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Pannarano, decapitò il fratello e gettò la testa dal balcone : "Chiedo perdono ai miei familiari"

Il racconto in aula di Benito Miarelli: "Un colpo alla testa da un barista e poi non ho capito più nulla". Ma il perito designato dalla Procura attribuisce il delitto al delirium da alcolismo cronico. La difesa chiede una nuova consulenza.
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Benevento– “Chiedo perdono a tutti per quello che ho fatto, a Dio, al Vangelo, ai miei familiari e ai miei amici”. Con queste parole, cariche di un pathos improvviso, Benito Miarelli, 58enne di Pannarano (Benevento, ha rotto il silenzio in un’aula della Corte d’Assise, pochi attimi prima di fare ingresso nella gabbia degli imputati.

Di fronte a lui, la gravità dell’accusa: l'omicidio e la decapitazione del proprio fratello, un delitto efferato consumatosi nel luglio dello scorso anno che ha sconvolto la piccola comunità sannita.

La sua richiesta di perdono, tuttavia, è stata immediatamente seguita da una giustificazione che ha riacceso i riflettori sulle dinamiche processuali. Miarelli ha sostenuto, infatti, di essere stato “colpito al capo da un barista con una leva della macchina del caffè e dopo non ho più capito nulla”.

Una versione dei fatti che si scontra platealmente con le conclusioni della perizia psichiatrica disposta dalla Procura.

Ad essere ascoltato dal collegio giudicante, presieduto dal giudice Simonetta Rotili, con il giudice a latere Graziamaria Monaco e i giurati popolari, è stato infatti il medico perito Alfonso Tramontano.

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Il suo responso, richiesto dal pubblico ministero Marilia Capitanio, è stato netto e ha confermato la piena capacità di intendere e di volere dell’imputato al momento del fatto.

Il perito Tramontano, durante il suo esame incrociato con il PM e con il difensore di Miarelli, l’avvocato Nicola Covino, ha dipinto il profilo di un uomo in balia di un alcolismo cronico e devastante, radicato dal 2002.

Secondo la relazione peritale, non un episodio di violenza esterna, ma le allucinazioni e uno stato di delirio acuto – condizioni tipiche di chi vive nell’eccesso alcolistico – sono stati i veri propulsori del gesto omicida. Il perito ha sottolineato di aver voluto sottoporre Miarelli a più colloqui, proprio per verificarne le condizioni in assenza di alcol, giungendo alla diagnosi di una psicosi organica indotta da alcol.

 Il suo difensore chiede una nuova perizia psichiatrica

Di fronte a questo quadro, la difesa ha tentato l’ultima carta. Al termine della deposizione, l’avvocato Covino ha formalmente chiesto che il suo assistito venga sottoposto a una nuova perizia psichiatrica, probabilmente per confutare le conclusioni del consulente d’ufficio. La Corte d’Assise non si è pronunciata in merito, riservando la decisione per la prossima udienza, fissata al 25 novembre.

Il processo prosegue così sul filo di un dilemma giudiziario e umano: da un lato le scuse di un uomo che invoca una momentanea tenebra mentale, dall’altro il freddo verdetto scientifico che lo riconosce come pienamente consapevole delle sue azioni. Il 25 novembre si deciderà se quella richiesta di perdono dovrà essere valutata alla luce di una nuova consulenza, o se il giudizio dovrà basarsi sull’unica perizia finora acquisita agli atti.

RIPRODUZIONE RISERVATA Articolo pubblicato il 30 Ottobre 2025 - 11:03 - Rosaria Federico

Commenti (1)

Il caso di Benito Miarelli sembra essere molto complesso e le sue parole di perdono sono significative ma anche confuse. La questione dell’alcolismo è un fattore importante che merita attenzione, ma non si può giustificare un omicidio in questo modo.

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