Processo violenze in carcere, un testo: “Mi picchiavano e mi chiamavano scimmia”

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Proseguono le testimonianze al maxi-processo in corso a Santa Maria Capua Vetere per le violenze avvenute nel carcere il 6 aprile 2020. Le vittime, quasi 200 detenuti all’epoca dei fatti, raccontano in aula le umiliazioni e i pestaggi subiti dagli agenti della Polizia Penitenziaria.

105 imputati tra agenti, funzionari del Dap e medici dell’Asl di Caserta sono accusati di tortura, maltrattamenti e lesioni personali.

Le testimonianze descrivono un clima di terrore all’interno del carcere, con i detenuti picchiati, insultati e costretti a subire umiliazioni. Come il 33enne ghanese Seth Owusu, che racconta di aver “abbuscato tanto” (essere stato picchiato in dialetto, ndr) e di essere stato più volte insultato con l’appellativo “scimmia” dagli agenti che lo pestavano.

Nonostante la gravità delle accuse, le testimonianze non sempre trovano riscontro nelle prove. Spesso i ricordi dei detenuti sono confusi o imprecisi a causa del tempo trascorso e del trauma subito.

Le immagini delle telecamere di sorveglianza non coprono tutte le aree del carcere e in alcuni casi non sono sufficientemente nitide per identificare gli agenti.
I casi di mancato riconoscimento:

    In diverse udienze, le testimonianze dei detenuti sono state smentite dai video o dai riconoscimenti fotografici.

    Ad esempio, un detenuto ha affermato di essere stato picchiato da un agente in un reparto del carcere dove le telecamere non erano presenti. I video, però, lo hanno mostrato in un altro reparto in quel momento.

    Un altro detenuto ha riconosciuto un agente come uno di quelli che lo ha picchiato, ma il video ha mostrato che l’agente in questione non era presente nel luogo del pestaggio.

    Alcune testimonianze sono state contraddittorie anche all’interno dello stesso racconto.
    Ad esempio, un detenuto ha affermato di essere stato picchiato da un agente con un casco, ma in seguito ha dichiarato di non ricordare se l’agente indossasse un casco o meno.

    Alcune associazioni che tutelano i diritti dei detenuti hanno criticato il lavoro della difesa, accusando gli avvocati di utilizzare stratagemmi per screditare le testimonianze delle vittime.

    In particolare, è stata contestata la pratica di mostrare ai testimoni foto degli agenti che potrebbero averli picchiati, in modo da influenzarli nel loro riconoscimento.
    Il processo prosegue:

    Il maxi-processo è ancora in corso e si prevede che le testimonianze continueranno per diverse settimane. Sarà compito della Corte valutare le prove e le testimonianze e stabilire la colpevolezza o l’innocenza degli imputati.



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