Covid a Napoli: piene le intensive e subintensive negli ospedali

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Per la prima volta, dopo mesi, la Campania ha il numero più alto di positivi al Covid di tutto il Paese e, per la prima volta, vede crescere anche il numero di ricoveri in ospedale in intensiva e subintensiva.

Con i sette ricoveri di ieri in rianimazione, la Campania ha 132 posti occupati raggiungendo così il punto di massima dal 14 dicembre scorso mentre la diffusione del virus resta di poco sopra il valore uno: valore che segna il passaggio dal livello lineare a quello esponenziale.

Maurizio Di Mauro, infettivologo e manager dell’Azienda dei Colli che comprende il Cto, il Monaldi e il Cotugno,  in una intervista a Il Mattino di oggi, fa il punto della situazione dichiarando che la situazione è ancora sotto controllo, il pronto soccorso è ancora gestito senza particolare affanno ma la subintensiva è piena.

“I posti si liberano soprattutto grazie a un aumentato lavoro di gestione del turn over con tre riunioni al giorno in ogni reparto per capire chi può essere trasferito da una unità all’altra, e chi invece può fare ritorno all’assistenza domiciliare – spiega il dottor Di Mauro – I posti si liberano al mattino e vengono occupati di sera. Assistiamo però a un progressivo spostamento della richiesta di cure verso l’area intensiva. In pratica tutti, anche in degenza ordinaria, hanno bisogno di sostegno con l’ossigeno”.

 

“A fronte della calca e degli assembramenti visti in città nelle ultime settimane, continua il manager Di Mauro, è inevitabile attendersi un aumento delle richieste di ricovero e, se fosse necessario, dovremmo ripercorrere a ritroso tutto quanto è stato fatto nel picco della seconda ondata. Grazie ai vaccini, e a una maggiore attenzione sul fronte della prevenzione, contiamo di non arrivare più a quello scenario catastrofico”.

    L’aumento dei ricoveri secondo Di Mauro è stata una costante negli ultimi 20 giorni: “una progressiva crescita diventata poi stazionaria da alcuni giorni solo grazie alla perfetta gestione di ingressi e uscite”, la definisce il medico.

    “Va detto – precisa – che anche la letalità conta, purtroppo, nel liberare alcuni posti soprattutto in area critica. Una rianimazione sconta circa il 50% di letalità. Dall’inizio del mese di febbraio abbiamo molti ultra ottantenni critici. Abbiamo ricoverato anche una persona di 100 anni. Speriamo di salvarla ma non mancano pazienti più giovani, tra i 50 e i 60 anni, sani e senza altre patologie, che arrivano qui con mezzi propri e con forme già severe di malattia. È difficile ma resistiamo”.

    Sulla temuta terza ondata Di Mauro fa sapere che dopo uno spiraglio avuto tra dicembre e gennaio, “siamo tornati lentamente all’orlo. Stiamo gestendo una condizione difficile con una subintensiva sempre piena e pochi posti liberi. La terza ondata potrebbe essere questa e non necessariamente un picco. In base ai modelli previsionali ci aspettiamo un ulteriore picco entro la metà di marzo, prima della fisiologica riduzione con la primavera e l’estate”.

    Poi c’è la variante inglese che certamente circola da quanto si evince dal progetto di sorveglianza sanitaria che si sta attuando con l’Istituto Zooprofilattico e il Tigem.

    In effetti secondo di Mauro “qualcosa nelle ultime settimane è cambiato: vediamo molti casi critici e pochi a decorso benevolo. Ma questo potrebbe essere l’esito che dipende da varie altre variabili, come essere un hub regionale, l’aumento dell’età media dei ricoverati ma anche la concomitanza di fattori stagionali.
    Negli ultimi mesi vediamo soprattutto polmoniti. Prima c’era una certa gradualità, ora sono quasi tutte forme complesse. Ciò necessita di un intervento più tempestivo e di un livello più alto dell’intensità delle cure. Casi tutti complessi, seri e gravi”.



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