Un team internazionale di ricercatori, guidato dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e in collaborazione con l’Università di Roma Tre e l’Université de Genève, ha condotto uno studio approfondito per comprendere meglio l’attività del vulcano Campi Flegrei.
Dal 2007, il fenomeno del bradisismo ha visto un aumento dell’attività sismica, della deformazione del suolo e dell’emissione di gas. L’obiettivo principale dello studio è stato quello di determinare se tali fenomeni siano dovuti al movimento o all’accumulo di magma in profondità e tracciarne l’evoluzione nel tempo.
I risultati della ricerca, pubblicati nell’articolo “Tracking the 2007-2023 magma-driven unrest at Campi Flegrei caldera (Italy)” sulla rivista Nature – Communications of Earth and Environment, forniscono nuove informazioni sulla dinamica e lo stato attuale del vulcano, situato in un’area densamente popolata a ovest di Napoli.
Lo studio suggerisce che il vulcano sta subendo un accumulo di magma a profondità relativamente superficiali. Utilizzando tecniche come la geodesia, le simulazioni numeriche e la petrologia, i ricercatori hanno mappato il movimento del magma tra il 2007 e il 2023.
È emerso che l’ascesa del magma a meno di 8 chilometri di profondità è il principale motore dell’attività vulcanica in corso, che ha causato un sollevamento del suolo di circa 1,3 metri nel Rione Terra di Pozzuoli dal 2006 a oggi.
L’analisi ha rivelato che la fonte della deformazione si sta avvicinando alla superficie, passando da circa 6 km a circa 4 km di profondità.
Questa risalita di magma e gas magmatici non solo contribuisce al sollevamento del suolo, ma anche all’aumento dell’attività sismica e dell’emissione di gas, soprattutto nell’area della Solfatara, una delle principali manifestazioni vulcaniche della caldera.
Nonostante al momento non vi siano segnali di un’eruzione imminente, gli esperti avvertono che il continuo accumulo di magma e l’aumento della pressione nel sottosuolo rappresentano un rischio da monitorare attentamente.
Elisa Trasatti, ricercatrice dell’Osservatorio Nazionale Terremoti dell’INGV e coordinatrice del gruppo di ricerca, sottolinea l’importanza di un monitoraggio costante del vulcano, situato in una delle aree più densamente popolate d’Europa.
Trasatti evidenzia anche i progressi tecnologici nella rete di monitoraggio delle deformazioni del suolo, che utilizza dati GNSS e satellitari per ricostruire i movimenti del suolo e sviluppare modelli avanzati.
Mauro Antonio Di Vito, direttore dell’Osservatorio Vesuviano dell’INGV e coautore dello studio, aggiunge che sebbene non si possa affermare con certezza la presenza di magma a circa 4 km di profondità, lo studio conferma che il magma proveniente dagli 8 km di profondità è il principale motore dell’attività attuale dei Campi Flegrei.
Valerio Acocella, professore all’Università Roma Tre e coautore dello studio, sottolinea l’importanza della collaborazione internazionale e dell’approccio multidisciplinare per affrontare problemi complessi come quello dei Campi Flegrei.
Gli scienziati concludono che, sebbene l’attività vulcanica prosegua, non ci sono attualmente motivi per ritenere che la situazione stia cambiando in modo critico. Il vulcano continua ad essere monitorato da una rete multiparametrica per rilevare eventuali sviluppi e garantire una pronta risposta in collaborazione con la Protezione Civile.