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Omicidio di Piersanti Mattarella, ex prefetto ai domiciliari per depistaggi

Per la Procura di Palermo avrebbe mentito sul guanto trovato nella Fiat 127 dei killer. “Indagini inquinate da pezzi delle istituzioni”. Spunta anche il nome di Bruno Contrada.
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Un guanto scomparso quarantacinque anni fa, un reperto mai repertato e una verità ancora offuscata. La Direzione Investigativa Antimafia ha notificato gli arresti domiciliari a Filippo Piritore, ex funzionario della Squadra Mobile di Palermo ed ex prefetto, indagato per depistaggio nelle indagini sull’omicidio di Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana assassinato il 6 gennaio 1980.

Secondo la Procura di Palermo, Piritore avrebbe reso dichiarazioni false e prive di riscontro, contribuendo così a sviare le indagini su un elemento ritenuto decisivo: un guanto in pelle trovato all’interno della Fiat 127 utilizzata dal commando che uccise Mattarella. Quel guanto, mai sequestrato né repertato, sarebbe stato sottratto al compendio probatorio e ne sarebbero state disperse le tracce.

L’ex funzionario, sentito come testimone nel settembre 2024, ha raccontato di aver affidato il guanto all’agente della Scientifica Di Natale, incaricato — secondo la sua versione — di consegnarlo al sostituto procuratore Pietro Grasso, allora titolare delle indagini. Grasso, sempre secondo il racconto di Piritore, avrebbe poi ordinato di restituirlo alla Scientifica, dove sarebbe stato consegnato a un agente di nome Lauricella. Ma quella ricostruzione, affermano i pm, “è priva di logica e smentita da ogni riscontro”, anche perché nella Scientifica di Palermo, all’epoca, nessun Lauricella lavorava.

Le indagini della Dda hanno raccolto le testimonianze di Grasso e dello stesso Di Natale, che hanno entrambi smentito la versione di Piritore.

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“Non ho mai ricevuto il guanto né alcuna notizia in merito”, ha dichiarato l’ex magistrato. “Ritengo anomala la consegna diretta a uno di noi”, ha aggiunto l’agente della Scientifica, spiegando di non avere mai gestito reperti di quel tipo.

Per i magistrati palermitani, la sparizione del guanto segnò un punto di non ritorno: “Le indagini sull’omicidio di Piersanti Mattarella furono gravemente inquinate e compromesse da appartenenti alle istituzioni che, con il chiaro fine di impedire l’identificazione dei responsabili, sottrassero dal compendio probatorio un importantissimo reperto”.

Nel fascicolo degli inquirenti compare anche il nome di Bruno Contrada, l’allora numero due del Sisde, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa. La sua figura emerge nei passaggi che riguardano la gestione del reperto e i contatti istituzionali dell’epoca.

Secondo l’accusa, Piritore — consegnatario del guanto fin dal momento del ritrovamento — avrebbe indotto la Scientifica a consegnarglielo, sottraendolo al regolare repertamento. “Il sistema adottato generò una stasi investigativa a causa della quale il guanto venne definitivamente dimenticato”, scrivono i pm.

Un tassello cruciale di una delle pagine più oscure della storia italiana, che torna oggi al centro dell’attenzione giudiziaria per mano di chi, secondo l’accusa, avrebbe dovuto invece garantirne la trasparenza.

Articolo pubblicato il 24 Ottobre 2025 - 14:40 - A. Carlino

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