Un avvocato a capo della banda dei finti incidenti. Complici un Giudice di Pace e un cancelliere: 10 arresti e 14 indagati

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 La Polizia Stradale di Roma, coordinata dalla Procura della Repubblica, e coadiuvata sul territorio dalla Polizia Stradale di Napoli, ha eseguito 10 ordinanze di custodia cautelare per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa alle assicurazioni e connessi reati contro la fede pubblica e la pubblica amministrazione. Inoltre, sono state denunciate in stato di libertà altre 14 persone. E’ partita dalle denunce, presentate dalle Compagnie di assicurazione e dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, l’indagine sviluppata, in prima battuta, dalla Procura della Repubblica di Napoli e successivamente dalla Procura della Repubblica capitolina, alla quale il fascicolo e’ stato trasferito per competenza, in quanto coinvolto un Giudice di Pace del mandamento di Sant’Anastasia. Quello che è emerso, dopo circa due anni di investigazioni dei poliziotti del Compartimento Polizia Stradale per il Lazio e l’Umbria, hanno fatto sapere gli agenti, è stato “un vero e proprio ‘sistema’, volto a trarre ingenti profitti da incidenti stradali mai avvenuti, costruiti ‘ad arte’ da una vera e propria organizzazione a delinquere specializzata e ramificata nel territorio campano, che agiva in modo seriale”. Nel corso dei due anni di attività investigativa, è stato accertato che le procedure messe in piedi dall’organizzazione, hanno reso oltre 1 milione e mezzo di euro. Il protagonista principale sarebbe un avvocato del Foro di Avellino che, insieme ad alcuni colleghi, si sarebbe adoperato per costruire la dinamica e il fascicolo dei sinistro. I sinistri stradali, mai avvenuti, venivano rappresentati come “incidenti con fuga”, dove l’ipotetico responsabile era sempre irreperibile.

Previo compenso, venivano ingaggiate persone che fingevano di essere vittime di incidenti stradali e altre, invece, che dovevano interpretare il ruolo dei testimoni, rendendo falsa testimonianza sulla dinamica del sinistro. La finta vittima, dopo aver conferito il mandato all’avvocato, veniva contattata da altri membri dell’organizzazione per essere accompagnata presso strutture sanitarie pubbliche, dove un medico compiacente stilava certificati che attestavano conseguenze traumatiche, dell’incidente mai avvenuto. Talvolta venivano ideati incidenti stradali sulla base di radiografie, già illegalmente possedute dall’organizzazione, dalle quali scaturiva la diagnosi del primo soccorso, ovviamente con lesioni compatibili alle circostanze del sinistro. In tali episodi gli esami diagnostici e la documentazione sanitaria di ignari pazienti, veniva acquisita illecitamente dalle strutture sanitarie. L’avvocato inoltrava la richiesta risarcitoria al Fondo di garanzia per le Vittime della strada, restando poi in attesa di ricevere la proposta economica di indennizzo. Nel secondo livello organizzativo del sistema criminale, l’avvocato ed i suoi sodali si sarebbero avvalsi dei contatti con un Giudice di Pace e un Cancelliere. Quest’ultimo, nella fase di iscrizione a ruolo avrebbe pilotato il fascicolo del finto sinistro dirottandone l’assegnazione al Giudice di Pace compiacente. Secondo gli agenti, tutti i componenti dell’organizzazione erano retribuiti secondo il livello funzionale e la tipologia di prestazione svolta; tuttavia il valore del compenso era sempre proporzionale al valore del risarcimento ottenuto.

Le indagini, supportate da attività intercettiva, avrebbero consentito di individuare i vari livelli di responsabilità, le peculiarità organizzative dei sodali ed il livello di penetrazione nel tessuto sociale del contesto in cui operavano. L’associazione, inoltre, si sarebbe avvalsa dell’utilizzo di telecamere a circuito chiuso per il controllo degli ambienti e la disponibilità di numerose schede telefoniche per la gestione dei contatti. Le modalità di organizzazione della rete criminale e di interazioni tra i sodali sono risultate rigide e vincolate, con l’obiettivo di garantire l’anonimato dei vertici del gruppo criminale. Per questo, per gli scambi di informazione o la pattuizione dei compensi, sarebbero stati impiegati degli intermediari, allo scopo di evitare contatti diretti tra i capi e i complici occasionali, avvalendosi di sodali che svolgevano mansioni di livello inferiore. Talvolta, nelle conversazioni venivano adottate tutte le cautele possibili anche utilizzando allusioni e metafore.


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