Napoli, il tabaccaio ucciso per una mediazione tra i clan non riuscita

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Ucciso perché la sua mediazione è andata a vuoto. O meglio il suo tentativo di “sistemare” le fibrillazioni tra i vari clan di Fuorigrotta e della zona flegrea.

Le indagini sull’omicidio di ieri sera di Antonio Volpe portano in una sola direzione. Gli inquirenti lo ritengono ‘l’eminenza grigio’  della cosca malavitosa Baratto-Bianco-Volpe, detti “i calascioni”. Secondo quanto emerso dalle indagini era cognato di Antonio Bianco, uomo di fiducia di due fratelli ritenuti a capo del gruppo camorristico dei Baratto. I sicari sono entrati in azione a poca distanza dalla tabaccheria gestita dalla vittima: l’uomo era a piedi in strada, i sicari in sella a uno scooter. Sette i colpi esplosi, tre dei quali andati a segno, uno alla testa: chi ha sparato ad Antonio Volpe, ieri sera, poco dopo le 19.30, tra la gente, secondo i carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale, perseguiva sicuramente l’obiettivo di uccidere.

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Per gli investigatori Volpe (nei confronti del quale sono emersi precedenti di poco conto) era una sorta di eminenza grigia del malaffare e la sua morte potrebbe significare che sono in atto fibrillazioni nella zona. Ovviamente non sono escluse altre piste, per esempio vecchi rancori. Secondo quanto si apprende l’uomo avrebbe svolto in piu’ occasioni il ruolo di “mediatore” tra le fazioni in lotta in questa zona della citta’, per accaparrarsi la gestione degli affari illeciti. E il suo omicidio, qualora venisse confermata la matrice malavitosa, peraltro attuata in maniera plateale e nella “sua” zona, significherebbe che qualcosa si e’ rotto negli equilibri criminali di Fuorigrotta, anche perche’, finora, quelle famiglie, non avevano avuto rivali.



    Nel 2005 era gia’ scampato a un altro agguato, anche questo per le modalita’ con cui venne attuato (piu’ di una decina i colpi esplosi), architettato per uccidere. Le vittime vennero attirate in un tranello. In quell’occasione Volpe rimase ferito.


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