Terreni inquinati da arsenico nel casertano, la Procura ordina un nuovo sequestro

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Dopo il sequestro dei pozzi utilizzati per uso domestico e irrigazione e risultati contaminati dall’arsenico, arriva nell’ex area industriale Saint Gobain, compresa tra la città di Caserta e il limitrofo comune di San Nicola la Strada, anche il sequestro dei terreni – dell’estensione di 26mila metri quadrati – in cui insistono i pozzi. E’ stata la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere ad emettere il decreto di sequestro d’urgenza – confermato dal Gip – dopo che sono arrivati dai laboratori dell’Arpac gli esiti dei carotaggi nei terreni oggetto di indagine, che hanno fatto emergere una situazione di inquinamento da sostanze industriali, come appunto l’arsenico, il berillio, il tricloroetano, presenti in quantità che superano ampiamente, da sei a quattordici volte, la soglia di contaminazione prevista dalla legge. Sostanze già presenti nella falda, come accertato nella prima fase dell’indagine, che a febbraio scorso aveva portato al sequestro dei 12 pozzi contaminati, dove è emersa la presenza di circa 9000 milligrammi per litro di arsenico, una “quantità abnorme” per il procuratore di Santa Maria Capua Vetere Maria Antonietta Troncone (la soglia legale è di 10 mg). Sono stati i carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico di Caserta e quelli del Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale, Agroalimentare e Forestale a realizzare le indagini ed eseguire i sequestri. L’area dove sono stati sequestrati i pozzi e i terreni contaminati era nota negli anni ’60 e ’70 come la “piscina rossa”: vi era infatti una cava, sul cui fondo ristagnavano liquami contenenti arsenico e altre sostanze chimiche, residui dell’attivita’ di lavorazione del ferro e del vetro, nei pressi dell’industria Saint Gobain. “L’inquinamento della zona – disse a febbraio la Troncone – è la conseguenza dell’attività industriale posta in essere dall’opificio Saint Gobain dal 1958, quando l’area era a vocazione agricola, al 1988, quando l’azienda fu dismessa”. In 30 anni – è emerso – la cava attigua fu riempita di rifiuti. Nella zona, inoltre, fece notare il Procuratore, “si registra un’alta incidenza di tumori, specie alla prostata, anche se non si può stabilire il nesso di causalità tra l’inquinamento provocato dall’attività industriale e queste morti”. Anche il proprietario di una delle aree sequestrate è morto un anno fa proprio per un tumore alla prostata, “patologia che sembra legata proprio alla contaminazione da arsenico – spiegò allora la Troncone – che è la seconda sostanza chimica più cancerogena”



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