segretario
FIMMG – ottimizzando la densità degli studi medici in una
determinata area e permettendo una migliore presa in carico delle
cronicità. La condivisione con gli altri studi della stessa rete e la
presenza dei collaboratori sono fattori essenziali per la riuscita di
questo intento”. “Le aggregazioni di studi medici, così come la presenza di
collaboratori e infermieri, sono già una realtà in parte del nostro
sistema. La novità – dichiara Vincenzo Schiavo – consigliere dell'OMCeO
Napoli – consiste nel portare queste aggregazioni e questa presenza di
personale di supporto a coprire il 100% degli studi medici”.

Terzo e ultimo punto fondamentale, l'introduzione della diagnostica di
primo livello negli studi dei medici di famiglia: dei 235 milioni stanziati
dal Ministero della Salute, 23 milioni di euro saranno a disposizione della
Regione Campania e saranno utilizzati per l'acquisto di
attrezzature, che con tutta probabilità saranno: nevoscopi,
elettrocardiografi digitali, ecografi e holter pressori, oltre agli
spirometri già acquistati. “Questo comporterà – continua Sparano – un
evidente vantaggio in termini di abbattimento delle liste d'attesa sulla
diagnostica, con una grande fruibilità per il cittadino che potrà avvalersi
di questi esami presso lo studio del medico di famiglia in modo
completamente gratuito. Si tratta di esami diagnostici che, è bene
sottolineare, il medico adeguatamente formato con un percorso ad hoc,
effettuerà su pazienti già inseriti in un PDTA, ad esempio la spirometria
su pazienti respiratori”.Area degli allegati


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