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L’allarme dei medici: ‘La seconda ondata di Covid rischia di essere tsunami’

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La seconda ondata del Covid-19 mette in fibrillazione i camici bianchi di tutta Italia. L’ultima metafora utilizzata per i rischi che corriamo è quella dello tsunami.

E rende l’idea dei sentimenti provati da chi è in corsia tutti i giorni, mentre si contano altre due vittime fra i dottori del Pavese con il totale dei caduti per il coronavirus che sale a 186. “La preoccupazione dei medici è che questa seconda ondata non sia una mareggiata, ma uno tsunami che potrebbe travolgere il sistema sanitario. Per questo chiediamo al Governo misure più aggressive”, lancia l’allarme su Facebook il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici chirurghi e odontoiatri, Filippo Anelli. “Il problema oggi – spiega – riguarda la tenuta del sistema sanitario, perché l’occupazione progressiva dei posti da parte di malati Covid riduce via via la possibilità di garantire cure agli altri ammalati. Andando avanti così, la situazione potrebbe sfuggirci di mano”. Ma anche i sindacati dei medici e gli Ordini regionali mettono in guardia. A partire dalla Lombardia. La Fromceo scrive una lettera alla Regione per farsi “portavoce del grave disagio dei medici di famiglia nella nostra regione. Oltre alla carenza di professionisti, la categoria sconta la carenza di personale amministrativo e di infermieri. Il tutto è frutto di anni di disinvestimento nella sanità in generale e nello specifico settore”. “Questa drammatica situazione, già rappresentata più volte alla Regione dalla Fromceo anche negli scorsi mesi, sembra non trovare attenzione – si legge nella missiva – in una realtà in cui l’interesse sembra più focalizzato sulle difese mediatiche che sui contenuti e sulla soluzione dei problemi”. E poi il presidente dell’Ordine dei medici di Milano, Roberto Carlo Rossi, non ci gira intorno: “I dati sono piuttosto allarmanti. Se va avanti così, nel giro di una settimana o poco più, non si sa letteralmente dove mettere le persone”.Anche in Piemonte i camici biachi si fanno sentire. “Oggi ci ritroviamo a vivere una situazione ospedaliera drammatica, quasi fuori controllo”, avverte il segretario dei sindacato Cimo Piemonte, Sebastiano Cavalli, ricoverato sotto osservazione all’ospedale di Verduno. Le strutture sanitarie piemontesi – denuncia – sono al collasso, le terapie intensive sono tornate ad essere intasate e presto occorrerà trovare soluzioni alternative per garantire la sicurezza di pazienti e medici.Ma non finisce qui. Perché in Veneto i nervi sono tesi fra il presidente della Regione, Luca Zaia, e i medici di base sul tema dei tamponi che sono chiamati a fare, come previsto da un accordo firmato la settimana scorsa al ministero della Salute. La Fimmg Treviso parla di “tono arrogante” del governatore. E il diretto interessato va su tutte le furie in conferenza stampa, dopo aver confermato che “la legge prevede sanzioni” per i medici che si rifiuteranno di eseguire il test. “La colpa è dei toni del presidente? Andate a fare i tamponi. Per favore, abbiamo bisogno del vostro aiuto. Non rovesciate la frittata a noi – dice Zaia – perché noi non abbiamo mai cercato polemiche. Per noi i medici di base sono una colonna portante della sanità. Mentre alcuni dibattono, altri sono lì che fanno tamponi per i loro pazienti”. Sono 650 i medici veneti che finora hanno aderito all’appello della Regione.

 


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