Legambiente Recovery Plan, le opere da realizzare e quelle da evitare in Campania

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Per un’Italia più verde, innovativa e inclusiva, Legambiente presenta il suo Piano nazionale di Ripresa e Resilienza che serve al Paese

In Campania tra i progetti Sì ad acquisto treni metropolitani, potenziamento trasporto pubblico aree interne ed elettrificazioni porti, sviluppo fotovoltaico e riqualificazione pubblica e popolare
NO Centrale a gas di Presenzano e raddoppio centrale di Sparanise

Un’Italia più verde, più vivibile, innovativa e inclusiva. Così potrà diventare la Penisola da qui al 2030 se saprà utilizzare al meglio le opportunità e le risorse che l’Europa ha messo a disposizione dell’Italia con il Next Generation EU (NGEU). Di ciò ne è convinta Legambiente che, nel giorno in cui viene audita in Parlamento in Commissione Ambiente della Camera dei deputati, per dare una “scossa” alla recente discussione poco centrata sui contenuti presenta il suo Recovery Plan. Il documento in questione ci proietta verso l’Italia del 2030 e indica, per le 6 missioni indicate dall’Europa, 23 priorità di intervento, 63 progetti territoriali da realizzare insieme a 5 riforme trasversali necessarie per accelerare la transizione ecologica del Paese per renderlo più moderno e sostenibile, dando il via ad una nuova stagione della partecipazione e della condivisione territoriale.

Tra i progetti da finanziare, Legambiente indica per la Campania l’acquisto treni della metropolitana di Napoli, potenziamento trasporto pubblico dell’aree interne ed elettrificazione de porti; fotovoltaico sui tetti pubblici, comunità energetiche, la realizzazione di digestori anaerobici per il trattamento della frazione organica differenziata, con produzione di biometano e compost di qualità, in ogni provincia Campania; riqualificazione edilizia residenziale pubblica.

    Nel dettaglio – commenta Legambiente – sul fronte della mobilità per liberare le città da traffico e smog, per consentire a chi decide di rimanere nelle aree interne di poter raggiungere per lavoro e studio le città principali, per essere alla pari con la media italiana e europea di servizi a favore dei pendolari, la Campania ha bisogno di importanti investimenti per rafforzare il trasporto pubblico, un asset strategico ambientale e sociale. Dal 2011 al 2018 in Campania il calo dei pendolari è stato vertiginoso, passando dai 467.000 a 262.855 pari al 43,7% in meno, dato peggiore tra tutte le regioni italiane. In termini pratici sono oltre 204mila i pendolari che hanno abbandonato il trasporto pubblico per i mezzi privati: con una stima molto cautelativa almeno 100mila automobili in otto anni sono tornate a circolare con più ingorghi e più smog. Sono 350 i treni in servizio sulla rete regionale, con una età media dei convogli in circolazione sulla rete regionale di 19,7 anni. Non diversa la situazione a Napoli, con 81 treni metropolitani con una età media del materiale rotabile di 20,6 anni, mentre il 77,8% dei treni ha più di 15 anni. Per non parlare delle aree interne collegate malissimo con il trasporto pubblico. Sul fronte dell’Elettrificazione porti di Napoli, Salerno e Castellammare: luoghi importanti per traiettorie economiche orientate verso il Mediterraneo che innescano un grosso indotto sullo sviluppo regionale e dell’intero Mezzogiorno. Tali traffici hanno un impatto ambientale sulle città, soprattutto Napoli, il cui porto si trova nel centro della città. Necessario quindi finanziare grandi progetti di elettrificazione e infrastrutturazione dei porti campani collegandoli ai progetti ambiziosi delle Zes(Zone Economiche Speciali) per il rilancio del commercio e dei nuovi cantieri navali di Castellammare. Per quanto riguarda la Transizione energetica, in Campania si produce il 44% di elettricità da rinnovabili. Affinché si realizzino gli obiettivi del primo PEAR (Piano Energetico Ambientale Regionale) c’è bisogno di risorse adeguate, altrimenti si trasformerebbe in un libro dei sogni. La transizione energetica campana passa attraverso più settori: per le bioenergie a partire da rifiuti, agricoltura e zootecnia attraverso impianti di digestione anaerobica per produrre biometano e compost di qualità; per le città attraverso una grande opera di installazione di fotovoltaico a partire dai tetti pubblici favorendo la realizzazione di comunità energetiche; per le aree interne, evitando l’abbandono di terreni incolti e promuovendo la realizzazione di progetti di agrivoltaico per incentivare lo sviluppo locale attraverso la multifunzionalità dell’agricoltura. Accompagnando gli interventi con investimenti su smart grid e mini smart grid.

    Per la rigenerazione e riqualificazione dell’edilizia residenziale pubblica serve un massiccio intervento sulla rigenerazione e riqualificazione dell’edilizia sociale a partire dalla manutenzione, messa in sicurezza ed efficientamento energetico delle abitazioni nelle popolose periferie campane e degli istituti scolastici campani. Una misura che garantirebbe un miglioramento della qualità della vita dei cittadini, un forte impatto su ambiente e occupazione, una diminuzione delle diseguaglianze.

    Tra i progetti da evitare e che l’associazione ambientalista boccia c’è nella provincia di Caserta la costruzione di una centrale termoelettrica a Presenzano (810 MW) e il raddoppio della cen¬trale termoelettrica di Sparanise (1700 MW). “Per affrontare la transizione energetica- commenta Mariateresa Imparato, presidente Legambiente Campania- e rispondere alle esigenze di sicurezza e flessibilità della rete non è necessaria la realizzazione di nuove centrali a gas. Entrambi i progetti risultano oggi inutili dal punto di vista energetico e dannosi dal punto di vista climatico. Questi interventi devono essere accompagnati da un profondo pacchetto di riforme per accelerare la transizione ecologica: servono più semplificazioni, controlli pubblici migliori, un’organizzazione burocratica aggiornata professionalmente e all’altezza della sfida, una maggiore partecipazione con una nuova legge sul dibattito pubblico che riguardi tutte le opere per la transizione verde, per coinvolgere i territori e ridurre le contestazioni locali. Solo così – conclude Imparato- si darà concretezza al nome scelto per il PNRR: Next Gene¬ration Italia, con un forte richiamo agli impegni che si assumono per le prossime generazioni. Ma perché alle intenzioni dichiarate corrispondano i fatti è necessaria quella volontà politica che non abbiamo visto finora. È il momento di mostrarla a partire dalla nostra regione”.



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