A Palazzo Reale, tra autografi leopardiani e papiri ercolanesi

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Con la Biblioteca Statale di Napoli prosegue il racconto delle meraviglie del patrimonio librario italiano che, ogni settimana, accompagna i visitatori in un viaggio virtuale alla scoperta delle 46 biblioteche dello Stato, grazie a una serie di reportage promossi sui canali social del Ministero della Cultura guidato da Dario Franceschini.

Nata alla fine del XVIII secolo nel Palazzo degli Studi, l’attuale Museo Archeologico, viene dichiarata Biblioteca nazionale nel 1860 mentre nel 1927 viene inaugurata la prima sede a Palazzo Reale, nelle ottocentesche sale degli appartamenti usati per le feste.

Oggi conserva un patrimonio di oltre due milioni e mezzo di documenti che spazia dagli autografi di Giacomo Leopardi ai preziosi papiri ercolanesi, dai fondi dedicati al teatro napoletano ai manoscritti riccamente miniati e che la Biblioteca intitolata a Vittorio Emanuele III non solo conserva e tutela, ma mette in rete attraverso un’accurata opera di digitalizzazione.

La sua storia si intreccia con quella dei Farnese che dal ducato di Parma e Piacenza nel 1734 arrivano a Napoli con Carlo di Borbone, figlio di Elisabetta, l’ultima discendente dei Farnese. È a lei che appartiene la raccolta libraria iniziata da un altro Farnese, Alessandro, divenuto poi Papa Paolo III.

Non è solamente una raccolta tipica di una famiglia di collezionisti, ma anche di una personalità di cultura umanistica, quindi di grande contenuto letterario, culturale e scientifico”, spiega nel video la direttrice della Biblioteca nazionale, Maria Iannotti.

    Il tesoro dei Farnese è ricchissimo di manoscritti. Come La Flora, un codice miniato e decorato che deve il suo nome alla straordinaria presenza di fiori e frutti. E’ un’opera d’arte – afferma la direttrice- sia per quanto riguarda la legatura che per quanto riguarda le miniature, veramente preziose”.

    Ma il nostro fiore all’occhiello è la raccolta degli autografi leopardiani. Sono arrivati a noi perché Leopardi muore a Napoli a casa del suo amico Antonio Ranieri che lo accudisce con la sorella Paolina fino agli ultimi momenti della sua vita. E a lui rimangono i manoscritti. Ranieri lascia alla Biblioteca Nazionale sia la raccolta leopardiana che i suoi autografi”, racconta Iannotti.

    Oggi le carte di Leopardi sono state quasi tutte digitalizzate dalla Biblioteca. “E’ il segno della nostra doppia vocazione, fortemente ancorata alla tutela dei testi, ma decisamente spinta verso il futuro, grazie alla rete e alle nuove tecnologie” sottolinea la direttrice.

    Ciò che tuttavia rende unica la Nazionale di Napoli è l’Officina dei papiri ercolanesi. “E’ stata riportata a noi una biblioteca che con l’eruzione del Vesuvio del 79 dopo Cristo si è conservata sotto strati di lapilli e terreno. Il recupero – spiega la Iannotti – avvenne dal 1752 al 1754 e in quell’occasione furono riportati alla luce diversi e numerosi papiri che compongono una biblioteca di filosofia, quasi sicuramente fondata da Filodemo di Gadara, un seguace della Scuola epicurea”.

    Fin dal loro ritrovamento, i papiri ercolanesi sono stati oggetto di studio da parte di esperti di tutto il mondo, che a fasi alterne hanno messo a punto metodi sempre più sicuri per il loro svolgimento.

    I rotoli aperti hanno restituito testi greci di straordinaria importanza, prima tra tutti l’opera cardine di Epicuro ‘Sulla natura’, oltre al corpus delle opere di Filodemo di Gadara, cui si deve la formazione della biblioteca ercolanese.
    Il documentario sulla Biblioteca Statale di Napoli fa parte della serie di reportage promossi dal Ministero della Cultura e disponibili sui canali social istituzionali e sul profilo Instagram @bibliotecheditalia .


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