Napoli - Le recenti indagini della Direzione Distrettuale Antimafia hanno ricostruito la rete di affari che, da Melito a Dubai, ha garantito al clan Amato-Pagano un ruolo da protagonista nel mercato europeo della cocaina.
La collaborazione di Imperiale e le recenti dichiarazioni dei nuovi pentiti hanno dato un nome e un volto al potere nascosto degli Amato-Pagano.
Ma, come scrive un investigatore in una delle: "Gli Amato-Pagano non muoiono mai, cambiamo solo indirizzo“
L’arresto di Antonio Pompilio, detto ’o Cafone, ha segnato la fine di un’epoca per il clan Amato-Pagano.
Era lui, secondo tutti i collaboratori, l’uomo che aveva retto la struttura negli anni più difficili, quando le microspie negli appartamenti di Melito e Mugnano avevano svelato troppo, e la DIA era ormai dentro le stanze segrete del clan.
Ma il potere, nella galassia degli Amato, non si disperde: si sposta, cambia pelle, attraversa confini e generazioni.
L’ombra di Debora
Nella rete di racconti dei pentiti, Amato Debora resta una figura centrale. Non solo moglie di Mimmo, ma reggente effettiva: una donna capace di imporsi con lo sguardo e di tenere in pugno uomini cresciuti nella violenza.
“Era lei che decideva – raccontano – insieme al marito. Tutti la temevano.”
Dopo l’arresto di alcuni storici referenti, Debora avrebbe gestito i contatti con la Spagna, controllando il flusso di denaro e verificando i conti familiari. L’incontro di Barcellona, nell’estate 2023, resta uno dei momenti simbolo di questa fase: una trattativa dentro la diaspora del clan, tra sospetti e mediazioni, mentre la cocaina continuava a muoversi dai porti iberici fino alle piazze napoletane.
Le crepe interne
Ma la paura di Pompilio – quella di essere ucciso dai suoi stessi alleati – non era infondata.Potrebbe interessarti
Il collaboratore D’Ambrosio lo conferma: il Cafone era diventato scomodo, troppo potente, troppo vicino ai soldi e agli affari internazionali.
Il gruppo di Mugnano, con Bocchetti Enrico in testa, non gli perdonava la rivelazione sulla “società” di stupefacenti che aveva permesso a pochi di arricchirsi fuori dai circuiti ufficiali del clan.
Gli investigatori parlano di una frattura economica e generazionale: da un lato i vecchi uomini legati alla linea Amato-Raffaele, dall’altro i giovani affiliati cresciuti tra le nuove rotte del narcotraffico, più interessati ai contatti con i broker stranieri che alle regole del clan.
La madre del Cafone e la “cassa fantasma”
A rendere più evidente il crollo del vecchio ordine è un episodio apparentemente marginale, ma emblematico.
Poco prima dell’arresto di Pagano Rosaria, racconta il pentito Sabev Tsvetan, si presentò a lui la madre di Pompilio, chiedendo un favore: intercedere presso la Pagano perché contattasse Imperiale, che doveva restituire una somma di denaro – tra i 200 e i 300 mila euro – appartenente al figlio.
La risposta di Rosaria Pagano fu gelida:"non mi interessa della cafona" .Un rifiuto che suonava come una condanna definitiva, la rottura formale tra due famiglie un tempo inseparabili.
Un clan in trasformazione
Le dichiarazioni dei collaboratori – da Imperiale a Carbone, da D’Ambrosio a Sabev – offrono oggi agli inquirenti un mosaico completo del clan: gerarchie, flussi di denaro, canali di droga e strategie di sopravvivenza.
Dopo l’arresto di Pompilio, la leadership si è frammentata. Al vertice si alternano figure di secondo piano, reggenti “a tempo” che controllano porzioni di territorio e mantengono i contatti con i fornitori esteri.
La forza degli Amato-Pagano, tuttavia, non è mai stata solo nella violenza. È nella capacità di rigenerarsi, di spostare la base economica dove lo Stato ancora fatica a colpire: in Spagna, in Olanda, negli Emirati.
Oggi gli investigatori parlano di una “nuova cupola invisibile”, un sistema fluido in cui i vecchi nomi – Amato, Pagano, Liguori, Pompilio – lasciano spazio a figli, cognati e giovani broker digitali. Un clan meno appariscente, ma ancora dentro i circuiti del grande narcotraffico internazionale.
7.continua






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