Soldi in nero per pagare il boss che ospitò Gomorra, la rivelazione choc al processo

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Torre Annunziata. “Ufficialmente dalle casse della Cattleya non sono uscite somme di denaro se non quelle rendicontate. Ma non posso escludere che possano essere stati creati fondi neri, attraverso fatture gonfiate, con i quali siano stati pagati quei camorristi”.
E’ una testimonianza chiave quella di Giovanni Stabilini, amministratore delegato della casa cinematografica che gira la serie tv Gomorra, al processo che si sta celebrando al Tribunale di Torre Annunziata contro i due ex manager di Cattleya accusati di favoreggiamento personale.
Sotto accusa ci sono Gianluca Arcopinto, organizzatore generale della prima serie di Gomorra, e il location manager Gennaro Aquino, colui che indicò alla Cattleya la villa del vero di boss di camorra Francesco Gallo, alias ‘o pisiello per ambientare “casa Savastano”. Il boss che si trova da alcuni anni al regime di 41bis è stato condannato  per estorsione ai danni della Cattleya a sei anni di carcere mentre il padre Raf­faele è stato condannato a 5 anni e 8 mesi di carcere, 5anni e 4 mesi per la madre Annunziata De Simone.
La famiglia Gallo impose a “Cattleya”, la società produttrice del­la nota serie televisiva, il pagamento di un importo maggiore rispetto a quello pattuito (30 mila euro con regolare contratto).
Stabilini nel corso dell’udienza di ieri ha anche spiegato:”Se l’avessi saputo, avrei detto di andare via subito. Alla fine della vicenda  ci siamo un po’ guardati in ufficio e facemmo una battuta. Era impossibile che una casa di quel genere potesse essere di un notaio o di una persona comune”.
Nell’udienza è intervenuto anche Riccardo Tozzi, responsabile artistico della Cattleya: “Quando il proprietario della casa fu arrestato (il 4 aprile 2013, ndr), le riprese non erano ancora iniziate, ma avevamo già fatto dei lavori. Avevo visto la villa in fotografia e dal punto di vista artistico corrispondeva a ciò che cercavamo.
Quell’arresto era un problema, solo perché rischiava di saltare l’ambiente ideale, approvato anche dal regista Stefano Sollima, uno molto esigente. Ma con i nostri legali sapemmo che c’era la possibilità di girare le scene, pagando l’affitto all’amministratore giudiziario. Quindi era tutto ok”.
Poi è stata la volta di Maurizio Tini, produttore cinematografico che ha lavorato per alcuni mesi alla prima produzione, prima di lasciare a settembre 2013. “Avevamo avuto molte difficoltà a trovare il set giusto è la versione di Tini- ha spiegato- perché a Napoli nessuno ci voleva. Ci serviva una casa pacchiana, sfarzosa e di cattivo gusto, e alla fine la trovammo a Torre Annunziata.
Sono stato nella villa durante le riprese e, vi assicuro, veramente era quella che cercavamo. Quando Arcopinto mi disse dell’arresto di Gallo, rischiavamo di dover trovare una nuova location in due giorni. Invece, trovammo la soluzione con i nostri legali e iniziarono le riprese”.

 

 

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