Napoli, la capitale dei set. Una nuova Cinecittà nel reportage di Marcelle Padovani

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“Oltre cinquecento pellicole, tra film, corti e documentari in tre anni” suggeriscono di parlare di nuova Cinecittà, scrive la giornalista Marcelle Padovani nel suo reportage pubblicato da L’Obs.
Dal set della serie “I bastardi di Pizzofalcone”, adattamento del romanzo di Maurizio De Giovanni, del regista Alessandro D’Alatri, con il quale la giornalista francese apre il suo servizio, alla serie tratta dal best seller di Elena Ferrante l’Amica geniale, diretta da Saverio Costanzo.
Il rilancio di Napoli come set è cominciato nel 2015 – si racconta – con la prima stagione della serie “Gomorra”, realizzata con maestranze napoletane e venduta poi in oltre centonovanta territori nel mondo. Da allora la città, racconta la Padovani, ha accolto cinquecento produzioni in tre anni e oggi si stanno girando una decina di film e serie, ancora, quarta stagione di “Gomorra”, la serie Sky realizzata da Cattleya, che il periodico francese ha scelto proprio come immagine a corredo dell’articolo con il popolare Genny Savastano (Salvatore Esposito).
La Padovani cerca di capire da dove arrivi il vero e proprio “Miracolo a Napoli”. “Non dimentichiamo che Napoli è da sempre la capitale italiana della cultura, come Roma la capitale amministrativa e Milano quella economica. Napoli sa accogliere tutti da millenni a braccia aperte, anche gli invasori, e oggi fa lo stesso con troupe di cinema e televisione”, scrive L’Obs che ricorda la nascita della Film Commission, voluta dieci anni fa dalla Regione Campania per attirare i grandi produttori, e l’Ufficio Cinema, creato tre anni fa dal comune di Napoli “senza spendere un soldo”. “Napoli è l’unica città al mondo che può offrire questo lusso”, spiega il sindaco De Magistris. “Qui non facciamo pagare ai produttori la tassa di occupazione del suolo pubblico, mettiamo la polizia a disposizione degli sceneggiatori, apriamo gratis alle troupe televisive i palazzi municipali abbandonati, diamo prova di flessibilità sulle norme in nome della cultura”.



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