Camorra, Cantone in aula: ‘Anche grazie a Landolfi è stato smantellato il clan La Torre’

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“Nel 2002, quando il boss di Mondragone Augusto La Torre era gia’ in cella ma non aveva ancora deciso di collaborare, Mario Landolfi (allora deputato di An) mi contatto’ per parlarmi del tentativo di estorsione subito da un imprenditore ad opera di un uomo di La Torre. Su mio consiglio l’imprenditore denuncio’ il suo estorsore ai carabinieri, che lo arrestarono e da allora inizio’ il declino del clan”. Affermazioni rilevanti quelle rilasciate al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere  dal presidente dell’Anac Raffaele Cantone, sentito come testimone al processo che vede imputato l’ex ministro delle Telecomunicazioni ed ex deputato di An e Pdl Mario Landolfi, accusato di corruzione e truffa con l’aggravante mafiosa; questi oggi, in aula, ha annunciato la sua rinuncia alla prescrizione per i vari capi di imputazione. Il presidente dell’Anac, citato dalla difesa di Landolfi, riferisce di circostanze relative al periodo – dal 1999 al 2007 – in cui era pm della Dda di Napoli e si occupava dei clan casertani, dai Casalesi ai La Torre di Mondragone, quest’ultimo “clan molto ‘attenzionato'” dice il presidente dell’ Anticorruzione. L’ex pm dice di aver incontrato piu’ volte Landolfi, originario di Mondragone, nel periodo in cui si occupava di La Torre, di averlo anche sentito in relazione sempre alla situazione della cittadina casertana, e racconta l’episodio che porto’ all’arresto nel 2002 di Michele Persechino, camorrista che per conto di La Torre raccoglieva sul territorio le estorsioni fatte agli imprenditori. Cantone conferma, su domanda di Michele Sarno, difensore dell’imputato, che “fu Landolfi a segnalarmi la vicenda del titolare di un caseificio di Mondragone cui Persechino aveva chiesto la tangente. Consigliai di denunciare tutto indicando i carabinieri cui l’imprenditore doveva rivolgersi; questi lo fece e dopo arrestammo l’estorsore, che e’ stato anche condannato. Inizio’ cosi’ il declino del clan La Torre, anche perche’ Persechino si pentì”.



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