Caserta, da vittime a collusi con il sistema camorra: i Diana facevano ‘affari’ con i Casalesi

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Caserta. C’è anche il figlio di Domenico Noviello, l’imprenditore uccido dai Casalesi nel 2008, tra i dipendenti degli imprenditori Diana, arrestati oggi in quanto ritenuti vicini al clan dei Casalesi. Massimiliano Noviello è figlio della vittima innocente dell’ala stragista dei Casalesi guidata da Giuseppe Setola perché aveva denunciato e fatto arrestare gli estorsori della camorra. Non solo, tra i dipendenti dei Diana figura anche il carabiniere che arrestò il sanguinario killer della fazione Bidognetti. Entrambi sono del tutto estranei all’inchiesta. L’arresto di Armando Diana e dei nipoti Nicola e Antonio, rappresenta un vero e proprio fulmine a ciel sereno per le associazioni antimafia. Per gli inquirenti i tre imprenditori avrebbero stretto già dagli anni ’90 un patto criminale con i Casalesi, in particolare con il gruppo del boss Michele Zagaria, originario di Casapesenna come i Diana. Armando, Antonio e Nicola Diana, zio e nipoti, che sono stati arrestati per concorso esterno in associazione di stampo mafioso su mandato del gip di Napoli. Fratello e figli di Mario Diana, ucciso a Casapesenna 30 anni fa dai Casalesi, avevano fondato anche una onlus che organizzava eventi di sensibilizzazione e promozione della legalità e destinava borse di studio ai ragazzi disagiati. Per la procura di Napoli, che ha raccolto decine di dichiarazioni di collaboratori di giustizia ex affiliati dei Casalesi e in particolare della fazione di Michele Zagaria, sin dagli anni Novanta avevano interessi economici insieme a Vincenzo Zagaria, padre di Michele, la ‘primula rossa’ che per oltre un ventennio e’ stato al vertice della cosca fino alla sua cattura. Fu proprio Vincenzo a intervenire presso un’asta fallimentare a Bologna, per permettere l’acquisto di un terreno sul quale il clan aveva interessi e che si trovava a Gricignano d’Aversa. Anche se c’erano altre imprenditori interessati, all’asta si presentarono solo i Diana che in quell’occasione, come ricordano i pentiti, andarono insieme a Dario De Simone, boss dei Casalesi, ora pentito. Dicevano di essere vittime del sistema, ma invece la Procura ha provato a dimostrare che erano loro stessi collusi con il sistema, portando alla luce uno scenario di compiacenza e contiguità che sarebbe andato avanti sin dagli anni ’90. Agli imprenditori sono stati anche sequestrati beni.
Fino ad oggi, dunque, i Diana erano considerati imprenditori anti-clan; peraltro Antonio Diana è cognato del collaboratore di giustizia Michele Barone, ex fedelissimo del boss Michele Zagaria, ma neanche questa vicinanza aveva mai scalfito il ruolo di veri e propri testimonial della legalità; più volte i Diana, soprattutto Antonio, hanno denunciato l’illegalità diffusa nel Casertano e l’ingerenza della camorra nell’imprenditoria. Nel 2010 Legambiente nominò Antonio Diana ambientalista dell’anno. Una posizione rilevante sul piano socio-economico e culturale che l’indagine della Dda di Napoli (coordinata dal procuratore aggiunto Luigi Frunzio e dai sostituti Alessandro D’Alessio e Maurizio Giordano) ora mette in discussione. Il patto con la camorra avrebbe permesso ai Diana di godere di una protezione e di una tranquillità operativa tali da permettere loro di raggiungere una posizione imprenditoriale privilegiata; in cambio il clan avrebbe ottenuto dai Diana prestazioni di servizi e utilità, quali il cambio di assegni e la consegna sistematica di cospicue somme di denaro, necessarie ad alimentare le casse dell’organizzazione di Zagaria. Per gli inquirenti i Diana versavano somme al clan, non tangenti ma corrispettivo per i servigi resi. Come quando, proprio grazie all’intervento del clan, riuscirono ad evitare una richiesta di pizzo proveniente dalla famiglia camorristica Russo. Contestualmente alla notifica delle ordinanza, gli investigatori della Squadra Mobile hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo di tutte le società, tuttora attive, riconducibili ai Diana, dislocate nell’agro aversano, nel capoluogo Caserta e nelle città di Napoli e Milano.



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