‘Sei il mio Ghost’ la commovente lettera della moglie del consigliere comunale ucciso dalla camorra

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Castellammare di Stabia. “Oggi avremmo festeggiato 26 di matrimonio”. Rompe il silenzio Libera, la moglie di Gino Tommasino, il consigliere comunale del Pd ucciso dal clan D’Alessandro nel febbraio del 2008. Lo fa attraverso il profilo Facebook del marito che ha sempre mantenuto vivo, attraverso la condivisioni di post e frasi. Ieri la donna ha scritto una lettera sulle note di Adagio, melodia scritta dal compositore Settecentesco Johann Sebastian Bach. “Ciao marito mio.
Ricordi era stata suonata il giorno del nostro matrimonio, la scegliemmo invece dell’Ave Maria. Ricordi, eravamo due ragazzi che si amavano giurandosi eterno amore. La mia mente, è un flash back, invasa di ricordi di quel giorno ,così reali ,anche se oggi avremmo festeggiato 26 di matrimonio”. E’ ancora vivo in Libera il ricordo del marito. In pochi minuti la lettera riceve decine di likes sui social e non manca qualche commento “I grandi amori non finiscono mai” così come scrive Antonella. “Ricordo ogni particolare, i preparativi, tu, che un paio di giorni prima volevi comprarti un altro abito, a me che non arrivavano le scarpe, e tanti altri episodi.
Oggi non ci sei !Sei il mio ghost perché una mano assassina ti ha portato via. Non so come saremmo stati oggi, se ci saremo sopportati. Non so immagino. Anche se non ci sei fisicamente, la mia mente é invasa di te, e nei miei sogni viviamo quella realtà che ci è stata negata. Sicuramente, se tu oggi fossi qui, mi rimproveresti di tante cose, lo so, ma la vita da quel giorno mi ha forgiata e tra silenzi e pianti, nel bene e nel male cerco di affrontare tutto da sola”. L’omicidio del consigliere PD Tommasino fu uno choc per la città, una tragedia non superata dalla famiglia che, nonostante tutto, ha provato ad andare avanti. La moglie Libera, infatti, ha mantenuto l’attività in centro che conduceva assieme al marito. “Quella che tu hai lasciato 10 anni fa ,non c’è più. Quel giorno che ci rincontreremo ,fa sì che mi riconoscerai e mi chiamerai come tuo solito Liberina”.

Per quell’omicidio sono stati condannati  a 30 anni di carcere il killer pentito Renato Cavaliere e l’altro  sicario Catello Romano (unico non collaboratore di giustizia dei quattro componenti del commando di morte). Mentre gli altri due pentiti Salvatore Belviso e Raffaele Polito, dovranno scontare rispettivamente 18 e 12 anni di reclusione. Anche se sono stati condannati i killer non c’è ancora un movente certo e i mandanti certi. Eppure nelle motivazioni della sentenza di secondo grado i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Napoli  (presidente Elvi Capecelatro) avevano scritto: “L’ok per uccidere Gino Tommasino arrivò direttamente dal boss Enzo D’Alessandro e che l’omicidio del consigliere comunale Luigi Tommasino  “è maturato all’interno del clan D’Alessandro”. Ma anche che “la richiesta di uccidere Tommasino era stata presa su sollecitazione di Sergio Mosca”: Ma ne il boss Enzo D’Alessandro ne Mosca (suocero di Pasqualino D’Alessandro) hanno ricevuto condanne per l’omicidio Tommasino. Che rimane ancora senza un movente e un mandante certo.


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