Lòngola, l’apertura del parco fluviale è durata un solo giorno per la mancanza di volontari

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La inaugurazione del Sito archeofluviale di Lòngola a Poggiomarino, svoltasi con successo inaspettato nei giorni scorsi, ha visto confluire circa mille visitatori nei primi due giorni di sua apertura al pubblico. I Social del WEB hanno fatto il loro ruolo di moltiplicatori della notizia, ma anche il Comune ha fatto la propria parte. Ora tocca a noi tirare un primissimo bilancio e domandarci se Longola vale una visita. Il SI’ lo scriviamo da subito a lettere maiuscole e ora proviamo a raccontare perchè. Lòngola è ubicata verso i confini sudorientali estremi di Terra di Lavoro, e la campagna dell’agro sarnese che la ospita è solcata sia dalla linea ferrata rapida realizzata a monte del Vesuvio che dall’autostrada Caserta-Salerno. In quell’area geografica si confrontano ad ampio raggio i confini settentrionali del Principato Citra e con quelli meridionali del Principato Ultra. Confini definiti tra tante contese e battaglie svoltesi lungo le sponde ripide e franose del fiume Sarno. Un confine geografico naturale è la via d’acqua fluviale, tutto sommato modesta.
Essa però è stata anche una frontiera di culture. A sciabolate, semplificando, direi : quella bizantina si arresta sulla sua destra idraulica che guarda Napoli e quella longobarda nasce sulla sua sinistra, quella che guarda Salerno. Si sa peraltro che il Sarno, lungo appena poco più di diciassette chilometri, bagna ben tre Provincie, nascendo in quella d’Avellino, sviluppandosi in quella di Salerno, sfociando a mare in quella di Napoli. Così, il fiume primatista mondiale assoluto di inquinamento si porta appresso, lungo il suo breve percorso, tutti problemi irrisolti, perché legati a questo suo “interprovincialismo”, ereditato come segno tangibile di una storia intensa e complicata di confini, culture e popoli. Per arrivare a Longola, provenendo dalla conurbazione napoletana, usciamo al casello di Sarno, dopo esserci lasciati alle spalle, sulla destra, il corrusco e terragno profilo del Monte Somma, l’antica caldera vulcanica vesuviana.
Dalle sue viscere si generò il più famoso cono vulcanico del mondo, il Vesuvio, in una apocalittica notte del 79 dopo Cristo, in cui si spensero le vite delle città romane di Ercolano e Pompei.
L’autostrada come una lama tagliente e diritta attraversa in quel tratto una ferace e grassa campagna, già famosa per la produzione del pomodoro San Marzano, il quale sembra di nuovo far capolino sui banchi di mercati e supermercati, dopo qualche anno vissuto da desaparecido per le borse della spesa, mentre noi ci eravamo ormai tutti rassegnati a comprare “ciliegine” rosso-fuoco e senza-sapore oppure pomodoroni corrugati e gonfi, ahinoi!… di fertilizzanti.
Sulla sinistra si scorgono le aree ancora brulle dei canaloni sui monti che fanno da corona a Sarno. Sono le tracce, visibili ancora oggi, della grande tragedia della frana sarnese, le cui immagini, in una sera piovosa della primavera del 1998, ci piombarono in casa attraverso gli schermi del televisore. Quelle immagini ci fecero sobbalzare dalla poltrona, quasi a cercar riparo di fronte all’impeto, violento e inarrestabile, della liquida massa scura staccatasi dalla montagna e tumultuosamente precipitata a valle. Ma non è Sarno la nostra meta, sebbene Sarno meriterebbe una sosta, non solo perché è la patria di uno dei cavalieri della disfida di Barletta, Mariano ABIGNENTE, il quale fu uno dei dodici di Ettore FIERAMOSCA, nella cosiddetta “Disfida di Barletta” ed è immortalato nella sua corazza di bronzo davanti al bel Municipio sarnese. Sarno la meriterebbe davvero una visita, soprattutto per i tesori che nasconde, ritrosa e riservata, tra i suoi palazzi e le sue vecchie strade; nei suoi quartieri e nei borghi storici scampati alla scriteriata speculazione edilizia degli anni ’60 e ’70 del “Boom economico” di un’altra Italia, ancora alle prese con la ricostruzione postbellica e speranzosa nel futuro.La nostra meta vera però è Poggiomarino, anzi la campagna di Poggiomarino e, più precisamente, la località agreste di Lòngola,.
A un paio di chilometri dall’agglomerato abitato di Poggiomarino, senza una precisa “facies” urbana, fatta di case spalmate su una piatta campagna nel cuore dell’agro sarnese.Il tempo di pensarci e si arriva al Sito Archeofluviale di Lòngola, che presenta un parco notevolmente esteso, in riva a un Sarno ancora incredibilmente pulito. Il Sito è godibile, da soli o in gruppi e senza problemi di parcheggio.Una volta in zona, sappiate soltanto che la escursione, potrebbe concludersi positivamente di fronte ad un piatto consolatorio di anguille fritte o di fumanti maccheroni al ragù di capra, in uno dei ristoranti della zona.
Fatevi guidare …dal naso. (1 continua)

Federico L.I. Federico


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