foto archivio
Forse non se lo aspettavano, o forse sì. Certamente è straordinaria la solidarietà esplosa attorno alle famiglie dei 39 disabili gravi che il Distretto di Nocera vorrebbe spostare in RSA togliendoli al centro specializzato in cui ora sono curati.
Ricordiamo brevemente i fatti. All’improvviso nei giorni scorsi il distretto, dopo anni in cui non accadeva, ha deciso di avviare il procedimento che, appunto, “deporterebbe” (è il termine usato dalle famiglie) questi 39 malati da dove sono curati ora a strutture come le RSA, che non sono in grado di curarli.
Il che, dicono le famiglie, significherebbe condannarli a peggiorare e ridurrebbe perfino le loro aspettative di vita. Ma il paradosso è che ciò avviene mentre alla Regione si sta discutendo una legge di proposta popolare, su cui c’è ampio consenso, che serve proprio a garantire il diritto alla cura di questi malati.
L’iter per questa legge è in fase avanzata e il prossimo 4 luglio si riunirà alla regione il Tavolo tecnico. “E’ incredibile che mentre alla Regione si approfondisce il discorso sulla legge il distretto di Nocera, come se nulla fosse, va in direzione esattamente opposta. E’ incomprensibile, scandaloso e soprattutto illegittimo”.
A dirlo è Annarita Ruggiero, portavoce del Comitato diritto alla cura a cui le famiglie si sono rivolte trovando subito un impegno totale. Proprio Annarita Ruggiero ieri ha inviato una pec di diffida al Distretto che non lascia spazio a fraintendimenti.
“Nella nostra qualità e nel perseguimento dei nostri fini istituzionali – si legge nella pec – vi invitiamo ad agire secondo legge e specifiche disposizioni normative in materia. Pertanto, vi invitiamo e diffidiamo a non dar corso alle illegittime convocazioni UVI preannunciate, siccome disposte in violazione delle disposizioni legislative e regolamentarie dettate in materia, prima fra tutte la Delibera n. 482/04”. Come a dire “caro distretto non puoi far finta di non sapere”.
Ma il Comitato non è il solo ad essere sceso al fianco delle 39 famiglie. Ci sono amministratori, consiglieri regionali, medici, giuristi, giornali, radio locali. Tutti dalla parte di questi pazienti, di queste famiglie. Insomma, una mobilitazione.
“E’ ciò che volevamo – commenta uno dei familiari dei malati – ma è anche una cosa che ci fa immenso piacere, vuol dire che il senso di umanità non è andato perduto. Questa è una battaglia che non possiamo perdere perché significherebbe perdere i nostri cari. E per cosa poi? Non si capisce”.
Anche il sindacato è sceso in campo. Ieri ha scritto al Questore di Salerno, al DG della ASL (che secondo le famiglie ha dato indicazioni opposte a ciò che sta facendo il distretto), al Direttore Sanitario della Asl e ad altri.
Nella lettera si chiede un approfondimento con la ASL. “Tale confronto – scrivono i sindacati – si rende necessario e, pertanto, si invita e diffida ad attivare ogni azione utile per evitare atti di dubbia legittimità che potrebbero causare gravi danni agli utenti interessati.
Anche alla luce del fatto che, sulla particolare materia avendo la stessa Regione Campania preso atto dell’esistenza di un vulnus sui setting assistenziali riabilitativi per particolari utenti, sta predisponendo tavoli tecnici su input di una proposta di legge di iniziativa popolare, per disporre linee guida per persone con gravi patologie disabilitanti, ritenendoli meritevoli di particolari piani terapeutici da specificatamente individuare” .
Nel chiedere la sospensione di quanto sta facendo il distretto il sindacato mette anche l’accento sul fatto che, se si proseguisse sulla strada scelta dal distretto, sarebbero a rischio i livelli occupazionali, con il licenziamento di un numero di addetti compreso tra un minimo di 29 e un massimo di 49. Un dramma nel dramma.
Il tutto mentre, fra pochi giorni, si riunirà il tavolo tecnico per discutere una legge che non permetterebbe fatti del genere. Ma per le 39 famiglie la data più importante è venerdì prossimo, quando i primi 6 pazienti verranno esaminati al distretto. Loro, le famiglie, saranno lì davanti dalle 9 del mattino a difendere il “diritto alla vita” dei loro cari. E, sembra chiaro, non saranno da sole.
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