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“Tra le 17.00 e le 17.40 C.T., alias il panaro, era impegnato nel disputare la semifinale di un torneo di calcetto nel quartiere di San Carlo all’Arena, all’interno del campetto della chiesa di Santa Maria degli Angeli”. La firma è quella del consulente Carmine Testa, professionista oggi al lavoro per conto della famiglia del ragazzino indagato per il tentato omicidio di Arturo, lo studente circondato e accoltellato dal branco il 18 dicembre scorso in via Foria  a Napoli. Nei suoi confronti è in corso un procedimento amministrativo, con tanto di interventi di assistenti sociali, mentre è di questi giorni un elemento di novità. Difeso dall’avvocato Carla Maruzzelli, il ragazzino nega di aver fatto parte del branco che ha aggredito Arturo. E la sua posizione, come riporta Il Mattino,  viene sostenuta da una consulenza di parte che scava nella trama di contatti intrecciata da C.T. che quel giorno passa buona parte della mattinata e del primo pomeriggio ad organizzare una partita di calcio: “Chi teniamo in porta? Chi mettiamo? Quello la partita se la viene solo a vedere…”. Alla luce dei messaggi facebook e delle conversazioni via whatsapp, l’appuntamento per tutti è alle 16.30: “Ci vediamo alle quattro e mezza oggi in miez a pacella” – una piazzetta in zona San Carlo all’Arena -. Alle 15.50, c’è un vocale in cui C.T. comunica all’amico di calcetto i cambi di squadra.
Seguendo le conversazioni del minore, vengono identificati anche gli altri componenti della squadra, anche dei cambi all’interno del gruppo, che poi sono stati decisi dal “mister”, il più braco tra di loro. Ma ci sono altre conversazioni che attirano l’attenzione del consulente di parte. Alle 16.44 C.T. contatta l’amico Vincenzo, dicendogli di”scendere” dalla propria abitazione, che si “trovano tutti quanti lì”. Continuano le conversazioni via chat, a proposito del chi dovesse giocare il ruolo in porta, fino alla conclusione: “facimm paura”. 
Alle 18.38 del 18 dicembre C.T. riprende la conversazione con l’amico e l’aggressione ai danni di Arturo si è già consumata (tra le 17.20 e le 17.25) quindi, – secondo le conclusioni di parte – C.T. doveva essere impegnato nella partita in parrocchia. Contro il minore, all’epoca dei fatti neanche quattordicenne, la Mobile ha raccolto alcuni elementi ritenuti validi da pm e giudici: contro C.T., le accuse di uno dei minori arrestati, che lo tira esplicitamente in ballo. Ma c’è di più: stando ad alcune intercettazioni, emerge il timore dei presunti aggressori nel parlare di C.T., visto il suo rapporto di parentela con un presunto camorrista del Rione Sanità.


Articolo pubblicato il giorno 18 Settembre 2018 - 10:04

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