“Io devo dare il benservito alla giustizia. Ai giudici, a tutti quanti, io i reati li faccio e non li pago perché altrimenti sono un perdente, mi sento un perdente”.
Massimo Perrone, pregiudicato di Giugliano, si rivolgeva così all’avvocato Anna Savanelli di Parete mentre in auto discutevano di come sistemare le sue pendenze giudiziare. I due non spevano che in quell’auto era stata piazzata una cimice.
Sono stati arrestati ieri insieme Giovanni Romano, compagno della Savanelli, e sostituto commissario di polizia in servizio a di Sessa Aurunca, Andrea Esposito di 62 anni, cancelliere del tribunale di Napoli, già coinvolto nel 2013 nella maxi-inchiesta sui fascicoli insabbiati nel palazzo di giustizia di Napoli e infine l’imprenditore Antonio Caterino di Casal di Principe.
Tutti sono finiti in carcere con l’accusa di corruzione, corruzione giudiziaria e distruzione di atti giudiziari. Ma sono indagati in stato di libertà anche Salvatore Tornincasa e Giovanni Corvino, genero di Caterino.
L’inchiesta della Guardia di Finanza e coordinata dalla procura di Napoli Nord ha scopertchiato il pentolone del malaffare organizzato dall’avvocato, nota alle cronache per aver difeso Walter Lavitola e il suo compagno, il funzionario di polizia Giovanni Romano
. “Più andiamo avanti e più guadagniamo”, si dicevano i due in una intercettazione.Porto d’arma rilasciato dietro il pagamento di tangenti a persone che non ne avrebero avuto diritto, fscicoli fatti sparire – sempre dietro dazione di danaro – dal tribunale di sorvegliaza per evitare la detenzione a soggetti per cui la condanna era passata in giudicato.
C’è tutto questo nell’ordinanza di custodia cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari Barbara Del Pizzo del tribunale di Napoli Nord. Dai settemilacinquecento ai diecimila aeuro: questo era il compenso che avrebbe intascato il cancelliere per consegnare all’avvocato il fascicolo da far sparire.
Dai 2000 euro ai 2.500, invece, era la somma per il sostituto commissario.”La libertà ha un prezzo” aveva detto l’avvovato Savanelli al pregiudicato Massimo Perrone perché si doveva “pagare l’amico”.
Ovvero il cancelliere Esposito del Tribunale di sorveglianza di Napoli. Gli investigatori hanno accertato che Esposito aveva consegnato all’avvocato Savanelli, dopo aver ricevuto la somma pattuita, la richiesta di esecuzione della pena di Massimo Perrone.
Poi, l’avvocato dopo aver fatto uscire il fascicolo dal palazzo di giustizia la portò all’imputato, suo cliente; davanti a una tazzina di caffè al bar Makerè a Giugliano dove si diede fuoco alle carte.
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