Agguato di Barra: in stato di fermo 4 rampolli del clan Aprea

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Sono in stato fi fermo con l’accusa di tentato omicidio e detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo, aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose quattro rampolli del clan Aprea di Barra.

Nelle prime ore del 21 aprile, i Carabinieri del Comando Provinciale di Napoli hanno eseguito un fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 4 soggetti gravemente indiziati dei reati di tentato omicidio, detenzione e porto illegale di armi comuni da sparo, aggravati dal metodo e dalle finalità mafiose.

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Dietro le sbarre, incastrati dalle immagini di alcune telecamere della zona, sono così finiti Luigi Aprea, detto “Gennaro ’o lione”, (figlio del boss Ciro, 29 anni; Vincenzo Aprea, 24 anni; Giovanni Aprea, 23 anni; e Fabio Falco, 30 anni. L’inchiesta, dei Carabinieri del Comando Provinciale di Napoli e sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Napoli – Direzione Distrettuale Antimafia, ha consentito inoltre di individuare il vero obiettivo dell’agguato: il pregiudicato Salvatore Borriello.

    Il provvedimento è stato emesso all’esito di una intensa e rapida attività di indagine, svolta dal Nucleo Investigativo e dalla Compagnia di Napoli Poggioreale, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, che ha permesso di raccogliere gravi indizi di reità nei confronti degli indagati, ritenuti affiliati al clan “Aprea”, in relazione ad un’azione di fuoco commessa nel quartiere “Barra” nel corso della quale è stata ferita una donna completamente estranea ai fatti. Federica Mignone, infatti, colpita alla gamba sinistra da una pallottola vagante, era con il suo fidanzato, Renato Iannacone, e si trovavano all’incrocio tra via Serino e corso Bruno Buozzi.

    L’agguato si inserisce nell’ambito del conflitto armato per la gestione ed il controllo delle attività illecite nell’area orientale cittadina da parte del clan “Aprea”, facente parte -unitamente ai clan De Luca Bossa, Minichini-Schisa-Casella e Rinaldi- del cartello mafioso denominato “Alleanza di Secondigliano” guidato dalle famiglie camorristiche dei Licciardi, Contìini-Bosti e Mallardo.

    L’azione, commessa in pieno giorno, tra la folla e a volto scoperto, appare, infatti, finalizzata a fornire all’esterno la dimostrazione della forza militare del clan Aprea in modo da garantire il controllo del territorio attraverso la repressione immediata e plateale di ogni condotta che possa metterne in discussione il potere.
    Gli indagati, nel tentativo di colpire la vittima designata che si era data alla fuga, hanno volontariamente esploso, ad altezza uomo, numerosi colpi d’arma da fuoco alla presenza di numerose persone presenti in quel momento per strada e hanno attinto la donna che passeggiava con il compagno.
    Le attività investigative sviluppate nel tempo hanno dimostrato come il clan Aprea, insediato nella storica roccaforte di Corso Sirena, sia assolutamente operativo e dotato di una consistente disponibilità di armi – come emerge anche da recenti sequestri- che ne conferma la pericolosità, rafforzata, come detto, dall’alleanza con le altre potenti famiglie di camorra.
    A seguito del fermo di indiziato di delitto il GIP ha disposto la misura cautelare in carcere nei confronti dei 4 soggetti.



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