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Cardito, chiuse le indagini sul clan Ullero: contestata associazione camorristica e una serie di estorsioni

La Direzione distrettuale antimafia di Napoli ha chiuso le indagini preliminari su una presunta organizzazione camorristica radicata a Cardito e nei comuni limitrofi, ritenuta responsabile di un articolato sistema di estorsioni, traffico di sostanze stupefacenti, gestione delle armi e controllo del territorio con metodo mafioso.

L’inchiesta, condotta dalla Procura partenopea e dai pm Francesca De Renzis e Ilaria Sasso Del Verme ricostruisce l’operatività di un sodalizio armato che, secondo l’accusa, avrebbe agito sfruttando la forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo e il clima di assoggettamento e omertà imposto a commercianti e imprenditori della zona.

Il capo di imputazione associativo

Il fulcro dell’impianto accusatorio è rappresentato dal reato di associazione di tipo mafioso. Gli indagati sono ritenuti, a vario titolo, promotori, organizzatori e partecipi di un clan camorristico facente capo a Francesco Ullero, indicato come capo e promotore del gruppo.

Secondo la DDA, il sodalizio era stabilmente organizzato, dotato di armi e strutturato in ruoli ben definiti. L’obiettivo era duplice: da un lato acquisire il controllo di attività economiche attraverso estorsioni sistematiche e lo spaccio di droga; dall’altro garantire il sostentamento degli affiliati, anche detenuti, e assicurare l’impunità del gruppo mediante una rete di appoggi e connivenze.

A Ullero viene attribuito il ruolo di vertice: avrebbe impartito le direttive, deciso le strategie criminali, coordinato le estorsioni e organizzato il traffico di stupefacenti, individuando le piazze di spaccio, i responsabili e la ripartizione dei proventi. Secondo l’accusa, le vittime delle richieste estorsive venivano talvolta convocate direttamente presso la sua abitazione.

Accanto al presunto capo clan, l’indagine individua figure con funzioni organizzative e operative. Alcuni indagati avrebbero curato l’esecuzione delle estorsioni e la riscossione del denaro, alimentando la cassa comune; altri si sarebbero occupati della gestione delle piazze di spaccio, del taglio e del confezionamento della droga, nonché della custodia e dell’occultamento delle armi.

Emergerebbe anche una struttura logistica stabile, con abitazioni e locali commerciali messi a disposizione per riunioni operative, deposito di stupefacenti e incontri con esponenti di altri gruppi criminali dell’area.

Il periodo contestato va dall’agosto 2021 al maggio 2022.

Il tentativo di estorsione alla sala scommesse

Un secondo capo di imputazione riguarda un tentativo di estorsione aggravata dal metodo mafioso. Secondo la Procura, uno degli indagati si sarebbe presentato presso un’agenzia di scommesse di Cardito, avvicinando il personale e successivamente il titolare con frasi ritenute chiaramente intimidatorie e riconducibili alla forza del clan.

L’azione, finalizzata a imporre il pagamento di somme di denaro per “protezione”, non sarebbe andata a buon fine esclusivamente grazie alla denuncia della persona offesa. L’episodio, risalente all’agosto 2021, viene ritenuto funzionale ad alimentare la cassa dell’associazione camorristica e a rafforzarne l’egemonia sul territorio.

L’estorsione ai danni di un ristoratore

Un ulteriore capo di imputazione riguarda un’estorsione consumata ai danni del titolare di una pizzeria gourmet di Cardito. In questo caso, l’accusa contesta una condotta estorsiva portata avanti con modalità mafiose, culminata nella consegna di una somma di denaro al presunto capo del clan.

Anche in questo episodio, secondo la ricostruzione della DDA, le minacce, seppur implicite, sarebbero state idonee a evocare ritorsioni personali e patrimoniali, inducendo la vittima a piegarsi alle richieste del gruppo criminale.

Il quadro complessivo

Nel complesso, l’inchiesta delinea l’esistenza di un’organizzazione capace di esercitare un controllo capillare su una porzione del territorio a nord di Napoli, attraverso estorsioni, spaccio di droga e gestione delle armi, con una struttura interna rigida e una netta divisione dei compiti.

Con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, gli indagati hanno ora la facoltà di presentare memorie difensive, chiedere interrogatori o sollecitare ulteriori atti di indagine, prima delle determinazioni della Procura in vista dell’eventuale richiesta di rinvio a giudizio.

nel collegio difensivo gli avvocati Teresa Frippa, Annibale Bove, Maria Di Cesare, Piero Vitale, Luca Camerlengo, Antonio Principe, Nicola Basile, Antonella Senatore, Giuseppe Gallo, Rocco Maria Spina, Dario Carmine Procentese, Arnaldo Lepore, Andrea Lampitelli, Anna Arcella, Nello Sgambato, Paolo Sperlongano e Maria Giovanna Ponticello.

Elenco degli indagati

AVVERSO Vincenzo, nato il 15 novembre 1994

BARRA Nicola, nato l’8 marzo 1977

CAPASSO Antonietta, nata il 29 agosto 1965

CAPASSO Dario, nato il 4 agosto 1990

CHIANESE Rocco, nato il 27 luglio 1989

CIPOLLETTI Giovanni, nato il 1° settembre 1982

DE SIMONE Giuseppe, nato il 9 novembre 1980

IAVARONE Domenico, nato l’8 settembre 1994

MELE Enzo, nato il 5 febbraio 1977

POLITO Carmine, nato il 9 novembre 1982

RONGA Antimo, nato il 24 ottobre 1994

TORNATELLI Luigi, nato il 22 febbraio 1968

ULLERO Carlo, nato il 12 maggio 1963

ULLERO Francesco, nato il 10 settembre 1954

 

(nella foto da sinistra in alto il boss Francesco Ullero, Giuseppe De Simone, Enzo Mele e Antonietta Capasso, in basso da sinistra Nicola Barra, Domenico Iavarone, Vincenzo Avverso e Carmine Polito)

Guerriglia in A2, chiuse le indagini sugli scontri tra ultras di Caserta e Catania: 30 indagati

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Una spirale di violenza che aveva trasformato un tratto della A2 in un campo di battaglia urbano. A distanza di due mesi dai gravi disordini avvenuti nei pressi dell'area di servizio di San Mango Piemonte, l'inchiesta condotta dalla Polizia di Stato ha portato a una svolta decisiva: sono 30 le persone indagate per gli scontri tra le tifoserie organizzate di Casertana e Catania.

La dinamica dell'agguato

Il pomeriggio dello scorso 11 ottobre, il tratto autostradale in provincia di Salerno era diventato teatro di una vera e propria guerriglia. Le due fazioni si erano incrociate in un momento di altissima tensione: i sostenitori siciliani stavano rientrando dalla trasferta di Picerno, mentre i campani tornavano dalla gara disputata a Giugliano.
Secondo quanto ricostruito dagli uomini della Digos di Salerno, con il supporto dei colleghi di Caserta e Catania, le due frange ultras non si sono limitate a insulti verbali. Il bilancio parla di aggressioni reciproche condotte con un arsenale improvvisato: fumogeni, esplosivi, mazze e oggetti contundenti. Un caos che ha paralizzato la circolazione in entrambi i sensi di marcia, intrappolando decine di automobilisti inermi, testimoni di scene di violenza gratuita.

Il provvedimento giudiziario

L'informativa di reato, depositata presso la Procura della Repubblica di Salerno (e presso il Tribunale per i Minorenni per quanto riguarda due indagati ancora sotto i diciotto anni), ipotizza diversi capi d'accusa per i 30 soggetti deferiti in stato di libertà.
Le indagini si sono avvalse delle immagini delle telecamere di videosorveglianza dell'area di servizio e dei filmati acquisiti dai reparti scientifici, che hanno permesso di identificare i partecipanti più attivi nei disordini.

Pugno duro del Questore

Oltre al percorso penale, per i trenta ultras è già scattato l'iter amministrativo. Il Questore di Salerno ha infatti avviato le procedure per l'emissione dei Daspo (Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive). Se confermati, i provvedimenti terranno i soggetti lontani dagli stadi per diversi anni, a conferma della linea della "fermezza" adottata dalle autorità contro la violenza nel mondo del calcio.
L'episodio riaccende il dibattito sulla sicurezza negli spostamenti delle tifoserie, un tema che continua a preoccupare l'Osservatorio sulle Manifestazioni Sportive, specialmente lungo le arterie autostradali del Mezzogiorno.

Napoli, evade i domiciliari e va a truffare anziani nel Bolognese con una complice: arrestati

Nell’ambito di servizi mirati al contrasto dei reati predatori, i carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile di Sassuolo e di Modena, con il supporto della stazione di Savignano sul Panaro, hanno arrestato un 39enne e una 22enne, entrambi di origine campana, ritenuti responsabili di una truffa aggravata ai danni di una coppia di anziani residenti a Zola Predosa, nel Bolognese.

La mattina del 16 dicembre i militari hanno intercettato un’auto già segnalata a Maranello, i cui occupanti si erano resi poco prima protagonisti di due tentativi di truffa ai danni di residenti anziani. Le descrizioni fornite dalle vittime hanno consentito di individuare la vettura e di seguire i sospetti fino a Zola Predosa, dove, secondo la ricostruzione degli inquirenti, la coppia avrebbe portato a segno il raggiro.

Spacciandosi per carabinieri, i due si sarebbero fatti consegnare monili in oro, parte dei quali prelevati anche da una cassetta di sicurezza bancaria, con il pretesto di dover effettuare “accertamenti giudiziari”. Il valore complessivo della refurtiva è stato stimato in circa 20mila euro.

L’intervento tempestivo dei militari ha permesso di bloccare i presunti responsabili poco dopo la consegna dei preziosi, rinvenuti nella loro disponibilità e restituiti agli anziani truffati. Dagli accertamenti è emerso che il 39enne era sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari a Napoli per reati analoghi.

La coppia è stata arrestata in flagranza per truffa aggravata e continuata in concorso; per l’uomo è scattata anche l’accusa di evasione dagli arresti domiciliari. All’esito dell’udienza di convalida e del giudizio direttissimo del 17 dicembre, il giudice del Tribunale di Bologna ha convalidato gli arresti e condannato il 39enne, recidivo, a 3 anni di reclusione e 1.200 euro di multa, disponendo per lui la custodia cautelare in carcere. La 22enne, incensurata, è stata invece rimessa in libertà con pena sospesa e beneficio della non menzione.

Montevergine, santuario sospeso nel vuoto. Frana devasta l’accesso, pellegrini bloccati fino a primavera 2026

Avellino – Un pezzo di montagna che scivola via, portando con sé non solo terra e roccia, ma la speranza di migliaia di fedeli. È la frana che ha sbarrato la via d’accesso principale al Santuario di Montevergine, costringendo alla chiusura “a tempo indeterminato” una delle mete religiose e turistiche più iconiche della Campania. Un colpo durissimo per la devozione mariana e per l’economia del territorio.

La decisione, sofferta, arriva direttamente dalla comunità benedettina guidata dall’Abate Riccardo Luca Guariglia. In una nota ufficiale diffusa oggi, si comunica che il grave evento franoso ha compromesso in modo serio e pericoloso la strada che conduce al sacro monte, rendendo impossibile e insicuro qualsiasi accesso.

“Il luogo santo resterà chiuso a tempo indeterminato”, si legge nel comunicato, che non nasconde la gravità della situazione. Le operazioni di messa in sicurezza del versante, infatti, non saranno né semplici né rapide. La stima dei monaci, corroborata dai primi sopralluoghi tecnici, parla chiaro: ci vorrà presumibilmente fino alla primavera del 2026 perché l’accesso possa essere riaperto in condizioni di totale sicurezza.

Un periodo lunghissimo, che cancella di colpo le tradizionali affluenze legate alle festività natalizie, alla celebre ‘Juta’ di gennaio e alla festa della Candelora. Un vuoto che peserà non solo sullo spirito, ma anche sull’indotto economico della zona, fatto di bar, ristoranti, negozi di articoli religiosi e strutture ricettive.

L’Abate Guariglia, nel messaggio, ha voluto ringraziare “le Istituzioni tutte per la particolare vicinanza”, segno che la macchina dei soccorsi e della protezione civile è già in moto. Tuttavia, la natura del fenomeno geologico impone tempi tecnici dilatati, fatti di studi geotecnici, progettazione e cantierizzazione in un’area complessa.

Il santuario, che custodisce l’icona bizantina della Madonna di Montevergine (la “Mamma Schiavona”), meta di pellegrinaggi secolari, si trova così in una posizione paradossale: fisicamente presente e integro sulla sommità del Partenio, ma di fatto irraggiungibile. Un’isola spirituale separata dal suo popolo di devoti.

La comunità monastica assicura che tutti gli aggiornamenti sulla situazione verranno forniti attraverso i canali ufficiali, invitando alla pazienza e alla preghiera in attesa di tempi migliori. Nel frattempo, il silenzio forzato scenderà sui sentieri normalmente percorsi da migliaia di passi, mentre i tecnici lavorano contro il tempo – e contro la montagna – per restituire alla Campania uno dei suoi simboli più cari.

Benevento, ingerisce una batteria a disco: bimba salvata con un intervento d’urgenza al San Pio

Benevento -Una corsa contro il tempo che si è conclusa con un lieto fine. Una bambina che aveva ingerito una batteria a disco è stata salvata dai medici dell’Aorn San Pio di Benevento grazie a un intervento endoscopico d’urgenza eseguito con successo.

La piccola è giunta al Pronto soccorso pediatrico, dove il personale sanitario ha immediatamente riconosciuto la gravità della situazione, attivando senza esitazioni il percorso di emergenza. La presenza della batteria è stata confermata tramite esame radiografico, che ha consentito di localizzare l’oggetto ingerito e programmare l’intervento immediato in sala operatoria.

La rimozione è avvenuta con tecnica endoscopica, grazie alla collaborazione tra la Uoc di Gastroenterologia, la Uoc di Pediatria e la Uoc di Anestesia e Rianimazione. Un lavoro di squadra che ha permesso di evitare complicazioni potenzialmente gravissime. Dopo alcune ore di osservazione nel reparto di Pediatria, la bambina è stata dimessa in buone condizioni.

Le batterie a disco, note anche come “button disk”, sono oggetti di uso quotidiano: si trovano comunemente in giocattoli sonori o luminosi, telecomandi, chiavi elettroniche, sveglie digitali e torce tascabili. Se ingerite, soprattutto dai bambini più piccoli, possono provocare in tempi rapidissimi ustioni chimiche severe, perforazioni ed emorragie interne, con rischi elevati già dopo poche ore di contatto con le mucose.

Fondamentale, in questo caso, è stata la tempestività dell’intervento. «L’alto livello di integrazione tra le unità operative coinvolte è stato determinante per affrontare questa emergenza», ha dichiarato la direttrice generale dell’Aorn San Pio di Benevento, Maria Morgante. «Ringrazio la task force medico-infermieristica dell’ospedale – ha aggiunto – che ha saputo reagire in modo efficace e in tempi strettissimi, salvando la vita alla nostra piccola paziente».

Fuga disperata dopo l'inseguimento: arrestati due giovani con passamontagna e arnesi da scasso

Trentola Ducenta – Un inseguimento ad alta tensione si è concluso con l'arresto di due giovani pregiudicati, sorpresi in posspossione di passamontagna e attrezzi da scasso. L'operazione, condotta nel pomeriggio di ieri dai carabinieri della Stazione di Trentola Ducenta, ha portato in manette un 28enne di Villaricca e un 21enne di Giugliano in Campania.

Tutto ha avuto inizio durante un servizio mirato al contrasto dei furti di autovetture nell'agro di Trentola Ducenta. I militari hanno notato una Fiat Panda che, alla vista della pattuglia, ha improvvisamente accelerato nel tentativo di sottrarsi al controllo. È scattato così un prolungato inseguimento attraverso le strade della zona, terminato nel vicino comune di Villa di Briano, dove il veicolo è rimasto intrappolato in una strada chiusa al traffico.

Nemmeno il blocco dell'auto ha fermato i due occupanti, che hanno tentato una fuga disperata a piedi. I carabinieri li hanno però raggiunti dopo una breve colluttazione, riuscendo a immobilizzarli. La perquisizione del veicolo ha confermato i sospetti degli inquirenti: nell'abitacolo sono stati trovati due passamontagna e diversi arnesi atti allo scasso, strumenti tipicamente utilizzati per i furti d'auto.

La Fiat Panda è stata sequestrata e affidata a una ditta autorizzata. I due giovani, dichiarati in arresto per resistenza a pubblico ufficiale, sono stati posti agli arresti domiciliari in attesa del giudizio con rito direttissimo.

Sant'Agnello, Procura proroga sgombero Social Housing: un anno in più per 53 famiglie

La Procura della Repubblica di Torre Annunziata in una nota chiarisce e proroga lo sgombero coatto del complesso di housing sociale in via MB Gargiulo a Sant’Agnello. Infatti non è sospeso, ma slitta di un anno intero. L'ordine emesso il 20 ottobre 2025 intimava agli occupanti di liberare entro il 20 dicembre prossimo le 53 unità abitative, i 64 box auto, i 12 posti moto, le 13 cantine, il locale deposito, la palestra riabilitativa e i 16 beni comuni come androni e scale.

Contrariamente a quanto circolato sui media locali nei giorni scorsi – con indiscrezioni su una sospensione in attesa della sentenza di primo grado del Tribunale – la Procura precisa che l'ordine non è mai stato fermato. Oggi, però, ha concesso una proroga fino al 20 gennaio 2026.

La decisione tiene conto dell'imminenza delle festività natalizie e di fine anno: avviare operazioni forzose in quel periodo "non appare opportuno", spiegano dal pool investigativo. Le famiglie, per ora, tirano un sospiro di sollievo, ma la spada di Damocle resta sospesa sul futuro del comparto.

Napoli, l’albero di Natale è un cantiere: 87 nomi per non dimenticare i morti sul lavoro

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Napoli– Non ci sono luci colorate o ghirlande tradizionali sull’albero che quest'anno svetta nella sede della Fillea Cgil di via Toledo. Ci sono, invece, i nomi di 87 persone che nel 2025 sono uscite di casa per andare a lavorare e non vi hanno più fatto ritorno. È l'"Albero delle vite cadute", l'installazione simbolica inaugurata oggi dal sindacato degli edili per commemorare le vittime delle "morti bianche" in Campania nell'anno che volge al termine.

L'opera è una fedele riproduzione in miniatura di un'area di cantiere: la struttura è composta da ponteggi, gru ed escavatori, mentre tra i rami trovano posto caschetti protettivi e cartelli sulle norme antinfortunistiche. Ogni pallina di Natale è un monito silenzioso, riportando il nome di un operaio deceduto sul campo.

Il bilancio di un anno tragico «Con questa iniziativa vogliamo riconfermare il nostro impegno quotidiano per la diffusione della cultura della sicurezza», ha dichiarato Vincenzo Maio, segretario generale della Fillea Campania, durante la cerimonia di accensione. I numeri descrivono una realtà spietata: nel 2025 l'edilizia si conferma, insieme ad agricoltura e logistica, il settore a più alto rischio.

La strage delle "cadute dall'alto" La scelta di utilizzare un ponteggio come struttura portante dell'albero non è casuale. Secondo i dati sindacali, la caduta dall'alto rimane la prima causa di morte nei cantieri. «Abbiamo scelto il ponteggio perché rappresenta la casistica più ricorrente nelle statistiche infortunistiche», ha spiegato Maio, ricordando anche gli sforzi comunicativi fatti durante l'anno, come la produzione di cartoon educativi per istruire i lavoratori sui rischi di elettrocuzione e asfissia.

L'installazione di via Toledo resterà esposta per tutto il periodo delle festività, trasformando un simbolo di gioia in un presidio di memoria e di lotta per il diritto alla vita nei luoghi di lavoro.

Circumvesuviana, dieci anni di crisi: record negativo e passeggeri in fuga

Napoli – La Circumvesuviana si conferma, per il decimo anno consecutivo, la peggiore ferrovia italiana. A certificarlo è il rapporto Pendolaria 2025, pubblicato ieri da Legambiente, che dipinge un quadro desolante della situazione: 12 mesi di disagi, guasti continui, cancellazioni improvvise e una drammatica fuga di passeggeri.

Secondo i dati, sono oltre 13 milioni i viaggiatori persi nell’ultimo decennio, segnale di una crisi di fiducia nei confronti di Eav, la società pubblica che gestisce il trasporto ferroviario nell’area metropolitana di Napoli.

La denuncia di Legambiente è netta: le promesse di rinnovamento – treni nuovi, maggiore frequenza e videosorveglianza – si scontrano con una realtà fatta di incendi, deragliamenti e silenzi. Il programma di consegna dei 57 nuovi treni, annunciato come soluzione per sostituire quelli ormai vecchi di 30 anni, procede a rilento, lasciando la rete sempre più vulnerabile e inadeguata.

I problemi si sono acuti di recente, con una lunga interruzione della tratta Napoli-Poggiomarino che ha ulteriormente penalizzato migliaia di pendolari. Massimo Aversa, segretario della Cisl Trasporti, ha rivolto un appello al presidente Fico: «Il report di Legambiente sancisce la chiusura di un altro anno nero per la Circumvesuviana.
Ritardi, disservizi e rischi per la sicurezza sono ormai all’ordine del giorno. Servono investimenti immediati su mezzi, tecnologia e personale, altrimenti il dossier del 2026 sarà solo l’ennesima conferma di un fallimento per Eav e per la Circumvesuviana».

Anche i dati regionali confermano il trend negativo: nel 2024 i viaggiatori sui treni regionali campani sono stati 255.535 al giorno, contro i 261.193 del 2019 e i 422.000 del 2009. «Non basta pensare a nuove infrastrutture – commenta Francesca Ferro, direttrice di Legambiente Campania – se poi manca un’offerta di treni adeguata».

Non è solo la Circumvesuviana a pagare il prezzo di una gestione inefficiente: entra tra le peggiori d’Italia anche la tratta Salerno-Avellino-Benevento, definita da Pendolaria «un caso emblematico di ritardi, promesse e occasioni mancate». Il quadro generale è chiaro: la Campania chiede risposte concrete e tempi certi per invertire la rotta di un trasporto pubblico sempre più in crisi.

Orta di Atella, immobile fantasma trasformato in discarica abusiva: scatta il maxi sequestro dei Carabinieri

Orta di Atella - Era diventato un monumento al degrado e all'illegalità, un "non luogo" dove smaltire tutto ciò che non si voleva tracciare. Un complesso immobiliare mai finito, scheletro di cemento disabitato, è stato trasformato nel tempo in una vera e propria bomba ecologica.

I Carabinieri della Sezione Radiomobile della Compagnia di Marcianise hanno posto sotto sequestro l'intera area nel tardo pomeriggio di ieri, 17 dicembre 2025, nell'ambito di un'operazione mirata al contrasto dei crimini ambientali.

Il blitz rientra nei servizi di controllo straordinario del territorio focalizzati sulla cosiddetta "Terra dei Fuochi", un'area che continua a richiedere la massima attenzione delle forze dell'ordine per prevenire roghi tossici e sversamenti illeciti. Quando i militari sono entrati nella proprietà, si sono trovati di fronte a uno scenario desolante: l'edificio, strutturato in tre corpi di fabbrica distinti, nascondeva al suo interno circa 50 locali, verosimilmente progettati in origine come box auto e seminterrati, ora completamente saturi di immondizia.

I rifiuti pericolosi

Non si trattava di semplice incuria. I Carabinieri hanno documentato la presenza di ingenti quantitativi di rifiuti speciali, sia pericolosi che non pericolosi. Tra le mura di cemento grezzo erano stati accatastati vecchi mobili, materassi, bidoni di vernici e solventi, parti meccaniche e di carrozzeria di autovetture (probabile provento di attività di smontaggio illecito), guaine bituminose e rifiuti solidi urbani di ogni genere. Una discarica a cielo aperto, ma nascosta tra le pareti di un cantiere fantasma, gestita nell'ombra.
Le condizioni dei luoghi non lasciavano spazio a dubbi: il manufatto era stato adibito sistematicamente a discarica illegale. Gli accertamenti immediati hanno permesso di identificare la proprietà dello stabile, alla quale è stato notificato il provvedimento di sequestro. Al momento, le ipotesi di reato contestate a carico di ignoti sono quelle di abbandono di rifiuti pericolosi e gestione illecita di rifiuti.

Ma c'è un dettaglio che aggrava il quadro: dalle indagini è emerso che l'immobile non era nuovo alle cronache giudiziarie. La struttura, infatti, era già stata sottoposta a sequestro penale nel lontano 2008 per violazioni in materia di abusivismo edilizio. Da allora, per oltre 17 anni, non è mai intervenuto alcun provvedimento di dissequestro da parte dell’Autorità Giudiziaria, né alcun atto amministrativo del Comune per sanare o abbattere l'opera. Un limbo burocratico che ha favorito la trasformazione dell'abuso edilizio in scempio ambientale.

Tragedia di Gianturco, la verità nei fotogrammi: Giacomo Burtone ucciso dal mezzo di un collega

Napoli -– Non è stata una fatalità imponderabile, ma un drammatico incidente la cui dinamica è ora scolpita nei file della videosorveglianza. La morte di Giacomo Burtone, l’operaio 49enne originario di Cercola deceduto nell’area industriale di via Gianturco, ha trovato una spiegazione nei "video choc" acquisiti dai Carabinieri. A ucciderlo è stato un collega alla guida di un mezzo pesante.

La dinamica dell’impatto

Secondo quanto ricostruito dai militari della compagnia di Poggioreale, guidati dal capitano Tiziano Laganà, i fatti si sono svolti all'interno di un'area di stoccaggio container. Burtone era intento a svolgere le proprie mansioni attorno a un camion quando è stato centrato in pieno da un "rimorchiatore", un potente mezzo meccanico utilizzato per la movimentazione delle grandi casse metalliche.

Le immagini, definite dagli inquirenti "raccapriccianti", mostrano il veicolo muoversi a velocità sostenuta all'interno del perimetro di lavoro. L’impatto è stato violento e improvviso: il 49enne è rimasto schiacciato sotto il peso del mezzo, morendo sul colpo. Ogni tentativo di rianimazione da parte dei colleghi presenti si è rivelato purtroppo inutile.

L'inchiesta e le reazioni

Il conducente del mezzo è ora iscritto nel registro degli indagati con l'ipotesi di reato di omicidio colposo. Gli accertamenti si concentrano ora sul rispetto delle norme di sicurezza interne al cantiere e sull'eventuale malfunzionamento dei sistemi di segnalazione del rimorchiatore.

L’ennesima morte "bianca" ha riacceso con forza il dibattito sulla sicurezza nei luoghi di lavoro campani. Giovanni Sgambati, segretario generale della Uil di Napoli e della Campania, ha espresso parole durissime sull'accaduto:

«Questa tragedia è la dimostrazione che sulla sicurezza servono misure straordinarie. Laddove non si rispettano i contratti collettivi e si lascia spazio alla sola velocità produttiva, lì si insidia un fenomeno che va contrastato con mezzi eccezionali».

La salma di Burtone resta a disposizione dell'Autorità Giudiziaria per i rilievi autoptici, mentre il cantiere di via Gianturco è finito sotto sequestro per permettere ulteriori verifiche tecniche.

Nuovo stadio del Napoli, Manfredi frena: “Sì al progetto, ma solo se è realizzabile”

Il Comune di Napoli non chiude alla possibilità di un nuovo stadio per la Ssc Napoli, ma invita a tenere i piedi ben piantati a terra. A chiarire la posizione di Palazzo San Giacomo è il sindaco Gaetano Manfredi, intervenuto a margine di un evento legato all’America’s Cup all’istituto Marie Curie di Ponticelli.

“Con il ministro Abodi siamo in contatto continuo per trovare soluzioni positive per le opportunità della città, anche per gli Europei”, ha spiegato Manfredi, sottolineando come il confronto con il Governo sia costante. Sullo stadio Diego Armando Maradona, il sindaco ribadisce che il lavoro è già avviato: “Sul Maradona stiamo andando avanti, sulla progettazione e anche sul reperimento delle risorse. Cerchiamo di muoverci su delle prospettive concrete”.

Più complesso il discorso legato all’ipotesi di un nuovo impianto nella zona del mercato Caramanico. Anche in questo caso, Manfredi tiene a precisare che non esiste una preclusione politica: “Non siamo mai stati contro la possibilità che ci sia un nuovo stadio. Se la società vuole fare un nuovo stadio, noi siamo assolutamente favorevoli”. Subito dopo, però, arrivano le condizioni che rendono il progetto tutt’altro che semplice. “È chiaro che deve essere un’ipotesi realizzabile”, avverte il sindaco, entrando nel merito delle criticità dell’area individuata.

“Il Caramanico è un mercato dove ci sono 500 concessionari che hanno una concessione a lungo termine, quindi è veramente molto difficile spostare tutti da lì perché loro hanno un diritto”, spiega Manfredi, ricordando come il tema dei diritti acquisiti rappresenti un ostacolo rilevante. A questo si aggiunge la questione dei tempi: “Io l’ho detto dall’inizio, anche perché noi per gli Europei abbiamo dei tempi abbastanza serrati”.

La linea dell’amministrazione resta dunque improntata al dialogo, ma senza scorciatoie. “C’è sempre dialogo da parte del Comune”, conclude il sindaco, “però su cose che sono tecnicamente realizzabili”. Un messaggio chiaro alla società azzurra: apertura massima, ma solo davanti a progetti concreti e sostenibili.

Botafogo, esonero lampo per Davide Ancelotti: out dopo cinque mesi

Si chiude in anticipo e con più ombre che luci la prima avventura da capo allenatore di Davide Ancelotti. Il Botafogo ha ufficializzato l’esonero del tecnico trentaseienne dopo appena cinque mesi dal suo approdo a Rio de Janeiro, mettendo fine a un progetto che avrebbe dovuto avere respiro lungo e che invece si è arenato ben prima della scadenza contrattuale fissata a dicembre 2026.

Sul campo i risultati non hanno convinto fino in fondo. Il Botafogo ha chiuso il campionato brasiliano al sesto posto, lontanissimo dalla vetta e con un distacco di sedici punti dal Flamengo campione, mentre in Copa Libertadores il cammino si è fermato agli ottavi di finale contro la LDU di Quito. Un bilancio giudicato insufficiente per una squadra chiamata a confermarsi dopo i successi della stagione precedente.

Eppure, secondo quanto riportato da O Globo, la dirigenza non aveva inizialmente bocciato in toto il lavoro dell’ex assistente di Real Madrid e Napoli. La valutazione tecnica era considerata nel complesso positiva, ma appesantita da un dato che ha fatto scattare l’allarme all’interno del club: il numero elevato di infortuni muscolari registrati nel corso della stagione.

Proprio questo aspetto avrebbe innescato la rottura definitiva. Il Botafogo avrebbe individuato nel preparatore atletico Luca Guerra, uomo di fiducia di Ancelotti, il principale responsabile dei problemi fisici, chiedendo al tecnico un cambio immediato nello staff. Di fronte alla richiesta di rinunciare al suo collaboratore, Ancelotti avrebbe inizialmente aperto al dialogo per poi scegliere di difendere il proprio gruppo di lavoro. Una presa di posizione che ha segnato il punto di non ritorno e spinto il club a interrompere subito il rapporto.

Truffe agli anziani, sgominata rete tra Abruzzo e Campania: un arresto e sei denunciati

Colpivano le vittime più fragili, gli anziani, con il collaudato schema della “truffa del falso familiare”, poi facevano sparire i soldi trasformandoli in criptovalute. Un’organizzazione con base tra Napoli e Caserta, attiva su tutto il territorio nazionale, è stata smantellata dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Pescara, che hanno eseguito una misura degli arresti domiciliari e denunciato altre sei persone. Tutti gli indagati risiedono tra le province di Napoli e Caserta.

L’operazione è scattata sotto il coordinamento della Procura della Repubblica ed è il risultato di un’indagine avviata nel giugno 2024, dopo la denuncia presentata da un anziano del circondario pescarese. L’uomo era stato raggirato con una telefonata in cui un finto familiare, facendo leva sull’urgenza e sulla paura, era riuscito a farsi consegnare 997 euro, seguendo un copione ormai tristemente noto.

Gli accertamenti successivi hanno consentito di ricostruire i ruoli e le responsabilità all’interno del gruppo e di individuare una struttura organizzata, capace di operare a distanza e su più regioni. La misura cautelare degli arresti domiciliari è stata disposta anche alla luce delle perquisizioni effettuate lo scorso novembre, con il supporto dei carabinieri di Napoli e Caserta, durante le quali sono stati sequestrati numerosi telefoni cellulari e supporti informatici.

Dall’analisi dei dispositivi e dei flussi finanziari è emerso un elemento chiave: il denaro ottenuto dalle truffe veniva rapidamente convertito in bitcoin, un sistema utilizzato per rendere più difficile la tracciabilità dei proventi illeciti. Un dettaglio che ha rafforzato il quadro indiziario e confermato la dimensione organizzata dell’attività criminale.

Omicidio Vassallo, la Cassazione annulla ancora l’ordinanza del Riesame di Salerno

Ancora una volta la Cassazione interviene sul caso dell’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco pescatore di Pollica-Acciaroli ucciso nel 2010, e rimette in discussione l’impianto accusatorio. Gli ermellini hanno infatti annullato per la seconda volta l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Salerno che aveva confermato la misura cautelare disposta dal gip nei confronti del colonnello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, dell’ex brigadiere Lazzaro Cioffi, dell’imprenditore Giuseppe Cipriano e dell’ex collaboratore di giustizia Romolo Ridosso.

Il nodo resta quello dei gravi indizi di colpevolezza. Su questo punto la Suprema Corte, accogliendo il ricorso presentato dalla difesa di Cagnazzo, ha ritenuto non adeguatamente motivata la decisione del Riesame, disponendo il trasferimento degli atti a un’altra sezione, chiamata ora a rivalutare l’intero quadro indiziario. Un passaggio che pesa come un macigno su un’inchiesta già segnata da forti contrasti giudiziari.

I quattro indagati erano finiti in carcere circa un anno fa, accusati a vario titolo di essere coinvolti nell’omicidio del primo cittadino simbolo della lotta alla criminalità e alla speculazione sul territorio cilentano. Il Tribunale del Riesame di Salerno aveva inizialmente confermato le misure cautelari, salvo poi revocarle in un secondo momento, lasciando comunque i quattro in detenzione per un periodo complessivo di sette mesi.

Con questo nuovo annullamento, la Cassazione non entra nel merito delle responsabilità, ma rimarca ancora una volta la fragilità delle valutazioni fin qui espresse sui presunti indizi. Un segnale forte che riapre interrogativi e allunga i tempi di una vicenda giudiziaria complessa, che da anni attende una verità definitiva. La partita ora passa a un nuovo collegio, chiamato a riesaminare gli atti e a pronunciarsi su basi che, per la seconda volta, la Suprema Corte ha giudicato insufficienti.

Arzano, furto di energia e pistola: arrestati l'imprenditore Luigi Attrice e il padre

Arzano– Un’azienda operativa senza contratto di energia ma alimentata lo stesso, grazie a un presunto allaccio diretto alla rete elettrica. È lo scenario ricostruito dai carabinieri della Tenenza di Arzano nel tardo pomeriggio di ieri, al termine di un intervento in uno stabilimento che produce infissi in alluminio e ferro.

I militari avrebbero accertato l’assenza di una regolare fornitura, nonostante l’illuminazione e i macchinari risultassero funzionanti: da qui la contestazione del furto di energia elettrica, con il sequestro dell’impianto abusivo e gli accertamenti tecnici per quantificare il danno.

Ma il controllo avrebbe fatto emergere anche un secondo fronte, ben più delicato. In uno degli uffici, infatti, è stata rinvenuta e sequestrata una pistola calibro .357 Magnum con matricola abrasa e 6 proiettili nel tamburo. Nel corso della perquisizione sarebbero state recuperate anche 43 cartucce dello stesso calibro, 50 cartucce calibro 9x21, 7 cartucce calibro 7,65 e una carabina ad aria compressa.

In manette sono finiti i titolari della società: Luigi Attrice, 32 anni, e il padre, 60 anni. Dopo le formalità di rito, i due sono stati posti agli arresti domiciliari, in attesa di giudizio, e dovranno rispondere di furto di energia elettrica e detenzione di arma clandestina (oltre alle ulteriori valutazioni dell’autorità giudiziaria in relazione alle munizioni).

 Il nome del 32enne compare nelle inchieste sul clan ella 167

Il nome del 32enne – secondo quanto riportato nella bozza – compare in precedenti atti d’indagine legati al contesto criminale della zona 167 e alla cosca dei Monfregolo; si tratta però di un riferimento di contesto che, allo stato, non equivale a nuove contestazioni in questo procedimento.

Il nome di Luigi Attrice compare in molte inhcieste giudizairie e ordinanze cautelari che riguardoano il clan della 167 e in particolare la cosca dei Monfregolo.

P.B.

Acerra, scoperta pescheria abusiva in casa: sequestrati 110 chili di anguille protette

Una vera e propria pescheria clandestina, nascosta all’interno di una dimora privata nell’agro del Comune di Acerra. È quanto hanno scoperto i Carabinieri Forestali nel corso di un’operazione mirata al controllo della filiera ittico-alimentare, condotta dai militari del Nucleo CITES di Napoli, del Nucleo Forestale di Marigliano e della Stazione dei Carabinieri di Acerra. L’intervento nasce da una segnalazione che indicava la presenza di un’attività abusiva dedita soprattutto alla vendita di anguille.

Una volta sul posto, i militari si sono trovati davanti a uno scenario inequivocabile. In un manufatto metallico erano state allestite vasche in vetro contenenti numerosi esemplari di Anguilla anguilla, insieme a una bilancia per alimenti e a tutta l’attrezzatura tipica della pesca di frodo. Reti a maglie strette utilizzate per la cattura delle cieche, lo stadio giovanile dell’anguilla, e cosciali da pesca per operare in fiumi e torrenti completavano il quadro di un’attività organizzata e tutt’altro che occasionale.

A confermare la finalità commerciale dell’illecito sono stati rinvenuti anche alcuni block notes, nei quali erano annotate prenotazioni, quantitativi di pescato e somme di denaro da riscuotere dai clienti. Un sistema di vendita strutturato, portato avanti in totale assenza di autorizzazioni e senza alcuna garanzia per la salute dei consumatori.

L’operazione ha portato al deferimento all’autorità giudiziaria di un uomo di 73 anni, proprietario dell’immobile, e al sequestro di oltre 110 chilogrammi di anguille detenute senza documentazione che ne attestasse la provenienza. Tutta l’attrezzatura utilizzata per la pesca illegale è stata posta sotto sequestro, mentre il personale dell’Asl, intervenuto successivamente, ha contestato sanzioni amministrative per la totale mancanza dei requisiti igienico-sanitari.

La gravità del fatto è aggravata dalla specie coinvolta. L’Anguilla anguilla è inserita negli elenchi della Convenzione di Washington ed è considerata vulnerabile, tanto che oltre il 95 per cento della popolazione è già scomparso. Si tratta di una specie a rischio estinzione, classificata nella lista rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, il cui ciclo vitale richiede anni di migrazioni dai fiumi al mare per la riproduzione.

Gli esemplari sequestrati, ancora vivi, sono stati liberati in mare in una zona ritenuta idonea. Un gesto che restituisce valore all’azione dei Carabinieri Forestali, mirata non solo a reprimere le illegalità economiche, ma anche a proteggere un ecosistema marino sempre più depredato. L’operazione, infatti, ha un duplice obiettivo: tutelare la salute dei consumatori e difendere un patrimonio naturale messo seriamente a rischio da pratiche illegali e predatorie.

La Compagnia teatrale Oplontis torna al Supercinema di Castellammare per l'appuntamento natalizio

La compagnia teatrale Oplontis, diretta dal regista Leopoldo Speranza, torna anche quest’anno sul palcoscenico del Supercinema di Castellammare di Stabia per il tradizionale appuntamento natalizio.

Saranno tre serate imperdibili, all’insegna della comicità partenopea più autentica, che promettono di divertire e coinvolgere il pubblico stabiese, da sempre affezionato e pronto ad accogliere con entusiasmo gli artisti della compagnia, nota per la sua verve e professionalità.

Dal 19 al 21 dicembre la compagnia teatrale Oplontis celebra i suoi trent’anni di attività portando in scena al Supercinema di Castellammare di Stabia la commedia “Arezzo 29 in tre minuti”.

Il testo, in due atti, è firmato dai fratelli Gaetano e Olimpia Di Maio – rispettivamente commediografo e poeta lui, attrice e impresaria lei – entrambi noti per aver affrontato con ironia e comicità temi di forte rilevanza sociale.

Ambientata in un tipico basso napoletano, “Arezzo 29 in tre minuti”,racconta le disavventure del tassista Salvatore e della sua gelosissima moglie Vincenza. La regia di Leopoldo Speranza guida un cast che punta a regalare al pubblico stabiese una serata di pura comicità, tra equivoci, colpi di scena e un finale sorprendente.

Il cast vede impegnati Stefania Lamberti, Leopoldo Speranza – nella doppia veste di attore e regista – Roberto Nolano, Federica Caligiuri, Mimmo Anastasio, Loretana Manna, Mario Scarpa, Mariarosaria Pellino, Peppe Forcella, Francesca De Pascale, Enzo Rago, Gianmario Savastano.

Il contributo tecnico e organizzativo è affidato ad  Antonello De Simone e Vito Orlando per luci e audio, Massimo Malvolta per la scenografia.

Per chi ama il teatro napoletano non solo divertimento, anche un appuntamento che celebra una lunga storia di passione artistica.

Di seguito le informazioni nel dettaglio:

Venerdì 19 dicembre ore 20:30

Sabato   20 dicembre ore 20:30

Domenica 21 dicembre ore 19:00

Location: Teatro Supercinema, Castellammare di Stabia.

Info e prenotazioni: 3293956795

Avellino: sequestrate 15mila bombe clandestine e 18mila decorazioni pericolose

Avellino– Con l’avvicinarsi delle feste, il mercato nero dei fuochi d’artificio e degli addobbi natalizi “taroccati” o pericolosi si mobilita, ma la Guardia di Finanza risponde picche. Il Comando Provinciale di Avellino ha sferrato una serie di colpi mirati, intensificando i controlli nel territorio irpino.

L’obiettivo: stroncare il traffico illecito di materiale esplodente e la vendita di prodotti contraffatti o insicuri che possono trasformare le celebrazioni in una trappola per i consumatori.

Dall’inizio del mese, i militari dei reparti territoriali hanno fatto piazza pulita in diverse attività commerciali della provincia. Il bottino è impressionante: oltre 15.000 artifici pirotecnici sequestrati perché privi delle necessarie autorizzazioni per una detenzione sicura. Due persone sono state denunciate all’Autorità Giudiziaria per violazione dell’articolo 678 del Codice Penale (detenzione pericolosa di materie esplodenti).

Ma non solo fuochi illegali. Nella stessa rete sono finiti più di 18.000 articoli natalizi – tra decorazioni elettriche, luci e prodotti cosmetici – giudicati non conformi alle severe norme di sicurezza. Per questa parte, due soggetti sono stati segnalati alla Camera di Commercio locale.

Le operazioni si inseriscono in un più ampio piano di contrasto voluto dal Prefetto di Avellino in sede di Comitato Provinciale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica. Un’azione che va ben oltre la semplice repressione: "Queste attività – sottolineano dalla Finanza – rappresentano un presidio costante di legalità". Uno scudo a protezione dell’incolumità fisica dei cittadini e delle famiglie, ma anche una garanzia per le imprese oneste, troppo spesso soffocate dalla concorrenza sleale di chi aggira le regole.

Mentre la città si illumina a festa, le Fiamme Gialle lanciano un monito chiaro: il mercato dei prodotti natalizi, soprattutto quelli legati alla pirotecnica, sarà sotto costante osservazione. Per evitare che, tra un brindisi e un regalo, a esplodere sia un pericolo nascosto.

 

Arzano, inquinamento oltre la soglia limite: scattano misure urgenti sino al 24 dicembre

Arzano –  I livelli di PM10 hanno superato la soglia di attenzione. A segnalarlo è stata l’Arpac, che ha rilevato concentrazioni superiori a 50 microgrammi per metro cubo nelle aree IT1507 e IT1508 nella giornata dell’11 dicembre 2025. Alla luce dei dati trasmessi dall’U.O.C. Monitoraggio e CEMEC e della persistenza di condizioni meteo-ambientali sfavorevoli al rimescolamento dell’aria, il Comune di Arzano ha adottato misure temporanee e urgenti per la tutela della salute pubblica.

Con nota del 15 dicembre è stato acquisito il bollettino ARPAC di monitoraggio della qualità dell’aria relativo alla giornata di giovedì 11 dicembre 2025, dal quale si evince il superamento del limite di 50 µg/m3 di PM10, della qualità dell’aria delle zone IT1507 e IT1508 e la presenza di concomitanti condizioni meteo ambientali che non favoriscono il rimescolamento dell’aria.

La Procedura operativa in questi casi prevede, l’obbligo, in capo ai Comuni destinatari, tutti appartenenti alla zona succitata (comprendente anche il territorio comunale di Arzano), l’adozione, nel giorno feriale successivo alla comunicazione, dei provvedimenti di contrasto del PM10 previsti per i tre giorni successivi e la verifica del loro rispetto.

Pertanto con apposita ordinanza sindacale si è avvisato la cittadinanza, al fine di ridurre le emissioni di inquinanti in atmosfera, dal 20 dicembre – 24 dicembre 2025: il divieto per qualsiasi tipologia di combustione all’aperto anche per abbruciamento in piccoli cumuli e in quantità giornaliere non superiori a tre metri steri per ettaro dei materiali vegetali, e il divieto di utilizzare generatori con la classe di prestazione emissiva inferiore a 4 stelle, fermi restando i limiti e le deroghe previste.

Disponendo il potenziamento dei controlli riguardo al rispetto del divieto di utilizzo degli impianti termici a biomassa legnosa, di combustione all’aperto e di spandimento dei liquami e del divieto per tutti i veicoli di sostare con il motore acceso, come previsto da Codice della Strada. Avvertendo che, salvo i casi previsti dal Codice penale o da diversa disposizione di legge, per la violazione della presente ordinanza è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria. Il servizio di controllo spetterà alle Polizia Locale, unitamente a tutti gli altri Agenti della Forza Pubblica.

P.B.

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