Clinica Mediterranea, nuovo biomarcatore urinario per l’identificazione di pazienti a rischio

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Clinica Mediterranea, nuovo biomarcatore urinario per l’identificazione di pazienti a rischio

È stato recentemente pubblicato, sulla prestigiosa rivista americana Journal of the American College of Cardiology, uno studio su un nuovo biomarcatore urinario, la proteina dickkopf-3(DKK3), in grado di predire il danno renale acuto e la disfunzione renale persistente in questa categoria di pazienti a rischio. A firmarlo, il gruppo della Cardiologia Interventistica della Clinica Mediterranea di Napoli, guidato dal Dott. Carlo Briguori, insieme al gruppo di ricerca della Prof. Gerolama Condorelli del Dipartimento di Medicina Molecolare e Biotecnologie Mediche (DMMBM) dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, con le sue collaboratrici la Dott. Giuseppina Roscigno e la Dott. Cristina Quintavalle (IEOS-CNR).

La proteina DKK3 è una glicoproteina prodotta dal rene e lo studio ha avuto come obiettivo la valutazione dei livelli urinari del marcatore DKK3 nei pazienti prima di sottoporsi a coronarografia e/o angioplastica coronarica.

Lo studio, condotto dal dott. Briguori su 458 pazienti con insufficienza renale cronica, ha indicato che i valori urinari della proteina DKK3, prima della somministrazione del mezzo di contrasto iodato, rappresentano un marker affidabile perl’identificazione dei pazienti che, se sottoposti a procedure coronariche invasive, hanno un maggiore rischio di svilupparedanno renale acuto e la disfunzione renale persistente.



    L’identificazione di questo biomarcatore, dosabile prima dell’esposizione al mezzo di contrasto iodato potrà aiutare ad individuare i pazienti a rischio di questa complicanza. Infatti, altri biomarcatori come la cistatina C sierica, la lipocalina-2 (NGAL) sierica e urinaria aumentano solo dopo l’esposizione al mezzo di contrasto iodato e, quindi, non sono predittivi.

    Il dosaggio della proteina DKK3 nelle urine potrà quindi permettere ai pazienti più fragili di sottoporsi ad intervento di coronarografia e/o angioplastica coronarica con maggiore sicurezza.

    Tornando alla pubblicazione, l’editore della rivista JACC, il prof. Valentin Fuster, ha commentato l’articolo, come uno studio affascinante e di grande impatto, annunciando “una rivoluzione” nel mondo dei biomarcatori del danno renale, paragonandolo a quello che si usa per fare diagnosi di infarto del miocardio nella pratica clinica quotidiana, auspicandosi che nuovi studi possano contribuire all’introduzione della misurazione di DKK3 negli esami di laboratorio di routine nei pazienti a rischio.

    Le malattie cardiovascolari, causa di morte nei paesi occidentali, sono determinate dalla malattia aterosclerotica, che causa la formazione di una placca all’interno delle coronarie (le arterie che irrorano il cuore), ostacolando quindi il flusso del sangue.

    La placca può andare incontro a rottura improvvisa, a cui consegue una completa occlusione della arteria (trombosi acuta), che porta al blocco della circolazione coronarica e quindi all’infarto miocardico acuto.

    Per diagnosticare la presenza delle placche coronariche, l’indagine principale è la coronarografia. Con l’angioplastica coronarica, si può disostruire la coronaria malata posizionando al suo interno un cilindro metallico chiamato “stent”, che consente il ripristino della circolazione coronarica.

    L’unità operativa di Cardiologia Interventistica della Clinica Mediterranea, diretta dal dott. Briguori, fa parte della rete dell’infarto miocardico acuto della Regione Campania e garantisce un’assistenza 365 giorni all’anno, h24 per il trattamento dell’infarto cardiaco. La Clinica si posiziona tra i primi posti in Italia per numero di procedure, infatti, presso la struttura di via Orazio, si eseguono ogni anno circa 1200 angioplastiche coronariche ed il dott. Briguori è tra i top scientist italiani citati dalla rivista PlosBiology per la qualità delle pubblicazioni.

    La coronarografia e l’angioplastica coronaria prevedono l’utilizzo del mezzo di contrasto iodato, un liquido che iniettato nelle coronarie ne permette la visualizzazione. Il mezzo di contrasto iodato, anche se utilizzato in piccole dosi (50-100 ml) può essere rischioso in alcuni pazienti, in particolare in quelli affetti anche da insufficienza renale cronica e diabete mellito. In questi pazienti a volte la somministrazione di mezzo di contrasto iodato può determinare un peggioramento della funzionalità renale fino al richiedere la dialisi. Questa complicazione è molto spesso acuta, cioè si può risolvere nel giro di pochi giorni. Tuttavia, la funzione renale potrebbe essere anche compromessa in maniera persistente.

    Si rende necessario quindi identificare questi pazienti a rischio per mettere in atto tutte le misure correttive al fine di prevenire il danno del rene.


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