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Prato, "caccia all'uomo": arrestato imprenditore napoletano per tentato omicidio

Prato,– Prima la perlustrazione in auto per le vie del centro, poi l’agguato alle spalle e infine un accanimento spietato. È finita con l'arresto e il trasferimento nel carcere della Dogaia la fuga dalle responsabilità di un imprenditore 50enne, titolare di alcuni locali pubblici, accusato di aver quasi ucciso un uomo la sera del 26 ottobre scorso.

L'agguato e la caccia all'uomo

Secondo la ricostruzione della Procura di Prato, guidata dal procuratore Luca Tescaroli, il 50enne (originario di Napoli ma residente a Quarrata) avrebbe organizzato una vera e propria spedizione punitiva. Ad accompagnarlo in auto nella ricerca della vittima c’era anche la sua compagna.

L'intercettazione del bersaglio è avvenuta in via Rolando Pagli: qui il 46enne è stato sorpreso alle spalle, abbattuto con dei pugni e poi preso a calci in testa mentre giaceva inerme sull'asfalto. Solo l'intervento di una donna vicina alla vittima ha evitato che il pestaggio finisse in tragedia immediata.

Un dettaglio agghiacciante emerge dalle indagini dei Carabinieri: la vittima, poco prima dell'aggressione, aveva assunto stupefacenti nei bagni dell' "Hop and Drop", locale riconducibile proprio all'arrestato. Una circostanza che lo avrebbe reso totalmente incapace di reagire o difendersi dalla furia del suo aggressore.

Le condizioni del 46enne restano drammatiche. Dopo un periodo di coma profondo e la necessità di intubazione per gravi lesioni al collo, l'uomo è attualmente ricoverato con una diagnosi di tetraparesi flaccida e danni permanenti alle connessioni nervose cerebrali. Un quadro clinico che i periti definiscono come conseguenza di un "pericolo di vita concreto e perdurante".

Le indagini e i depistaggi

A incastrare l'imprenditore sono stati i filmati della videosorveglianza cittadina, le intercettazioni telefoniche e, soprattutto, gli accertamenti tecnici del Nucleo Investigativo su indumenti e calzature, che avrebbero confermato la partecipazione diretta al pestaggio.

Inizialmente, l'indagato avrebbe tentato di fornire una versione dei fatti alternativa, giudicata però del tutto inattendibile dagli inquirenti. Nei guai è finita anche la compagna dell'uomo: per lei è scattata la denuncia per false dichiarazioni al pubblico ministero.

Agguato a Secondigliano: ferito Francesco Muscariello

Napoli – Un proiettile allo stomaco, una corsa disperata nella notte e un corpo abbandonato sull'asfalto, a pochi metri dalla salvezza. Si tinge di giallo l'agguato consumatosi nelle scorse ore a ridosso del centro storico, dove il confine tra la vita e la morte è stato tracciato da una singola ogiva.

La vittima è Francesco Muscariello, 40enne originario del rione di Marianella, volto già noto negli archivi delle forze dell'ordine per un curriculum criminale che spazia dai reati contro il patrimonio allo spaccio di stupefacenti.

L’allarme è scattato intorno alle due di notte, quando i medici del pronto soccorso dell’Ospedale Cardarelli hanno attivato il codice rosso per una ferita d’arma da fuoco all’addome. Muscariello non è arrivato a bordo di un’ambulanza del 118: secondo le prime ricostruzioni, sarebbe stato letteralmente "scaricato" nei pressi del presidio ospedaliero da un veicolo che si è poi dileguato nel buio, facendo perdere le proprie tracce in una manciata di secondi.

Le condizioni del 40enne sono apparse subito critiche. Ricoverato in prognosi riservata, è stato stabilizzato dai sanitari e, fortunatamente, non sarebbe in pericolo di vita. Nonostante il quadro clinico delicato, gli agenti del Commissariato Arenella, a cui sono affidate le indagini, hanno tentato un primo interrogatorio a caldo direttamente nel letto d'ospedale. Il risultato, però, è stato un muro di gomma.

Muscariello ha dichiarato di non ricordare nulla della dinamica, giustificando l'amnesia con lo shock subito. Una reticenza che, nel gergo della mala, spesso suggerisce la volontà di non collaborare o il timore di ritorsioni.

Gli investigatori si trovano ora a dover ricomporre un puzzle complesso. Non è chiaro dove sia avvenuto l’agguato, né quanti fossero i sicari che hanno aperto il fuoco. La pista privilegiata dagli inquirenti porta dritta agli ambienti dello spaccio di droga, ipotizzando un regolamento di conti o uno "sgarro" punito col sangue.

Fondamentali saranno le prossime ore: la Polizia sta acquisendo i filmati delle telecamere di videosorveglianza installate sia nella zona del Cardarelli — per identificare l'auto che ha trasportato il ferito — sia nei possibili luoghi dell'agguato, per cercare di dare un volto e un nome a chi ha premuto il grilletto.

Pomigliano, pizzo da 15mila euro nel nome del clan: 2 arresti

Pomigliano – La morsa del racket si era stretta attorno a una vittima locale con una ferocia degna delle peggiori cronache criminali. Due persone sono finite in carcere all'alba di oggi, raggiunte da un'ordinanza di custodia cautelare eseguita dai Carabinieri della Stazione di Pomigliano d’Arco. L'accusa è pesante: tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.

L'escalation di violenza

L'inchiesta, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Napoli, ha portato alla luce un mese di terrore. Nel febbraio 2025, gli indagati avrebbero preso di mira la vittima con una strategia precisa:

La richiesta: 15.000 euro in contanti

La forza intimidatrice: Per piegare la resistenza del bersaglio, i due avrebbero esplicitamente evocato il controllo dei clan camorristici egemoni sul territorio.

L'assedio: Le minacce e gli atti violenti non si sono limitati a incontri casuali, ma sono proseguiti con blitz presso l'abitazione e il luogo di lavoro della vittima, spesso davanti a testimoni, per massimizzare il potere di intimidazione.

Il provvedimento

Il GIP del Tribunale di Napoli, su richiesta della Procura Distrettuale, ha disposto la massima misura cautelare per frenare la pericolosità delle condotte. Gli indagati sono stati trasferiti in penitenziario, mentre le indagini proseguono per cristallizzare il quadro probatorio.

 

Truffe agli anziani, la regia della coppia D'Errico-Mascitelli: lo zio e la zia

Napoli – C’era una coppia al vertice dell’organizzazione, una struttura collaudata, quasi industriale, capace di colpire anziani in tutta Italia con la tecnica ormai tristemente nota del “finto carabiniere”.

È questo lo scenario che emerge dalla complessa inchiesta coordinata dalla Procura di Napoli, scaturita da una denuncia presentata ai carabinieri di Genova, che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di 23 persone, tra cui otto donne, di età compresa tra i 22 e i 43 anni, oltre a un minorenne.

Per 21 di loro sono scattate misure cautelari. Tutti devono rispondere, a vario titolo, di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di truffe aggravate, in particolare ai danni di persone anziane, scelte proprio per la loro condizione di maggiore fragilità e ridotta capacità di difesa. Secondo gli inquirenti, il gruppo avrebbe agito con l’ausilio di almeno altre dieci persone non ancora identificate, mettendo a segno un numero imprecisato di colpi.

Al centro dell’indagine, firmata dal gip di Napoli Federica Colucci, le figure di Alessandro D’Errico, 36 anni, detto “lo zio”, e Antonietta Mascitelli, 40 anni, soprannominata “la zia”. Per gli investigatori erano i promotori e organizzatori della banda, con base operativa a Napoli.

I due non sono volti nuovi alle forze dell’ordine: erano già stati arrestati nel luglio scorso insieme ad altre 21 persone per una serie di truffe agli anziani messe a segno tra Genova e il Nord Italia nel giugno precedente. Per quel filone la Procura di Genova ha già disposto il processo immediato.

D’Errico e Mascitelli, ricostruiscono gli inquirenti, erano i veri punti di riferimento del sodalizio: impartivano ordini, assegnavano i ruoli, anticipavano il denaro necessario per le trasferte e curavano la logistica. In particolare si occupavano di reperire utenze telefoniche intestate fittiziamente a cittadini extracomunitari, utilizzate sia per contattare le vittime sia per mantenere i contatti con i cosiddetti “trasfertisti”, attraverso un sistema definito a circuito chiuso per evitare intercettazioni esterne.

L’organizzazione disponeva anche di locali adibiti a veri e propri call center clandestini, spesso ricavati all’interno di bed and breakfast, dove ogni giorno lavoravano stabilmente tre o quattro telefonisti. Il loro compito era quello di effettuare il maggior numero possibile di chiamate: fino a 500 contatti al giorno, in zone del Paese scelte di volta in volta dai promotori. I numeri venivano pescati dai vecchi elenchi telefonici cartacei, quelli della linea fissa, dove la probabilità di trovare persone anziane era più alta.

Il copione era sempre lo stesso. Una voce si presentava come appartenente alle forze dell’ordine: «Buongiorno, sono il maresciallo dei carabinieri». Poi la notizia shock: un incidente stradale, il figlio o la figlia coinvolti, due pedoni investiti, uno in gravi condizioni, l’arresto imminente e il rischio di due o quattro anni di carcere. In sottofondo, come emerge da un audio diffuso dagli inquirenti, si sentono voci sovrapposte, presunti familiari che piangono e chiedono aiuto, in un crescendo studiato per mandare in panico la vittima e impedirle di contattare parenti o persone di fiducia.

Una vera e propria violenza psicologica, esercitata con rapidità e insistenza, che spesso si concludeva con la consegna di denaro, gioielli e beni di valore, poi immessi nel mercato clandestino. Un sistema spietato, costruito per colpire chi aveva meno strumenti per difendersi. Ora, per quella rete, si stringe il cerchio della giustizia.

Rapina all’Eurospin di via Arzano–Grumo: caccia ai banditi

E' caccia ai banditi che nella tarda mattinata di oggi hanno messo a segno una rapina ai danni del supermercato Eurospin situato lungo l’asse viario Arzano–Grumo. Il colpo è avvenuto durante l’orario di pranzo, quando all’interno dell’esercizio commerciale erano presenti diversi clienti.

Secondo una prima ricostruzione, ad agire sarebbero stati tre individui, armati e con il volto travisato. I rapinatori, dopo aver fatto irruzione nel punto vendita, avrebbero puntato le armi contro i dipendenti, costringendoli ad aprire le casse e a consegnare il denaro contante.

Attimi di forte tensione e paura tra i presenti, rimasti sotto choc per l’accaduto.
Conclusa l’azione, i tre si sono dileguati rapidamente. Non si esclude che all’esterno li attendesse un complice a bordo di un’autovettura, lasciata con il motore acceso per facilitare la fuga.

Sul posto sono intervenuti i carabinieri della Tenenza di Arzano, che hanno immediatamente avviato le indagini. Non. è stato ancora quantificato l'esatto importo del bottino.

I militari hanno acquisito le immagini del sistema di videosorveglianza interno del supermercato, oltre a quelle delle telecamere pubbliche e private presenti nella zona, nel tentativo di ricostruire l’esatta dinamica della rapina e individuare il percorso di fuga dei responsabili.

Sono state inoltre raccolte sommarie informazioni da parte di clienti e dipendenti presenti al momento del colpo. Le indagini proseguono.

 P.B.

Agropoli, sei arresti per spaccio di droga: documentate cessioni anche a minorenni

Un traffico di droga che non si fermava davanti all’età degli acquirenti e che aveva trasformato lo spaccio in un’attività quotidiana e sistematica. È questo il quadro emerso dall’operazione condotta questa mattina dai carabinieri della Compagnia di Agropoli, in provincia di Salerno, che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di sei persone.

Il provvedimento è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vallo della Lucania, su richiesta della Procura della Repubblica, che ha ravvisato gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, gli arrestati avrebbero detenuto e ceduto, anche in concorso tra loro, sostanze stupefacenti del tipo hashish, marijuana e cocaina, rifornendo una platea di consumatori che includeva anche minorenni.

Le misure cautelari disposte sono differenziate e tengono conto delle singole posizioni: due persone sono state sottoposte agli arresti domiciliari, due all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e due al divieto di dimora nel Comune di Agropoli. Una scelta che riflette il diverso ruolo attribuito a ciascun indagato nell’organizzazione e nella gestione dello spaccio.

Le indagini, condotte sotto il coordinamento della Procura di Vallo della Lucania, hanno documentato più episodi di cessione di droga e hanno consentito in diverse occasioni il sequestro di sostanze stupefacenti destinate allo spaccio. Un’attività investigativa che ha fatto emergere un mercato attivo e radicato sul territorio, capace di intercettare anche giovanissimi clienti.

L’aspetto più allarmante dell’inchiesta resta proprio la vendita di droga a minori, elemento che ha aggravato il quadro accusatorio e che riporta al centro dell’attenzione il tema della diffusione degli stupefacenti tra i giovani. Un fenomeno che, secondo gli investigatori, richiede non solo repressione ma anche una risposta più ampia sul piano sociale e preventivo.

Curve di San Siro tra affari, violenza e mafia: nelle motivazioni il sistema criminale dietro il tifo

Le curve di San Siro non erano soltanto luoghi di tifo acceso e identità calcistica, ma veri e propri centri di potere economico e criminale. È il quadro durissimo che emerge dalle motivazioni della sentenza depositate dalla giudice per l’udienza preliminare di Milano, Rossana Mongiardo, dopo il maxi blitz “Doppia Curva” del settembre 2024. Un sistema strutturato, violento e redditizio, capace di generare oltre 100mila euro all’anno solo nella Curva Sud milanista e di intrecciarsi, sul fronte interista, con una protezione di matrice mafiosa riconducibile alla ’ndrangheta.

Affari, violenza e un patto tra curve

Nelle circa trecento pagine di motivazioni viene ricostruita una realtà nella quale la Curva Sud del Milan agiva come un’organizzazione autonoma, fondata su intimidazioni e violenze, senza condividere la gestione degli affari con altri gruppi. Un controllo ferreo che garantiva incassi costanti provenienti dal bagarinaggio dei biglietti, dal merchandising e dalla gestione dei parcheggi attorno allo stadio. Dall’altra parte, la Curva Nord dell’Inter viene descritta come un contesto funzionale agli affari illeciti, protetto da un rapporto di tipo mafioso con il clan Bellocco, con l’aggravante dell’associazione mafiosa pienamente riconosciuta. In questo quadro si inserisce anche il patto di non belligeranza tra le due tifoserie, pensato per evitare conflitti e massimizzare i profitti.

Il 17 giugno scorso la giudice ha inflitto pene complessive per quasi 90 anni di carcere a 16 imputati, accogliendo integralmente l’impianto accusatorio dei pm della Direzione distrettuale antimafia di Milano, Paolo Storari e Sara Ombra. Sono state riconosciute tutte le contestazioni, dall’omicidio del 2024 di Antonio Bellocco, rampollo dell’omonima cosca, fino alle associazioni per delinquere che governavano gli affari delle curve.

I capi ultras, la mafia e la sudditanza dei club

Le condanne più pesanti, dieci anni ciascuno, sono state inflitte ai capi delle tifoserie organizzate: Andrea Beretta per l’Inter e Luca Lucci per il Milan. Beretta, oggi collaboratore di giustizia, è stato riconosciuto come il vertice dell’associazione aggravata dal metodo mafioso e autore dell’omicidio Bellocco, beneficiando di attenuanti per il contributo decisivo alle indagini, che hanno svelato anche il delitto di Vittorio Boiocchi nel 2022. Diverso il profilo di Lucci, descritto come figura dominante e spietata, capace di esercitare potere attraverso la violenza e i legami economici, senza però offrire elementi utili all’accertamento della verità.

Le motivazioni sottolineano infine la posizione di sudditanza in cui si sono trovate le società calcistiche, in particolare l’Inter, che avrebbe finito per agevolare gli ultras pur di garantire l’ordine allo stadio. Una dinamica che ha spinto la Procura di Milano ad avviare procedimenti di prevenzione nei confronti dei club, oggi impegnati a recidere i rapporti con le frange più estreme del tifo. Sullo sfondo resta l’allarme più grave: l’ingresso strutturato della ’ndrangheta nel mondo delle curve, trasformate in un terreno di conquista dove il calcio diventa solo una copertura per affari, intimidazioni e potere mafioso.

Trasnova, la vertenza arriva in Consiglio comunale a Pomigliano: istituzioni chiamate al confronto

La vertenza Trasnova esce dai tavoli tecnici e approda nelle sedi della politica locale. Domani il Consiglio comunale di Pomigliano d’Arco dedicherà una seduta pubblica monotematica alla crisi che coinvolge la società di logistica impegnata negli stabilimenti italiani di Stellantis e quasi trecento lavoratori che, fino a poche settimane fa, rischiavano il licenziamento a fine dicembre.

Alla discussione sono stati invitati i sindacati, la Regione Campania e la Prefettura di Napoli, in un tentativo di allargare il confronto e di dare un segnale istituzionale forte in una fase ancora fragile e interlocutoria della vertenza. Al centro del dibattito c’è il destino di 288 addetti e di un’azienda con sede a Cassino, la cui continuità è strettamente legata alle scelte del colosso automobilistico.

Un primo spiraglio si è aperto lo scorso 4 dicembre al tavolo convocato al Ministero delle Imprese e del Made in Italy. In quella sede Stellantis ha comunicato la disponibilità a una proroga di quattro mesi del contratto commerciale con Trasnova, una soluzione tampone che consente di scongiurare nell’immediato i licenziamenti e di garantire respiro nel breve periodo. Una boccata d’ossigeno che, però, non scioglie i nodi strutturali e rimanda il problema a inizio 2025.

Il Ministero ha ribadito l’obiettivo della massima tutela occupazionale e la volontà di proseguire il confronto con tutte le parti coinvolte, consapevole che una proroga non può diventare l’unica risposta a una crisi che riguarda il sistema della logistica e il rapporto tra grandi committenti e aziende dell’indotto. Per questo una nuova riunione al Mimit è già fissata per il 4 febbraio, data che i lavoratori guardano come a un passaggio decisivo.

Nel frattempo Pomigliano d’Arco sceglie di non restare spettatrice. Portare la vertenza in Consiglio comunale significa riconoscere che la questione Trasnova non è solo una disputa contrattuale, ma un tema che tocca il tessuto sociale e produttivo del territorio. Dietro i numeri ci sono persone, famiglie e un futuro che, al momento, resta sospeso tra proroghe temporanee e promesse di confronto.

Ancora sangue sul lavoro a Napoli: camionista trovato senza vita durante operazioni di carico

Un altro morto sul lavoro, un altro corpo trovato in un luogo che dovrebbe essere sinonimo di attività e non di fine improvvisa. È accaduto oggi, intorno alle 12, in via Gianturco 100, nella zona orientale di Napoli, dove i carabinieri della Compagnia di Poggioreale sono intervenuti dopo una segnalazione giunta al numero di emergenza 112.

All’interno di un’area adibita a cantiere e deposito container è stato rinvenuto il cadavere di un uomo. Secondo le prime informazioni, la vittima sarebbe deceduta durante le operazioni di carico di un container sul proprio camion. Una dinamica che resta tutta da chiarire e sulla quale sono ora concentrate le indagini delle forze dell’ordine, impegnate a ricostruire quanto accaduto e a verificare eventuali responsabilità.

La vittima è Giacomo Burtone, 48 anni, nato a Cercola il 21 aprile 1976. Il suo corpo giaceva nell’area operativa del cantiere. Gli accertamenti sono in corso e al momento non viene esclusa alcuna ipotesi. I carabinieri stanno raccogliendo elementi utili, ascoltando eventuali testimoni e verificando il rispetto delle norme di sicurezza.

La Napoli barocca: capolavori artistici fuori dai percorsi turistici

Quando si pensa a Napoli molti evocano il caos dei vicoli, la pizza, il mare e quel fascino spontaneo che solo una città vissuta sa avere. Ma sotto questa superficie pulsante si estende un patrimonio artistico spesso ignorato, una vera e propria “cattedrale segreta” fatta di chiese, palazzi e cappelle dove il Barocco Napoletano dà il meglio di sé. Sono i “tesori nascosti”, angoli poco noti, fuori dai tradizionali circuiti turistici, che raccontano la grandezza e la complessità culturale di una città-capolavoro. In questo articolo proponiamo un viaggio in tre tappe, per riscoprire parte di quel patrimonio che merita più visibilità.

Il Barocco discreto: chiese poco conosciute ma ricche di arte

Tra le chiese spesso ignorate dalle guide turistiche, ma fondamentali per comprendere il gusto sontuoso del Barocco Napoletano, vale la pena segnalare alcune per la loro qualità artistica e storica:

  • Santa Maria in Portico: situata nella zona di Riviera di Chiaia, questa chiesa tardo-barocca unisce una facciata scenografica, realizzata da Arcangelo Guglielmelli, con interni decorati da stucchi barocchi e affreschi di Giovanni Battista Benaschi. Tra le opere conservate, un’“Annunciazione” di Fabrizio Santafede e un’Assunzione di Paolo de Matteis.
  • Santi Filippo e Giacomo: nascosta tra le viuzze del centro storico, questa chiesa venne ricostruita in stile barocco nel 1758. La sua facciata concavo-convessa richiama la lezione di Borromini; all’interno, statue, stucchi e affreschi di qualità ne fanno un piccolo gioiello sacrale.
  • Sant'Anna a Capuana: poco distante da Porta Capuana, questa chiesa settecentesca presenta interni eleganti e decorazioni barocche. L’altare sopraelevato, le tele nelle cappelle laterali, e l’organo settecentesco contribuiscono a farne un luogo perfetto per chi cerca un’esperienza spirituale ed estetica lontana dai flussi turistici.
  • Santa Maria della Colonna: deconsecrata e meno frequentata rispetto alle grandi chiese, questa costruzione del XVII-XVIII secolo custodisce un interno a pianta a croce greca, cupola e decorazioni in stile barocco. Non sempre aperta, ma ristrutturata recentemente grazie a fondi pubblici e dunque, quando possibile,meritevole di visita.

Questi luoghi, pur non essendo tra i “classici” delle guide, incarnano pienamente lo spirito teatrale e decorativo del Barocco Napoletano: marmi, stucchi, colori, luce e devozione si uniscono in ambienti raccolti e intensi, creando esperienze estetiche intime e profonde.

Palazzi, chiostri e architetture civili: la città oltre le chiese

Il Barocco Napoletano non si esaurisce nelle chiese: molte delle sue meraviglie si trovano in palazzi nobiliari, chiostri, complessi civili, spesso trascurati, ma ricchi di fascino e storia.

  • Palazzo dello Spagnolo: situato nel rione Sanità, è un esempio emblematico di architettura barocca civile, con scale scenografiche, facciate ornamentali e un’impronta teatrale. È un segnale di come il barocco non fosse solo religione e devozione, ma anche potere, eleganza e prestigio sociale.
  • Palazzo dell'Immacolatella: sul lungomare di Napoli, un tempo sede di una stazione di quarantena, oggi quasi dimenticato. La sua architettura tardo-barocca e la posizione sul mare lo rendono un esempio interessante di come il barocco si interfacciasse anche con la vita portuale, la salute pubblica e l’urbanistica.
  • I chiostri e complessi monastici, spesso poco valorizzati turisticamente, nascondono cortili, maioliche, porticati e decorazioni che meritano di essere riscoperti, segno di un Barocco che sapeva vivere anche nella quotidianità e nella contemplazione laica o religiosa.

Ripercorrere questi luoghi significa guardare Napoli non solo come palcoscenico urbano, ma come città di mecenati, artisti, ordini religiosi e famiglie nobiliari che hanno contribuito a definire il volto e l’anima della città.

Quando il barocco diventa “tesoro nascosto”: valorizzazione e riscoperta

Spesso, la grande ricchezza del patrimonio barocco di Napoli resta celata agli occhi dei visitatori: chiese chiuse, edifici deconsecrati, palazzi invisibili dal mare di turisti attratti dai “must” della città. Eppure, alcune realtà, poco note, ma di grande valore, stanno emergendo grazie a progetti culturali e iniziative di valorizzazione.

Un esempio è Chiesa dei S.S. Apostoli, che custodisce l’“Altare Filomarino”, un alzato barocco di grande interesse, con stucchi e affreschi settecenteschi, un pezzo di Barocco Napoletano da riscoprire.
Un altro luogo spesso ignorato è Castel Capuano: oltre alla propria storia secolare, ospita interni con testimonianze artistiche, come la cosiddetta “Sala dei Busti”, che racconta la storia dei giuristi napoletani.

Riscoprire questi “tesori nascosti” non significa solo ammirare bellezza, ma contribuire alla conservazione e valorizzazione di un’eredità culturale che rischia di essere dimenticata. Significa rendere giustizia alla complessità storica e artistica di una città unica, una città che, sotto il sole e la frenesia quotidiana, conserva la memoria di secoli di creatività, fede e ambizione.

 

L’Ercole di Civita Giuliana torna a casa: ricomposto un affresco trafugato anni fa

C’è qualcosa di profondamente narrativo, quasi da romanzo investigativo, nella vicenda dell’Ercole ritrovato di Civita Giuliana. Un frammento strappato al suo contesto, disperso oltre oceano e infine ricondotto al luogo cui appartiene, restituendo non solo un’immagine ma una storia intera. È il tassello di un affresco che raffigura Ercole bambino mentre strozza i serpenti, trafugato anni fa da uno degli ambienti di culto della villa suburbana a nord di Pompei e oggi finalmente rientrato nel patrimonio pubblico.

Il frammento proviene da una lunetta affrescata collocata nella parte alta della parete di fondo di un ambiente rituale, un sacello quasi completamente devastato dall’azione dei tombaroli. Le caratteristiche stilistiche e materiali hanno consentito di riconoscerne senza dubbi la provenienza, ma il suo percorso è stato lungo e opaco. Finito in una collezione privata negli Stati Uniti, il reperto è stato intercettato nel quadro di un procedimento penale avviato dalla Procura della Repubblica di Roma. Nel 2023, grazie alla collaborazione tra il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale e le autorità statunitensi, l’opera è stata assegnata al Parco Archeologico di Pompei.

Il ritorno dell’Ercole di Civita Giuliana si inserisce in una strategia più ampia avviata dal 2017, che vede il Parco e la Procura di Torre Annunziata lavorare fianco a fianco per contrastare il saccheggio sistematico della villa romana. Una cooperazione formalizzata da un protocollo d’intesa e rinnovata nel tempo, che ha permesso non solo di portare alla luce scoperte straordinarie, ma anche di fermare un’attività criminale che per anni ha sottratto reperti e, cosa ancor più grave, ha distrutto dati scientifici irrecuperabili.

Proprio gli scavi condotti tra il 2023 e il 2024 hanno consentito di identificare l’ambiente da cui proviene l’affresco: un vano rettangolare con funzione rituale, dotato di un basamento quadrangolare probabilmente destinato a una statua e decorato originariamente con pannelli figurati. Dodici di questi pannelli e la lunetta superiore erano stati staccati illegalmente. Il frammento di Ercole, ora recuperato, si colloca con coerenza all’interno di questo programma iconografico. L’episodio rappresentato non appartiene alle canoniche dodici fatiche, ma le anticipa simbolicamente. Ercole in fasce che vince i serpenti, sotto lo sguardo di Zeus evocato dall’aquila sul globo e di Anfitrione, diventa così il presagio delle imprese future, posto in alto come segno inaugurale di un ciclo eroico.

All’atto della restituzione non era ancora possibile stabilire con certezza la collocazione originaria dell’affresco. È stato il lavoro incrociato dei funzionari del Parco, impegnati nello scavo extraurbano, insieme all’analisi di documentazione investigativa e di dati emersi dalle indagini giudiziarie, a permettere l’identificazione definitiva del sacello di Civita Giuliana come luogo di provenienza. Un risultato che rafforza il valore scientifico dell’operazione e restituisce all’opera il suo contesto narrativo.

La restituzione dell’Ercole rientra inoltre in un’operazione internazionale più ampia che ha consentito il rientro in Italia di 129 reperti, nell’ambito del protocollo tra il District Attorney della Contea di New York e il Governo italiano. Un’azione che dimostra come il contrasto al traffico illecito di beni culturali non sia solo una questione di recupero materiale, ma di giustizia storica.

Come sottolinea il direttore del Parco Archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel, un reperto archeologico vale soprattutto per ciò che racconta e per il legame inscindibile con il luogo in cui è stato trovato. Quando questo legame viene spezzato, l’oggetto perde gran parte del suo significato e diventa un frammento muto. Rubare un reperto, ricorda il direttore, significa sottrarre conoscenza alla collettività e cancellare una parte della storia dell’umanità.

Sulla stessa linea il procuratore di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso, che definisce il recupero dell’affresco l’ennesima prova dell’efficacia di una collaborazione capace di interrompere anni di saccheggio e di restituire alla fruizione pubblica testimonianze di valore eccezionale. Un’azione che non si ferma qui, perché le indagini proseguiranno per rintracciare gli altri affreschi sottratti dal sacello.

Nel frattempo il frammento con Ercole bambino sarà esposto a partire da metà gennaio all’Antiquarium di Boscoreale, in una sala già dedicata ai rinvenimenti di Civita Giuliana. Un ritorno che non è solo un rientro fisico, ma una ricomposizione di senso, contro chi aveva provato a spezzarlo.

San Sebastiano al Vesuvio, controlli notturni dei Carabinieri: tre denunciati per arnesi da scasso

Controlli serrati nella notte tra Cercola, San Sebastiano al Vesuvio e Volla, dove i Carabinieri della Tenenza di Cercola hanno messo in campo un servizio straordinario di prevenzione e vigilanza del territorio. L’operazione, concentrata sulle principali arterie di collegamento a nord-est di Napoli, si è conclusa con la denuncia di tre persone, tutte già note alle forze dell’ordine.

I militari hanno fermato un’autovettura, una Fiat 500X, che stava transitando nel comune di San Sebastiano al Vesuvio. A bordo viaggiavano tre uomini di 40, 36 e 33 anni, tutti residenti a Cercola. Il controllo ha fatto emergere immediatamente elementi sospetti: all’interno del veicolo sono stati rinvenuti diversi arnesi atti allo scasso, circostanza che ha portato alla denuncia dei tre per il possesso ingiustificato di strumenti da effrazione.

Per uno di loro, il 36enne, la posizione si è aggravata ulteriormente. Durante la perquisizione personale, i Carabinieri hanno trovato un coltello a serramanico con una lama lunga 21 centimetri, motivo per cui è scattata anche la denuncia per porto abusivo di arma.

L’attività dell’Arma non si ferma qui. Sono in corso ulteriori accertamenti per verificare se, nel corso della notte o nei giorni precedenti, siano stati messi a segno furti o tentativi di effrazione nella zona. I controlli proseguiranno anche nei prossimi giorni per rafforzare la sicurezza e prevenire nuovi episodi di criminalità.

Marcianise, weekend di controlli straordinari: quattro arresti e denunce nei comuni dell’area

Un fine settimana ad alta intensità operativa quello appena trascorso tra Marcianise e i comuni limitrofi, dove i Carabinieri hanno messo in campo un articolato servizio straordinario di controllo del territorio. Tra venerdì 13 e sabato 14 dicembre, la presenza delle pattuglie è stata capillare, soprattutto nelle ore serali e notturne, con l’obiettivo di prevenire i reati, contrastare l’illegalità diffusa e rafforzare la percezione di sicurezza tra i cittadini.

L’operazione ha coinvolto i militari delle Stazioni dipendenti della Compagnia di Marcianise, affiancati dai Carabinieri di Teverola e Cancello ed Arnone, con il supporto del Nucleo Cinofili di Sarno e del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Caserta. Un dispositivo ampio, che ha consentito di intervenire su più fronti, dalla criminalità comune al rispetto delle norme sul lavoro.

Il bilancio parla di quattro arresti eseguiti in ottemperanza a ordini di carcerazione nei confronti di soggetti già noti alle forze dell’ordine, responsabili a vario titolo di reati contro la persona, maltrattamenti in famiglia, violazioni in materia di stupefacenti e commercio di merce contraffatta. Gli arresti sono scattati tra Marcianise, Capodrise, Sant’Arpino e Gricignano di Aversa, con i destinatari delle misure tradotti in carcere a Santa Maria Capua Vetere o, nei casi previsti, sottoposti ai domiciliari.

Sul fronte dei reati predatori, l’attenzione si è concentrata anche all’interno del Centro Commerciale Campania, dove i Carabinieri del Nucleo Operativo e Radiomobile hanno individuato un gruppo di ragazze, alcune minorenni, sorprese dopo aver sottratto merce per un valore complessivo di circa seicento euro. La refurtiva è stata interamente recuperata, anche grazie alla perquisizione del veicolo utilizzato, e restituita ai legittimi proprietari, mentre le persone coinvolte sono state denunciate.

I controlli su strada hanno portato alla denuncia di una donna per la violazione delle prescrizioni di una misura cautelare, poiché trovata fuori dal comune di residenza obbligata. La stessa è stata anche segnalata alla Prefettura come assuntrice di sostanze stupefacenti per uso personale.

Non meno incisiva l’attività contro il lavoro irregolare. In un ristorante di Orta di Atella, i militari, insieme all’Ispettorato del Lavoro, hanno accertato la presenza di diversi lavoratori in nero, tra cui un cittadino extracomunitario privo di permesso di soggiorno. Le irregolarità hanno comportato sanzioni amministrative per circa tremila euro, la sospensione dell’attività e segnalazioni all’Autorità Giudiziaria.

Complessivamente sono state identificate duecento persone e controllati ottanta veicoli. Le violazioni al Codice della Strada hanno portato a sanzioni per oltre quattordicimila euro, con il ritiro di documenti di guida e il fermo o sequestro di diverse autovetture. Un’operazione che conferma la linea di fermezza dell’Arma sul territorio, soprattutto nei fine settimana, quando il rischio di illegalità aumenta.

Truffe agli anziani, sgominata rete criminale con base a Napoli: 21 misure cautelari

Un’organizzazione criminale strutturata, ramificata su tutto il territorio nazionale e con il cuore operativo a Napoli, è stata smantellata dai Carabinieri del Comando Provinciale di Genova nell’ambito di una maxi operazione coordinata dalla Procura partenopea. Al centro dell’inchiesta, un collaudato sistema di truffe ai danni di anziani, messo in atto tra maggio 2024 e gennaio 2025 con modalità ripetitive e altamente invasive.

Sono ventuno le misure cautelari eseguite nelle province di Napoli, Caserta, Benevento, Avellino, Palermo, Brescia, Pavia e Cosenza. Quindici persone sono finite in carcere, altre sottoposte a domiciliari e obblighi di dimora. Le accuse spaziano dall’associazione per delinquere finalizzata alle truffe, alla ricettazione, al riciclaggio e all’autoriciclaggio. Contestati complessivamente trentatré episodi, la maggior parte dei quali portati a termine, per un bottino che supera abbondantemente i trecentomila euro.

Le indagini hanno ricostruito un’organizzazione rigida, con ruoli ben definiti e un copione sempre uguale. Le vittime venivano contattate telefonicamente da finti carabinieri o sedicenti avvocati, che annunciavano un grave incidente stradale provocato da un figlio o un nipote. Nel clima di panico creato ad arte, gli anziani venivano convinti a consegnare contanti e gioielli per evitare l’arresto del parente. Nel frattempo il telefonista restava in linea, senza lasciare spazio a dubbi o richieste di aiuto, fino all’arrivo del complice incaricato del ritiro.

Il gruppo si muoveva con auto a noleggio, utilizzava smartphone intestati a prestanome e comunicava quasi esclusivamente tramite app di messaggistica. A Napoli erano stati allestiti veri e propri call center clandestini, ricavati in appartamenti e B&B, dove i vertici dell’organizzazione coordinavano i telefonisti. Un asse operativo era attivo anche in Sicilia, soprattutto nel Palermitano, da dove il denaro veniva poi trasferito nel capoluogo campano.

Determinante, secondo gli investigatori, il contributo di due orafi napoletani, incaricati di valutare e riciclare i gioielli sottratti alle vittime. Uno operava con una gioielleria nel cuore di Spaccanapoli, l’altro con un laboratorio abusivo nel Borgo Orefici. Parte dei proventi illeciti sarebbe stata reinvestita nell’acquisto di un immobile e in un’agenzia di scommesse nel quartiere San Giuseppe, utilizzata per ripulire il denaro.

Oltre agli arresti, sono scattati sequestri pesanti: immobili, attività commerciali, veicoli e ingenti somme di contante. In un caso, oltre centoventimila euro sono stati trovati nascosti all’interno di uno scaldabagno. Un colpo significativo a un sistema criminale che ha fatto leva sulla paura e sulla fragilità delle persone più anziane, trasformando l’inganno in un’industria del crimine.

Inquinamento nella Piana del Sarno, sequestrata azienda di sistemi frenanti a Striano

Un nuovo colpo all’inquinamento nella Piana del Sarno arriva dall’operazione “Rinascita Sarno”, condotta dai Carabinieri del Gruppo per la Tutela dell’Ambiente di Napoli insieme al Comando Provinciale. Nella mattinata odierna è scattato il sequestro preventivo della società Ecobrake s.r.l., con sede a Striano, attiva nella progettazione e produzione di sistemi frenanti e componentistica per veicoli a motore. Il provvedimento è stato disposto dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata su richiesta della Procura, nell’ambito di un’inchiesta che ipotizza gravi violazioni ambientali.

Secondo quanto emerso dalle indagini del NOE, svolte con il supporto tecnico di Arpa Campania, l’azienda avrebbe svolto l’attività produttiva senza le necessarie autorizzazioni ambientali. In particolare, i reflui industriali derivanti dai processi di lavorazione e dal dilavamento dei piazzali sarebbero stati sversati direttamente sul suolo, evitando i costosi trattamenti di depurazione, con un impatto significativo sull’ambiente circostante.

Le analisi effettuate sui reflui e sui campioni di terreno hanno evidenziato concentrazioni oltre i limiti di legge di numerose sostanze chimiche pericolose, tra cui antimonio, berillio, rame, zinco, piombo e idrocarburi pesanti. Elementi altamente tossici, di origine antropica, che non si degradano facilmente e tendono ad accumularsi nel tempo, compromettendo il suolo e rappresentando un serio pericolo per il sottosuolo e per le falde acquifere. Proprio nei pressi dello stabilimento, infatti, è stata rilevata la presenza di una falda a meno di un metro di profondità, circostanza che ha aggravato il quadro accusatorio.

A rafforzare l’ipotesi di inquinamento ambientale, come previsto dal codice penale, è stata anche la constatazione di uno scarico continuo e non trattato di acque reflue sul terreno, in un’area particolarmente sensibile come quella del bacino del fiume Sarno, già da anni al centro di emergenze ambientali. Gli inquirenti hanno inoltre accertato lo stoccaggio abusivo di rifiuti pericolosi, tra cui oli esausti, depositati direttamente sul nudo terreno e lasciati esposti agli agenti atmosferici, con il rischio concreto di ulteriore contaminazione.

Il sequestro dell’azienda è stato ritenuto necessario per evitare l’aggravarsi delle conseguenze dei reati contestati e per impedire la prosecuzione di attività potenzialmente dannose per l’ambiente e per la salute pubblica. L’intervento si inserisce in una più ampia strategia investigativa portata avanti dai Carabinieri del Comando Tutela Ambientale e Sicurezza Energetica, sotto il coordinamento delle Procure di Avellino, Nocera Inferiore e Torre Annunziata, finalizzata a individuare e interrompere gli scarichi abusivi che continuano a minacciare il fiume Sarno e i suoi affluenti.

Napoli, si rinnova il “miracolo” di San Gennaro: il sangue si è sciolto alle 9,13 nella Cappella del Tesoro

Napoli - Si è ripetuto anche quest’anno il “miracolo” di San Gennaro. Nella Cappella del Tesoro del Duomo di Napoli, il sangue del santo patrono si è sciolto, suscitando l’emozione e l’applauso dei fedeli riuniti per la celebrazione della Festa del Patrocinio.

L’annuncio della liquefazione è stato dato dall’abate della Cappella del Tesoro, monsignor Vincenzo De Gregorio, al termine dell’attesa cerimonia. Quello del 16 dicembre rappresenta il terzo prodigio dell’anno, dopo il miracolo di maggio e quello del 19 settembre, giorno dedicato al santo patrono della città.

La ricorrenza di dicembre è tradizionalmente definita il “miracolo laico”: la celebrazione, infatti, non si svolge sull’altare maggiore del Duomo ma nella Cappella del Tesoro di San Gennaro ed è organizzata dalla Deputazione di San Gennaro, storico organismo rappresentativo della città. A presiederla è il sindaco di Napoli, cui spetta il compito di tutelare le reliquie del santo e custodire l’inestimabile patrimonio del Tesoro.

Un rito che, tra fede e identità civica, continua a segnare uno dei momenti più sentiti dalla comunità napoletana, rinnovando un legame secolare tra San Gennaro e la sua città.

Truffe agli anziani in Liguria, colpita rete con base a Napoli: 21 arresti

Napoli - Un nuovo colpo alla batteria delle truffe agli anziani con ramificazioni nel Nord Italia e base operativa a Napoli. Dalle prime ore di questa mattina i carabinieri del Comando provinciale di Genova, su delega della Procura della Repubblica di Napoli, stanno dando esecuzione a una vasta operazione su scala nazionale finalizzata a smantellare un’organizzazione criminale specializzata nei raggiri ai danni di persone anziane.

Nel mirino degli investigatori un gruppo strutturato, con un’organizzazione stabile e ruoli ben definiti, che avrebbe operato soprattutto in Liguria e in diverse regioni del Nord, sfruttando la vulnerabilità delle vittime e ricorrendo ai collaudati stratagemmi del “falso parente” e del “finto appartenente alle forze dell’ordine”.

I militari dell’Arma stanno eseguendo 21 misure cautelari, emesse dal Tribunale di Napoli su richiesta della locale Procura. I destinatari dei provvedimenti sono ritenuti gravemente indiziati, a vario titolo, di far parte dell’organizzazione criminale, con compiti che andavano dalla gestione delle chiamate telefoniche fino alla riscossione materiale del denaro e dei preziosi sottratti agli anziani raggirati.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, il gruppo avrebbe avuto il proprio centro decisionale a Napoli, mentre le “trasferte” al Nord venivano pianificate con precisione, scegliendo aree e obiettivi, e garantendo una rapida dispersione degli esecutori subito dopo i colpi.

L’operazione odierna si inserisce nel solco delle inchieste già condotte nei mesi di febbraio e giugno 2025, che avevano portato alla luce un fenomeno ormai strutturale: batterie di truffatori napoletani che si spostano stabilmente in Liguria e nel Nord Italia per colpire, contando su basi logistiche lontane dai luoghi dei reati e su una rete di complici pronti a muoversi rapidamente.

Anche in quei casi le indagini avevano evidenziato un modello criminale rodato, capace di replicare gli stessi schemi su territori diversi, causando ingenti danni economici e un forte impatto emotivo sulle vittime, spesso persone sole e in condizioni di fragilità.

Le indagini, tuttora in corso, mirano ora a delineare l’intera rete di contatti dell’organizzazione e a quantificare il numero complessivo delle truffe messe a segno, mentre non si escludono ulteriori sviluppi e nuovi provvedimenti nei confronti di altri soggetti coinvolti.

Giugliano, scatta l'arresto per violenza sessuale: 49enne deve scontare quasi 7 anni di carcere

Giugliano– Fine della corsa per un 49enne napoletano, rintracciato e arrestato nel pomeriggio di sabato dagli uomini della Polizia di Stato. L'uomo, destinatario di un ordine di carcerazione, dovrà ora affrontare una lunga detenzione per reati gravissimi legati alla sfera della libertà sessuale.

L'operazione è stata condotta dagli agenti del Commissariato di Giugliano-Villaricca, impegnati quotidianamente nel controllo del territorio a nord di Napoli. I poliziotti hanno dato esecuzione a un provvedimento restrittivo emesso appena ventiquattr'ore prima, venerdì scorso, dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli Nord – Ufficio Esecuzioni Penali.

La condanna, ormai divenuta definitiva, pesa come un macigno: il 49enne dovrà scontare una pena residua di 6 anni e 8 mesi di reclusione. Le accuse che hanno portato alla sentenza riguardano reati in materia di violenza sessuale, una tipologia di crimine che vede la magistratura e le forze dell'ordine sempre più attive nel garantire che le pene vengano espiate fino all'ultimo giorno. Dopo le formalità di rito in commissariato, per l'uomo si sono aperte le porte del carcere.

Rapina al Montepaschi di Soccavo: finti anziani armati in banca, via con 70mila euro

Napoli - Colpo in banca nel quartiere Soccavo. Nel primo pomeriggio di ieri, intorno alle 15, due rapinatori travestiti da anziani — con stampelle e sciarpe — sono entrati uno alla volta, a pochi minuti di distanza, nella filiale del Montepaschi di Siena di via dell’Epomeo.

Il volto era coperto da mascherine natalizie, un dettaglio che avrebbe consentito ai due di non mostrarsi mai chiaramente a dipendenti e clienti presenti.

Una volta all’interno, secondo quanto ricostruito, uno dei due ha estratto una pistola e ha minacciato il personale facendosi consegnare il denaro disponibile in cassa: circa 70mila euro. L’arma sarebbe presumibilmente finta e, proprio per questo, non avrebbe attivato segnalazioni al metal detector, permettendo al commando di agire rapidamente e senza essere bloccato dai sistemi di controllo.

In quel momento nella filiale si trovavano i dipendenti e pochi clienti. L’azione, stando alle prime ricostruzioni, si sarebbe consumata in una decina di minuti: il tempo necessario a impossessarsi del contante e a lasciare l’istituto di credito prima della richiesta di intervento.

Sul posto, dopo l’allarme, sono confluite diverse Volanti e la Scientifica. Le indagini sono affidate agli agenti del commissariato San Paolo, con il supporto della Squadra Mobile della Questura (sezione Antirapina). Gli investigatori hanno acquisito le immagini della videosorveglianza interna ed esterna e avrebbero individuato almeno due complici che, a bordo di un’auto, attendevano in strada gli esecutori materiali della rapina.

Le attività investigative, avviate nell’immediatezza, avrebbero consentito di risalire al percorso del veicolo utilizzato per la fuga. Resta però più complessa l’identificazione dei responsabili, anche per via del travestimento ritenuto particolarmente accurato e “originale”.

Intanto sono stati ascoltati il direttore e gli impiegati della filiale, per raccogliere ulteriori elementi utili e una descrizione quanto più precisa possibile dei rapinatori, al netto del volto che non sarebbe mai stato scoperto.

Secondo le prime indicazioni, si tratterebbe di giovani — considerata la facilità di movimento nonostante l’apparente travestimento — e con inflessione napoletana, stando all’accento del malvivente armato che si sarebbe rivolto al cassiere. Tra gli investigatori filtra un cauto ottimismo, ma al momento nessuno si sbilancia.

Pomigliano, illuminazione pubblica nei cortili privati: indagati 4 funzionari comunali

Pomigliano– Un danno erariale quantificato in oltre 60mila euro e una gestione definita inefficiente delle risorse pubbliche. È questo il cuore dell’atto di citazione notificato dalla Procura regionale della Corte dei Conti per la Campania, guidata dal procuratore Antonio Giuseppone, nei confronti di quattro funzionari del Comune di Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli.

Secondo quanto ricostruito dalle indagini della Guardia di Finanza della Compagnia di Casalnuovo di Napoli, coordinate dal sostituto procuratore contabile Raffaele Cangiano, per anni l’illuminazione pubblica comunale avrebbe alimentato ben 326 lampioni installati all’interno di cortili di abitazioni private. Impianti, dunque, collocati in aree non aperte al pubblico e non destinate alla viabilità o alla fruizione collettiva, ma ugualmente sostenuti con fondi comunali sia per l’energia elettrica sia per la manutenzione.

Un beneficio diretto per i privati e un costo costante per le casse dell’ente locale, che si è protratto senza interruzioni fino ai primi mesi del 2024. Solo a seguito dell’iniziativa della Procura contabile e degli accertamenti delle Fiamme Gialle, l’azienda municipalizzata responsabile del servizio ha avviato la progressiva disalimentazione degli impianti contestati, ponendo fine a una prassi ritenuta irregolare.

Le indagini hanno inoltre fatto emergere come la scelta di alimentare a spese della collettività impianti al servizio di cortili chiusi risalisse addirittura agli anni Ottanta. Una decisione mai formalmente rivista o corretta nel corso dei decenni, nonostante – come accertato dagli inquirenti – negli ultimi anni la questione fosse stata segnalata agli amministratori locali anche da un cittadino.

Il danno erariale è stato calcolato prendendo in considerazione il biennio 2022-2023, periodo oggetto di approfondimento investigativo. In base alle stime, i lampioni hanno garantito un’illuminazione artificiale complessiva di oltre 8.200 ore, con un costo medio orario dell’energia pari a 7 euro.

Il parametro è stato ricavato dalle fasce medie di acquisto del Pun, il Prezzo Unico Nazionale dell’energia elettrica espresso in euro per megawattora. Da qui la quantificazione finale: 62.822 euro di spesa ritenuta ingiustificata e dannosa per l’erario pubblico.

Ora spetterà alla Corte dei Conti valutare le responsabilità dei funzionari chiamati in causa e stabilire se e in quale misura il danno dovrà essere risarcito. Un caso che riaccende i riflettori sulla gestione dei servizi pubblici locali e sul controllo dell’uso delle risorse della collettività.

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