La ‘mala scuola’: insegnante di Giugliano costretta a scegliere tra la vita del marito e un incarico a Firenze

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Giugliano. “Non posso voltare le spalle a tutto e andare a Firenze, non c’è una legge che mi tutela nonostante mi abbia affidato la tutela legale di mio marito di cui sono responsabile, mi costringe ad andare via per mantenere il mio lavoro, unica fonte di reddito per la mia famiglia”. A raccontare la sua storia, tragica e amara è Rosetta Pennacchio, insegnante, 48 anni, di Giugliano. Diciotto anni di precariato nella scuola e ora la scelta senza via di uscita: il lavoro a Firenze per sostenere la famiglia o l’assistenza al marito disabile affetto dal morbo di Alzheimer e allettato. Una ‘scelta senza scelta’ quella dell’insegnante di Giugliano, frutto della ‘Buona scuola’ renziana, che da mesi si scontra con la burocrazia senza cuore nella quale i casi come i suoi non sono ‘previsti’. “Mi faccio portavoce di tutte quelle famiglie che vivono nella sofferenza di un lavoro fuori Regione e nella tragicità di avere un familiare gravemente ammalato”.

Rosetta Pennacchio lotta con la malattia del marito che giovanissimo è stato colpito dal morbo dal 2008. Ora ha 59 anni quell’uomo che deve essere curato come un bambino 24 ore su 24.

Superato il concorso Materne-Elementari e Lingue nella scuola primaria, nel 2000, ha lavorato in una scuola privata fino al 2010. Poi, nel 2011 per assicurarsi un posto stabile ha scelto Novara, come destinazione per insegnare. Il profondo nord dove ha portato con sè marito e due figli adolescenti. “Ci siamo rimasti tre anni, poi la situazione di mio marito si è aggravata, dovevo dividermi con i miei figli per assisterlo e uno di loro ha avuto gravi ripercussioni psicologiche, non andava più a scuola. I ragazzi peggioravano e un esperto mi ha consigliato di ritornare. Sono rientrata a Napoli”. A quel punto tra la scelta di sostenere la famiglia e il bisogno crescente di assistenza del marito, Rosetta Pennacchio ha scelto la strada di pensare alla famiglia anche perchè come un cane che si morde la coda se lei non lavora, non avendo altri redditi, non potrebbe sostenere il coniuge nell’assistenza e nelle cure. E come un gioco dell’oca ha scelto una città più vicina alla sua Napoli per fare quattro lavori insieme: l’insegnante, la mamma, la moglie e l’infermiera. “Nel 2014 ho fatto domanda a Firenze perchè a Napoli non si trova lavoro – dice Rosetta Pennacchio – ho ottenuto l’incarico annuale e sono stata costretta a chiedere un congedo per gravi motivi familiari. Nel 2015 l’assegnazione a Firenze è diventata di ruolo e per un anno, quello di prova, ho insegnato a Sesto Fiorentino, spendendo il mio stipendio in viaggi tornando a casa ogni volta che potevo per assistere mio marito ormai allettato”. Un calvario per l’insegnante che nel 2016 ha ottenuto un’assegnazione provvisoria a Giugliano, nella sua città, come insegnante di sostegno ed ha potuto organizzarsi con i figli per assistere il marito. Quest’anno invece, è costretta a ritornare a Firenze, altrimenti perderà il suo posto di lavoro e l’unica fonte di reddito per la sua famiglia. “Ho interpellato avvocati, ho chiesto al provveditorato, ma di un’altra assegnazione provvisoria vicino casa non se ne parla – racconta disperata -. Eppure a Napoli le assegnazioni provvisorie ci sono. Ironia della sorta possono sfruttare questa possibilità per un ricongiungimento familiare i coniugi di rappresentanti delle forze dell’ordine e non persone come me che hanno gravi situazioni familiari con un disabile in famiglia”. La burocrazia del dolore per Rosetta Pennacchio incastrata nella necessità di dover assistere una persona ormai non più autosufficiente e bisognosa di assistenza continua e mantenere il proprio lavoro. Una scelta senza scelta che la sta distruggendo fisicamente e psicologicamente. “Rivolgermi alla stampa per far conoscere il mio caso è stato penoso, siamo persone riservate ma non so più cosa fare. Devo tutelare oltre mio marito anche i miei figli, due adolescenti che mi aiutano nell’assistenza al papà ma che non hanno più una vita sociale”. Rosetta Pennacchio parla di un sistema nel quale il caso come i suoi non sono contemplati: “C’è una falla nel sistema: sono l’unico sostegno della famiglia e non mi posso permettere di lavorare a Firenze. Anche quest’anno c sono posti vacanti nella scuola vicino casa dove ho lavorato fino a qualche mese fa. Ma il Ministro Fedeli non vuole cedere i posti di assegnazione provvisoria a chi ha un problema come me”.



    Raccontare la sua storia per Rosetta Pennacchio è come ‘un’ultima spiaggia’ perchè anche i suoi figli hanno diritto a una vita normale, all’affetto di una madre che deve lottare ogni giorno con una malattia degenerativa, quella del marito, che non lascia scampo. Un mare incurabile che non è previsto dalla ‘Buona scuola’.

    Rosaria Federico

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